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trump donald 1di Francesca Mondin
Chi pensa che il razzismo sia un problema sociale ormai distante si sbaglia di grosso, anzi, sembra aver trovato le porte aperte anche nella Casa Bianca con il recente presidente Donald Trump. A confermarlo sembrano essere le ultime dichiarazioni del successore di Obama sulle violenze di Charlottesville che hanno portato alla morte di una donna.
Heather Heyer è stata investita da un fanatico di estrema destra mentre si opponeva ad uno dei più grandi raduni di suprematisti bianchi e gruppi di estrema destra armati come in un campo da battaglia, un bacino di violenza e odio. L'uomo ad un certo punto ha sfrecciato con l'auto contro un gruppo di oppositori uccidendo Heather e ferendo altre 19 persone.
La prima reazione del presidente degli Stati Uniti, che ha commentato il tragico fatto nel suo Golfclub a Bedminster, è stata quella di distribuire le colpe di tale violenza tra estremisti di destra e oppositori di sinistra trasformando una tragedia in uno scandalo politico quasi equiparando la responsabilità della vittima con quella dell'assassino.
Due giorni dopo Trump ha cercato di riparare leggendo delle dichiarazioni in cui condannava odio, violenza, fanatismo e gruppi estremisti come il Ku Klux Klan, i Neonazisti e i suprematisti bianchi. Non sono passate nemmeno 48 ore però che il capo della Casa Bianca è tornato sui suoi passi rimangiandosi le belle parole, cercando di relativizzare la violenza dei nazisti e lasciandosi sfuggire nuovamente un pizzico di comprensione per l’estrema destra. Invece di seguire il copione e parlare dei suoi piani d'investimento in infrastrutture americane, Trump alla conferenza stampa del martedì sucessivo ha fatto cadere la maschera e ai giornalisti che gli hanno chiesto degli scontri di Charlottesville ha risposto agitato: “Che dire della sinistra radicale che ha aggredito quella che voi chiamate la destra radicale? Non hanno qualche colpa anche loro?”. E ancora: “Non c’erano solo suprematisti bianchi, ma anche persone davvero per bene” a quella marcia.
Se da una parte queste dichiarazioni hanno lasciato sgomenti diversi politici e intellettuali autorevoli americani, che hanno preso le distanze e condannato Trump per la sua “linea morbida” contro l'odio e il nazismo, dall'altra parte l’ex leader del Ku Klux Klan, David Duke ha elogiato Trump ringraziandolo “Per la sua onestà e coraggio nel dire la verità”.
Se si guarda al passato di Trump e della sua famiglia si può ben capire come sia possibile che un presidente degli Stati Uniti d'America invece che professare l'unione del suo popolo arrivi a minimizzare violenza e odio. Infatti, come ricostruisce l'autorevole giornale tedesco “Der Spiegel”, l'ideologia di supremazia bianca apparteneva già al padre di Donald, Fred Trump che venne arrestato per gli scontri tra affiliati del Ku Klux Klan e polizia nel quartiere Queens novant'anni fa. Il fatto che non si arrivò mai a processo è bastato al nuovo presidente degli Stati Uniti per dire, nel 2015, che “non è mai successo, è una storia ridicola”. A giudizio però fu citato Donald Trump nel 1973 perchè c'erano dei documenti che attestavano che Trump discriminava le persone nere volendo per i suoi 14.000 appartamenti solo affittuari bianchi. Secondo i documenti raccolti le richieste delle persone di pelle scura venivano contrassegnate con una “C” di Colored e mandate via. Negli anni '80, quando gestiva i casinò di Atlantic City - si legge ancora nel giornale tedesco – riteneva i suoi dipendenti neri più pigri dei bianchi tanto che, stando alle dichiarazioni di un dipendente del Casinò, i dipendenti neri si nascondevano al suo passaggio.
Anche durante la campagna politica Donald Trump non ha mai nascosto aggressività e pregiudizi, incitando spesso alla divisione e alla discriminazione oltre che circondarsi di militanti in gruppi di destra come Stephen Bannon (licenziato meno di una settimana fa, ndr). Ed anche ora, quando di fronte ad una tragedia come questa forse ci sarebbe bisogno di momenti di riflessione per consolidare la fratellanza e la solidarietà, lui torna a agitarsi ed alimentare lo scontro tra fazioni. Su Twitter infatti Trump rilancia la “guerra delle statue” schierandosi dalla parte dei nostalgici sudisti. Schieramento nel quale si ritrovano gli organizzatori della marcia a Charlottesville, organizzata per protestare contro la demolizione - iniziata in diverse città statunitensi - di monumenti che celebrano i Confederati: generali come Robert Lee e altri statisti secessionisti, che durante la guerra civile si battevano per preservare lo schiavismo.

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