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borsellino-sal-agenda-webdi Movimento Agende Rosse - 22 marzo 2013
E’ notizia di giovedì 21 marzo che il Procuratore generale della Cassazione Gianfranco Ciani ha promosso un’azione disciplinare nei confronti dei magistrati palermitani Nino Di Matteo e Francesco Messineo. La colpa di Di Matteo sarebbe, secondo Ciani, quella di aver rilasciato il 22 giugno 2012 un’intervista in cui 'ammetteva seppure non espressamente l’esistenza delle telefonate tra Nicola Mancino e Giorgio Napolitano' intercettate sulle utenze del sen. Mancino nell’ambito delle indagini sulla trattativa Stato-mafia. Di Matteo avrebbe pertanto 'indebitamente leso il diritto di riservatezza del capo dello Stato' riconosciuto dalla sentenza della Corte costituzionale che ha accolto il ricorso del Quirinale sul conflitto di attribuzioni con la procura di Palermo. Al procuratore Messineo, invece, il PG Ciani contesta di non avere segnalato le violazioni commesse da Di Matteo ai titolari dell’azione disciplinare.

L’infondatezza della motivazione alla base dell’iniziativa di Ciani è dimostrata dal fatto che l’esistenza di intercettazioni telefoniche tra il sen. Mancino ed il presidente Napolitano era stata ipotizzata in un articolo apparso il 15 giugno 2012 su panorama.it a firma di Giovanni Fasanella e confermata sei giorni dopo dai giornalisti Marco Lillo e Giuseppe Lo Biancoin un articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano. ‘Al Fatto risulta – scrivevano Lillo e Lo Bianco – che tra le decine di telefonate intercettate, in almeno due casi la squadra di polizia giudiziaria nella sala ascolto della procura di Palermo avrebbe trascritto in brogliacci, coperti dal segreto, la voce del capo dello Stato a colloquio con l’ex vicepresidente del CSM. Il contenuto è ovviamente segreto, non verrà trascritto e finirà probabilmente distrutto senza mai arrivare agli atti del processo (sulla trattativa Stato-mafia, ndr).’

Il 22 giugno 2012, in un’intervista pubblicata dal quotidiano La Repubblica, il PM Nino di Matteo così rispondeva alle domande della giornalista Alessandra Ziniti:
Giornalista: ‘E le conversazioni che riguardano direttamente Napolitano?’
Di Matteo: ‘Negli atti depositati non c' è traccia di conversazioni del capo dello Stato e questo significa che non sono minimamente rilevanti'.
Giornalista: ‘Quindi verranno distrutte?’
Di Matteo: ‘Noi applicheremo la legge in vigore. Quelle che dovranno essere distrutte con l'instaurazione di un procedimento davanti al gip saranno distrutte, quelle che riguardano altri fatti da sviluppare saranno utilizzate in altri procedimenti’.

Il PM Di Matteo aveva dunque confermato l’assenza di conversazioni del Presidente Napolitano tra gli atti depositati nell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia e che, rispetto a queste conversazioni, i titolari dell’inchiesta avrebbero applicato la legge in vigore.

Alla luce della ricostruzione cronologica dei fatti, non possiamo non sottolineare la completa insussistenza delle ragioni addotte dal pg Ciani per avviare un’azione disciplinare nei confronti dei PM Di Matteo e Messineo.
Riteniamo inoltre quantomeno imbarazzante che l'iniziativa disciplinare sia stata promossa dallo stesso pg Ciani che, secondo quanto affermato dal defunto consigliere giuridico del Quirinale Loris D'Ambrosio in una conversazione telefonica del 5 aprile 2012 con il sen. Mancino, fu consultato dallo stesso D'Ambrosio per concordare il contenuto di una lettera che il segretario generale del Quirinale Donato Marra aveva inviato il 4 aprile al PG uscente della Cassazione Vitaliano Esposito per lamentare la presunta mancanza di coordinamento fra le Procure che conducevano all'epoca le indagini sulla trattativa Stato-mafia. Uno dei titolari delle indagini sulla trattativa Stato-mafia era ed è tuttora il PM Di Matteo, destinatario dell'iniziativa disciplinare avviata dal pg Ciani.

Alla vigilia dell’apertura il 27 maggio a Palermo della fase dibattimentale del procedimento sulla trattativa Stato-mafia, riteniamo che questa improvvida azione disciplinare costituisca un pesante macigno posto sulla strada dell'accertamento della verità giudiziaria da parte dei PM che conducono le indagini in questa difficile inchiesta. Quest'azione costituisce una vera e propria intimidazione nei confronti di coloro che, tra continui 'non ricordo' e silenzi di Stato, stanno cercando di far luce sulle scellerate trattative intrecciate tra l'organizzazione criminale Cosa Nostra e pezzi delle Istituzioni durante il biennio stragista 1992-1993.
Ai magistrati e agli investigatori impegnati in queste delicatissime inchieste vanno tutta la nostra stima ed il nostro abbraccio: sappiano che non sono soli, noi siamo e saremo al loro fianco.

Movimento Agende Rosse

Tratto da:
19luglio1992.com

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