L’inchiesta di Altreconomia svela le esportazioni “mascherate” dopo il 7 ottobre: dal nitrato di ammonio al trizio
L’Italia avrebbe esportato verso Israele materiali che, almeno formalmente, risultano destinati a usi civili, ma che in realtà possono essere impiegati anche in ambito militare. Tra questi vi sarebbero sia materiali utili per la produzione di esplosivi, sia componenti legati alla tecnologia nucleare. A rivelarlo è un’inchiesta di Altreconomia, ripresa anche dal Fatto Quotidiano. Si tratta di esportazioni che non sarebbero passate attraverso i normali canali di controllo previsti dalla legge italiana del 1990 (la legge 185), che richiede una supervisione parlamentare per l’esportazione di armamenti e materiale bellico.
Pare infatti che il trucco risieda proprio nella classificazione dei materiali esportati: si tratterebbe ufficialmente di prodotti “a duplice uso”, cioè destinati ad applicazioni civili ma utilizzabili anche a fini militari. In questo modo, le forniture non sarebbero state sottoposte al controllo dell’UAMA, l’autorità che regola le esportazioni di armamenti. La giornalista Elisa Brunelli ha così mostrato come aziende italiane abbiano inviato a Israele ingenti quantità di materiali dopo l’inizio della guerra a Gaza, cioè a partire dal 7 ottobre 2023. Un caso emblematico è quello dei cordoni detonanti: si parla di 140 tonnellate inviate nel 2024, per un valore di oltre due milioni di euro. Addirittura, l’Italia ne avrebbe forniti più degli stessi Stati Uniti. Secondo altre fonti, questi esplosivi verrebbero utilizzati dall’esercito israeliano per distruggere completamente edifici e infrastrutture nella Striscia di Gaza, rendendo la zona praticamente inabitabile.
Uno degli aspetti più inquietanti riguarda l’invio di grandi quantità di nitrato di ammonio, un composto chimico che può essere usato sia come fertilizzante agricolo sia come precursore per esplosivi. Anche in questo caso, il materiale sarebbe stato spedito sotto la classificazione di “concime”, evitando così i controlli previsti per i materiali pericolosi.
A rendere il tutto ancora più sospetto è la grave crisi che sta affrontando l’agricoltura israeliana, con ampie aree coltivate drasticamente ridotte, mentre continuano ad aumentare le importazioni di frutta e verdura. È quindi difficile pensare che il nitrato di ammonio fosse realmente destinato all’uso agricolo. Più probabile, invece, che fosse destinato a scopi militari, in un momento in cui Israele era a corto di rifornimenti, anche perché altri Paesi esportatori, come Spagna e Turchia, avevano interrotto le consegne.
Ad ogni modo, la questione non si limita agli esplosivi convenzionali. Sempre secondo Altreconomia, l’Italia avrebbe esportato in modo sistematico verso Israele anche il trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno utilizzato nella produzione di armi nucleari, in particolare nelle bombe termonucleari. Purtroppo, anche in questo caso il trizio viene classificato come materiale a duplice uso, aggirando così i controlli. I dati indicano un'esportazione dall’Italia nel 2024 pari a circa 288 chilogrammi, per un valore superiore al milione e quattrocentomila euro. E il ritmo delle esportazioni sarebbe ulteriormente aumentato nel 2025, con un incremento del 276% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Foto © Imagoeconomica
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