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desparetios 1Sono oltre duecento i casi accertati di sparizione forzata
di José Guzmán
Basta desaparecidos in democrazia! Questo il grido che si è elevato in varie città della Repubblica Argentina lo scorso 1° Ottobre. Per Santiago Maldonado e per tutti i desaparecidos post dittatura.
Nonostante la campagna di confusione messa in atto dai mezzi stampa, Santiago Maldonado risulta desaparecido. Non si è perso né smarrito. Non è nemmeno il primo desaparecido in democrazia, né il primo dopo Jorge Julio López. La continuità della pratica repressiva di far scomparire persone dopo essere tratte in arresto è all’ordine del giorno in ogni governo che si è succeduto negli ultimi 34 anni. Oggi una nuova vittima è stata aggiunta alla lista degli oltre 215 casi di sparizione forzata in democrazia: questa volta si tratta di Santiago.
Da martedì 1° agosto Santiago Maldonado risulta desaparecido a seguito della brutale repressione contro la comunità mapuche all’interno del ‘Lof en Resistencia de Cushamen’ (Chubut), per mano di oltre cento guardie della forza nazionale, che dipendono dal Ministro della Sicurezza della Nazione Patricia Bullrich.
Le forze di sicurezza responsabili della repressione sono state gli Squadroni della Gendarmeria nº 34 di Bariloche, nº 35 di El Bolsón, nº 36 di Esquel, Squadrone di Ramos Mejía e Rawson guidate personalmente dal capo di gabinetto del Ministero di Sicurezza Pablo Nocetti.
Chi è Pablo Nocetti? Questo funzionario è stato avvocato difensore di genocida giudicati per lesa umanità in processi realizzati tra Entre Ríos e La Pampa. Ha affermato che detti processi erano la “legalizzazione di una vendetta, strutturata e disegnata dal potere politico” e ha attaccato la legalità dell’abrogazionedelle leggi di Obediencia Debida e Punto Final (Ubbidienza Dovuta e Punto Finale, ndr) oltre alla imprescrittibilità dei delitti della dittatura.
Cos’è una sparizione forzata? Secondo la definizione dell’ONU, una sparizione forzata è la detenzione di una persona da parte di “agenti dello Stato di qualsiasi settore o livello, di gruppi organizzati o soggetti privati che agiscano in nome dello Stato o con il suo appoggio diretto o indiretto”, e “che si rifiutano di rivelare la sorte delle persone rapite, il luogo in cui esse sono custodite o di ammetterne la privazione di libertà, con la conseguente sottrazione di queste persone alla tutela della legge”. Questo specifico reato è punito in Argentina, secondo il Codice penale (articolo 142ter) con una pena da 10 a 25 anni.
Quali i precedenti? Quelli più evidenti di sparizioni forzate sono avvenuti sotto la dittatura militare (1976-1983), periododespareticos 2 in cui migliaia di persone furono sequestrate e fatte sparire senza alcun processo legale e senza fornire delle informazioni sulla loro sorte. Dal 1983 sono oltre 210 i casi di desaparecidos che si sono sommati negli anni.
I picchi repressivi in materia di desaparecidos si sono verificati negli anni 1994 (17 casi), 1997 (12 casi), 2001 (13 casi), 2003 (13 casi), 2006 (13 casi) e 2009 (13 casi).
Si deduce che durante i sei anni del governo di Alfonsín si è verificato il 7% delle sparizioni forzate, nei dieci anni di Menem il 33%; nei tre anni di governo di De La Rúa il 9%, così come durante la guida di Duhalde; mentre nei 12 anni di governo di Néstor e Cristina Kirchner sono avvenuti il 39% del totale dei desaparecidos.
Questi dati evidenziano che durante il precedente governo sono scomparse almeno 90 persone. Possiamo citare i casi più emblematici, come quelli di Iván Torres (Chubut-2003), Sergio Ávalos (Neuquén-2003), Julio Lopez (La Plata. Bs. As.-2006), Luciano Arruga (Bs. As.-2009), Luciano González (Chubut-2009), Mario Golemba (Misiones-2008), e Daniel Solano (Río Negro-2011).
La provincia di Chubut, dove Santiago è scomparso, è una delle località dove più alto è l’indice delle persone scomparse. Sono 15 i casi dal 1983 al 2017. È lì che scomparve Luciano González, di 41 anni, nel 2009, detenuto dal GEOP nel Cerro Centinela, nel corso di un’operazione di polizia nel villaggio di Corcovado (Dipartimento Futaleufú), a seguito della morte di un agente. Un’azione di repressione simile a quella messa in atto a Chushamen. I suoi resti furono trovati e identificati nel 2013, ma il caso è rimasto impunito.
Sono diversi i "casi testimone", in cui il denominatore comune è il disprezzo per la vita, la selettività repressiva, la negligenza investigativa e l’operato delle forze di sicurezza come ‘ente favoreggiatore’. In casi come quelli di Andrés Nuñez, Miguel Bru, (durante il governo di Carlos Menem), e di Iván Torres, (durante il governo di Néstor Kirchner), la presunta denuncia di un delitto minore si trasformò in sequestro, seguito da torture nella sede della polizia e di occultamento del corpo per nascondere i segni. 
In casi come quelli di Luciano Arruga e Jonathan "Kiki" Lezcano, la persecuzione previa della polizia apre il passo alle detenzioni, seguite da torture, omicidio ed occultamento del corpo "lavandolo" attraverso il sistema formale di ospedali, obitori e cimiteri con la complicità di tutta la struttura statale che gestisce i decessi. 
La pratica della sparizione forzata non è esclusiva degli agenti di polizia provinciali o federali, come lo dimostra il caso di Sergio Ávalos, dove l’arresto era avvenuto in un luogo di divertimento notturno ad opera di 40 membri dell’esercito addetti alla sicurezza.
La stessa metodologia adottata nei casi di Daniel Solano e Mario Golemba. La detenzione arbitraria e l'eliminazione delle vittime per mano di agenti dello Stato, in combinazione con gruppi economici, contro noti referenti dell’organizzazione sindacale di base che lottavano contro situazioni di sfruttamento lavorativo. 
Ma forse il fatto che mette a fuoco questa pratica perversa, e che prova la continuità all'apparato del potere organizzato per reprimere, è la seconda sparizione forzata di Jorge Julio López, già sopravvissuto al Genocidio della dittatura, testimone in una causa di lesa umanità che diede inizio al processo contro i crimini del terrorismo di Stato all’ombra di una rinnovata impunità… 
Già da diversi anni i popoli originari soffrono persecuzione, criminalizzazione e repressione, oltre al furto costante delle loro terre da parte di imprenditori come Benetton. In tutto il territorio, questi crimini hanno subito un incremento. 
I responsabili sono stati condannati? Quelli coinvolti nella scomparsa di alcuni di questi giovani, come nel caso di Gorosito, per il quale tre poliziotti furono condannati a 12 anni di prigione, solo dopo la sentenza della Corte Suprema di Giustizia della Nazione (CSJN) che pretese un nuovo processo, dopo che il primo si era concluso con l’assoluzione dei poliziotti. 
Tuttavia, le condanne non furono applicate in tutti i casi. Il reato di ‘sparizione forzata’ esiste nel Codice Penale solo dal 2011, motivo per cui molti casi che adesso vengono considerati come tali non ebbero necessariamente quella definizione.
Un caso paradigmatico è quello di Iván Torres, scomparso in Chubut nel 2003. La Corte Interamericana di Diritti umani (CIDH) condannò lo Stato argentino per la sparizione forzata nel 2011 e lo intimò ad investigare per "stabilire la verità dei fatti, e disporre, e se fosse il caso, la punizione di tutti i responsabili". Solo nel 2016 il Tribunale Federale di Commodoro Rivadavia condannò due poliziotti a 15 e 12 anni per questo caso, e ne assolse altri sei. 
Ad esempio, a otto anni dalla scomparsa di Luciano Arruga, il caso è ancora irrisolto. Anche se è stato provato che fu investito mentre attraversava il viale General Paz, non è stato possibile stabilire cosa era successo nelle ore precedenti. Si sospetta che stava scappando dall’assedio delle forze dell'ordine. Nel 2015, tuttavia, l'ex poliziotto di Buenos Aires Julio Torales fu condannato a 10 anni di prigione per aver torturato a Arruga quando era stato arrestato in una precedente occasione. 
20171001 our voice argentinaEsistono altri casi dove le indagini sono ancora aperte, come il caso Solano, che vede sette poliziotti sotto giudizio ma ancora nessun processo; o il caso di Garrido e Baigorra, nel quale i colpevoli non sono stati identificati e il giudice titolare della causa è stato destituito, a seguito di una condanna inflitta dalla Corte Interamericana. 
In questo senso il CELS conclude: "Persiste una certa resistenza da parte delle autorità di avviare indagini che riguardano questa figura giuridica, poiché in generale la loro prima posizione è quella di aspettare un tempo specifico per vedere se in realtà la persona non si è persa o se non è stata sequestrata da agenti privati. Questi forti ostacoli che si presentano principalmente nelle prime fasi delle indagini, che sono i giorni cruciali, normalmente implicano perdite significative di elementi probatori che sarebbero cruciali per determinare la sorte della persona". 
Una delle funzioni basilari dello Stato è proteggere i diritti e gli individui contro gli abusi di qualsiasi matrice. Quando questa funzione si rende vulnerabile lo Stato viene meno nel compiere la sua funzione iniziale incominciando un processo confinante con l'anarchia. 
"Se non scopriamo e adoperiamo metodi per contenere gli atti antisociali in una società, o di sviluppare una forma da società capace di contenerli, certamente continueremo ad essere vittime di quelle soluzioni autoritarie che altri sono tanto disposti e desiderosi di applicare" (Colin Ward, “Anarchy in action”).
Stando a questo stato di diritto non dovrebbero verificarsi detenzioni aleatorie senza prove evidenti contro un individuo. Il caso Jones Huala è uno di questi. Quindi nell'Argentina democratica del XXI secolo siamo retrocessi di oltre 30 anni nella nostra storia e, peggio ancora, ci siamo lasciati frustare ancora dal potere che manipola la politica: quello economico, ancora una volta. 
Forse ci troviamo di fronte ad un nuovo Piano Condor e siamo sedati a tal punto dai mainstream che non riusciamo a reagire? L'America Latina soffre ancora una volta la distruzione della sua struttura sociale e politica a beneficio di pochi? 
"La propaganda bellica, tutte le vociferazioni, le menzogne, l'odio provengono inevitabilmente da coloro che non combattono” (George Orwell).
Ognuno di noi dovrebbe chiedersi se ci consideriamo cittadini pensanti in pieno stato di diritto, e se così non fosse dobbiamo cominciare a porre la domanda sui fatti accaduti in un altro modo. Invece di ‘perché succede?’ dovremmo chiedere ‘qual è il fine?'. Poiché dietro tutto ciò, noi siamo pedoni in una partita di scacchi dove l’1% dell'umanità sta decidendo le prossime mosse, quell'infima percentuale che domina il pianeta e la nostra coscienza. 
Siamo ancora in tempo per battere i piedi sulla scacchiera e reagire. La Terra l'ha già fatto, dobbiamo seguirla e ribellarci di fronte ad una società scaturita dall'immaginazione di Orwell e del suo Big Brother.

Foto © Antimafia Dos Mil 

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