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immigrazione bandiera italiadi Andrea Succi
Immigrazione in Italia: chi sono, dove vivono, cosa fanno e quanto incidono sull’economia del Paese. Cerchiamo di entrare nel mondo dei “nuovi italiani”, di sfatare falsi miti (ci rubano il lavoro, vengono solo di passaggio etc) e di capire perché sono loro gli utili idioti che – nonostante le dicerie propagandistiche – mantengono in vita un Sistema Paese che rischia di crollare.

Quando Fedor Dostoevskij rese celebre L’Idiota intendeva “rappresentare un uomo positivamente buono” – come scrisse in una lettera alla nipote del 13 gennaio 1867 – talmente buono da risultare socialmente inadatto rispetto agli altri uomini di animo molto meno nobile.

Nell’antica Grecia, invece, con gli idiótes si identificavano quanti conducevano vita privata fuori dalla buona società e, per questo, non paragonabili ai personaggi pubblici colti ed eleganti. Un’assurdità a pensarci bene, soprattutto se riferita al mondo di oggi ed alla storica saggezza dei contadini, da sempre poco avvezzi alla buona società e non per questo idiótes.

Già ai tempi di Atene e Sparta si dava per scontato che l’essere “fuori dal giro” comportasse una implicita mancanza, una idiozia di fondo, una lacuna genetica se vogliamo. E se questi concetti potevano adattarsi più o meno eticamente ad una società virtuosa come quella dell’antica Grecia, cosa succede oggi, dove tutto appare in un chiaroscuro sfocato e confuso, dove le tonalità di grigiume sovrastano l’arcobaleno di uno stato fiaccato da scandali e sacrifici?


IMMIGRAZIONE IN ITALIA, GLI UTILI IDIOTI

Chi sono, quindi, i moderni idiótes?

Quegli ultrà di Fermo assurti agli onori delle cronache non per la loro fede calcistica ma per un pubblico assassinio? O piuttosto i loro sgangherati supporters che sul social network più famoso (e pubblico..) inneggiano agli eroi che “uccidono i negri”? O ancora: i fanatici della tragedia che si accasciano – una tantum – di fronte al morto per poi lasciarsi sopraffare dalla voglia di ariana italianità nella vita di ogni giorno?

Ci vorrebbe un giudice per stabilirlo, o un linguista, vista la liquidità di un idioma che perde, strada facendo, la sua forza espressiva. Eppure sicuramente ci sembrano idioti, nell’accezione dostoevskijana del termine, quei nuovi italiani che si fanno il mazzo per un Paese che li considera poco meno di un brufolo, fastidioso e per giunta antiestetico.

Perché idioti?

Perché tirano la carretta da anni, pagano le tasse, nascono sul suolo italico e non vengono riconosciuti nemmeno degni di voto. Evitiamo, però, la demagogia, e suffraghiamo quanto detto con fatti concreti, numeri secchi e statistiche incontrovertibili.

Partiamo da un presupposto: se il saldo naturale italiano (nati/morti) è positivo lo si deve ai flussi migratori, quindi ai residenti stranieri che – secondo una nota diffusa dall‘Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del CNR (Irpps-Cnr) – nel giro di cinquanta anni quintuplicheranno la propria presenza:

    “È grazie ai nuovi italiani se il nostro Paese ha ripreso a seguire una strada di riequilibrio demografico.”


IMMIGRAZIONE IN ITALIA, I NUMERI REALI

Secondo l’Istat, al primo gennaio 2016, gli stranieri residenti in Italia sono poco più di 5 milioni, cui si aggiungono i circa 900 mila irregolari calcolati dalla Fondazione Ismu.

La comunità più forte è quella rumena, oltre un milione di presenze, seguita da quella albanese e marocchina.

Nonostante le urla propagandistiche dei vari politicanti, è importante sottolineare come negli ultimi 8 anni la presenza straniera in Italia sia cresciuta di quasi il 50%, passando dai 3 milioni del 2008 ai 5 del 2016.

E se pensiamo che nel 1861 – secondo il dossier Caritas/Migrantes 2013 – gli stranieri residenti in Italia erano 89 mila su una popolazione di 22 milioni di abitanti, comprendiamo bene come l’Italia, più che un punto di passaggio, sia sempre stato un riferimento per i fenomeni migratori con il sogno di un futuro migliore:

    “Circa 9 immigrati su 10  sono presenti per lavoro e per famiglia, cui si aggiungono altri motivi anch’essi connessi con una certa stabilità del soggiorno, come lo studio.”

Sfatato quindi un altro falso mito sul “paese di passaggio”, vediamo chi sono i nuovi italiani, dove vivono, cosa fanno e quanto incidono sull’economia del Paese.

Rappresentano l’8,3% della popolazione italiana:

    “A metà del secolo l’Istat stima che gli stranieri raggiungeranno i 12,4 milioni con una incidenza sulla popolazione del 18%”. La maggior parte è composta da immigrati tra i 25 e i 44 anni (quasi il 56%) sparsi su tutto il territorio nazionale, ma concentrati soprattutto nel Nord-Ovest, 38% del totale”.

Seguono il Nord-Est con il 27%, il Centro con il 23%, l’Italia del Sud con il 10%, e quella Insulare con il 3%.

Il 40,6% è diplomato o laureato, rispetto al 44,9% degli italiani.

Secondo il rapporto Ismu, Censis e Iprs sui percorsi lavorativi:

    “Più di due terzi sono impiegati nel settore terziario, nell’ambito dei servizi (40,7%) e del commercio (22,5%). I mestieri più ricorrenti sono: addetto alla ristorazione e alle attività alberghiere (16%), assistente domiciliare (10%, ma 19% tra le donne), operaio generico nei servizi (9%), nell’industria (8,3%, ma 11,5% tra gli uomini) e nell’edilizia (8%, ma 15,3% tra gli uomini). Tra le figure meno diffuse vi sono quelle più qualificate: le professioni intellettuali (2,4%), gli operai specializzati (2,2%), i medici e paramedici (1,7%), i titolari di impresa (0,5%) e i tecnici specializzati (0,2%).”

IMMIGRAZIONE IN ITALIA, I NUOVI ITALIANI TENGONO ACCESSO IL PAESE

I nuovi italiani formano circa un decimo della forza lavoro nazionale, producono l’11% del Pil (su cui pagano persino le tasse, secondo quanto riportato dal rapporto Cnel) ed

    “occupano particolarmente mansioni meno qualificate dalla bassa competizione con la forza lavoro italiana anche in un periodo di sofferenza economica come l’attuale.”

Come dire: nonostante il 31% degli italiani crede ancora che gli stranieri ci rubino il lavoro, la realtà indica invece che sono occupati in settori snobbati dagli autoctoni. Altro mito sfatato.

Sono quindi utili per fare i lavoro più umili, ma imparano talmente in fretta da generare un certo dinamismo anche nel settore imprenditoriale, come racconta Unioncamere:

    “Il numero delle imprese gestite da immigrati è infatti aumentato rispetto al 2014 di 23mila unità arrivando nel complesso a 335mila imprese a inizio 2015, ed il trend continua.”

Ergo: non solo è falso che rubano lavoro, ma creano ricchezza e nuova occupazione.

A fronte di queste evidenze socio economiche, c’è un grave rallentamento nel fenomeno delle naturalizzazioni che, nonostante una crescita costante nel corso degli ultimi anni, rispetto agli altri paesi europei è ancora molto limitato: secondo i dati forniti dalla Direzione centrale per i diritti civili, la cittadinanza e le minoranze del Ministero dell’Interno, nel 2013 (ultimi dati disponibili) sono 100.223 i procedimenti di concessione della cittadinanza italiana, mentre in Francia, tra 2005 e 2006, sono state concesse – in totale – poco più di 300 mila cittadinanze.

È evidente che da questo punto di vista siamo ancora indietro: chiediamo tanto e in cambio offriamo troppo poco.


IMMIGRAZIONE IN ITALIA, QUALI DIRITTI?

Infatti, secondo il Dossier Caritas/Migrantes 2015:

    “Se da un lato gli indicatori attestano un insediamento sempre più stabile e strutturale, dall’altro questo non sempre viene assecondato dalla legislazione sia per quanto riguarda l’offerta di pari opportunità per l’inserimento sia per la garanzia della stabilità del soggiorno (…) tenuto anche conto dell’apporto dato al paese che li accolti.”

E torniamo quindi al discorso degli utili idioti, che si fanno il mazzo per il Paese Italia e vengono trattati alla stregua di un brufolo, fastidioso e antiestetico.

Sembra assurdo da credere, ma al 31 dicembre 2010 (ultimo dato disponibile) c’erano oltre 650 mila persone di seconda generazione ancora senza la cittadinanza italiana.  

Parliamo di minori stranieri, nati in Italia e residenti in Italia, parliamo dei compagni di banco dei nostri figli che vengono puntualmente discriminati dallo Stato. E le previsioni per il 2020 ci parlano del superamento della quota di 1,5 milioni.

Allora è chiaro che, soprattutto in un momento storico come questo, dove la situazione economica sta stritolando il futuro di un intero Paese, tocca andare “Oltre la crisi, insieme”.

Anche perché, come diceva Miguel de Cervantes, “nel mondo non c’è che due razze, quella di chi ha e quella di chi non ha.”

Tratto da: infiltrato.it

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