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Un’intesa per un accordo di pace permanente tra Russia e Ucraina sembra più lontana che mai.  L’ipotesi di un imminente incontro in Vaticano è velocemente deflagrata in un nulla di fatto.
Secondo quanto riferito dalla Tass, il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov ha giudicato “irrealistico” un incontro tra delegazioni russa e ucraina in Vaticano.
Non è appropriato che Paesi di tradizione ortodossa affrontino, in un contesto cattolico, questioni legate all'eliminazione delle cause profonde del conflitto”, ha dichiarato Lavrov. Tra queste cause, ha aggiunto, vi sarebbe “il processo di smantellamento della Chiesa ortodossa ucraina”, attribuito alle autorità di Kiev.
Anche la Chiesa ortodossa russa si oppone all’ipotesi della Santa Sede, considerando il Vaticano un “rivale storico in Ucraina” che non ha criticato la chiusura delle chiese della Chiesa ortodossa ucraina.
In sostanza Mosca non considera il Vaticano un paese neutrale nel conflitto, ma in ballo c’è anche la questione di Zelensky, ormai fuori mandato, che Mosca preferirebbe vedersi sostituito da un leader legittimo che validi con maggior incisività i termini di un futuro trattato.
Il Cremlino punta ancora su Istanbul, con la delegazione guidata dal consigliere di Vladimir Putin, Vladimir Medinskij
A questo proposito, lo stesso Lavrov ha dichiarato che Mosca sarà pronta a consegnare a Kiev una bozza di documento per la risoluzione della crisi soltanto dopo il completamento dello scambio dei 1000 prigionieri che dovrebbe avvenire questa domenica.
Il ministro degli Esteri ha inoltre sottolineato che la Russia proseguirà nel lavoro sui documenti contenenti le condizioni e i requisiti necessari per raggiungere un’intesa con l’Ucraina, nonostante le continue provocazioni. Nel merito, ha precisato che gli attacchi con droni contro obiettivi civili in Russia sarebbero una diretta conseguenza del sostegno fornito da alcuni Paesi europei a quelli che ha definito “nazisti ucraini”. “Non si può ignorare il legame tra l’intensificarsi degli attacchi terroristici sul territorio russo e le recenti visite di politici europei a Kiev”.
Un chiaro riferimento all’ultimo attacco ucraino in Russia contro obiettivi civili è avvenuto nella città di Lgov, nella regione di Kursk, dove un bombardamento missilistico delle forze ucraine ha causato almeno 16 feriti, tra cui due bambini, con quattro persone in gravi condizioni. Un attacco fa parte di una serie di azioni militari ucraine lungo il confine russo, che comprendono anche l’uso di droni e artiglieria contro infrastrutture civili nelle regioni di Kursk, Bryansk e Belgorod.
Secondo quanto denunciano le autorità di Mosca, Kiev ha lanciato nei giorni scorsi oltre 500 droni contro obiettivi civili in Russia, con l’intento di intimidire la popolazione.
Tornando al tema dei negoziati, secondo il ministro, i leader dell’Unione Europea non avrebbero ancora abbandonato la speranza che il presidente statunitense Donald Trump ritorni su posizioni apertamente anti-russe, assumendo insieme agli Stati Uniti la responsabilità per le azioni militari ucraine contro la Russia.
Voglio ribadire – ha concluso – che restiamo impegnati a rispettare gli accordi recentemente raggiunti a Istanbul tra le delegazioni di Russia e Ucraina. Al momento stiamo finalizzando la preparazione della lista per lo scambio di prigionieri di guerra, secondo il principio ‘mille per mille’”, ha concluso.
Tuttavia le premesse non sono confortanti. Il leader ucraino, Zelensky ha definito “irricevibili” le richieste russe di riconoscere formalmente la Crimea e le quattro regioni occupate (Donetsk, Lugansk, Zaporizhia e Kherson) come parte della Russia, sottolineando che solo il popolo ucraino può decidere sul proprio territorio e che questi territori appartengono all’Ucraina in quanto Stato sovrano. Inoltre sulla questione della neutralità (principale causa della guerra) ha chiarito che questa non può essere imposta dall’esterno né tradursi in una rinuncia alla sovranità o a garanzie di sicurezza, e che nessuna decisione importante potrà essere presa senza il consenso del popolo ucraino. 
Dal lato russo, al contrario, come emerso anche dai recenti incontri di Istanbul, è prevedibile che il Memorandum di domenica vincolerà la buona riuscita delle trattative di pace alla rinuncia dell’ingresso alla NATO, il riconoscimento dei 4 Oblast (Donestk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia), la demilitarizzazione dell’Ucraina.


Zelensky e l’Ue cercano ancora la pace attraverso la forza

Zelensky, col beneplacito dell’Unione Europea, continua a cercare di imporre un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni, ma svincolato da una cessazione delle forniture militari.
"Ora, quando ci viene detto: 'Facciamo una tregua e poi vedremo', no, ragazzi. Siamo già stati coinvolti in queste storie, non la vogliamo più", aveva chiarito, nel merito, Lavrov, menzionando il fallimento degli accordi di Minsk del 2014 che, secondo l’ex cancelliere tedesco Angela Merkel, furono, di fatto, un tentativo "di dare tempo all'Ucraina "di ricostruire il suo esercito”.
Il vecchio continente ha già approvato il 17° pacchetto di sanzioni contro la Russia e non intende fermarsi qui.
Secondo quanto riportato da Bloomberg, l’Ue sta ora studiando la possibilità di disconnettere più di 20 banche dal sistema SWIFT nell'ambito delle nuove sanzioni contro la Russia, riporta Bloomberg citando alcune fonti.
Inoltre, “sta studiando la possibilità di abbassare il tetto massimo del prezzo del petrolio russo e di vietare i gasdotti Nord Stream come parte di un nuovo pacchetto di sanzioni", si legge nella pubblicazione che specifica come la Commissione europea intenda proporre di abbassare il tetto per i paesi del G7 a circa 45 dollari.
Tuttavia, senza il sostegno degli Stati Uniti, questi piani rimarranno nel limbo e la Casa Bianca ha chiarito che non punta sulle restrizioni, ma sul rinnovamento dei rapporti con Mosca.
"Le speranze europee che Trump potesse aumentare la pressione sul Cremlino sono state infrante dopo l'infruttuosa telefonata di due ore tra il presidente degli Stati Uniti e Putin, avvenuta lunedì", scrive il The Guardian.
A questo proposito, come riporta la rivista New Lines Magazine, mentre il segretario di Stato Marco Rubio vorrebbe imporre “misure coercitive” contro la Federazione Russa, Trump è contrario. Rubio ritiene che il Senato abbia abbastanza voti per superare il veto del presidente degli Stati Uniti e approvare la proposta di legge “Sanctioning Russia Act of 2025” di Lindsey Graham, che prevede tariffe del 500% sui Paesi che commerciano con la Russia.
Una misura che, tuttavia, rischia di trasformarsi in un boomerang catastrofico per l’intera economia occidentale.


Le sanzioni antirusse che danneggerebbero l’Occidente

Secondo l’analisi pubblicata da Responsible Statecraft e firmata dal senatore Rand Paul, il disegno di legge in questione, finirebbe per colpire duramente non solo Mosca ma, soprattutto, gli stessi Stati Uniti e i loro alleati.
Il motivo è duplice: da un lato, le misure coercitive assalterebbero economicamente partner strategici che continuano ad avere relazioni commerciali con Mosca, dall’altro creerebbero una reazione a catena sul mercato globale delle risorse energetiche e materie prime, con pesanti ricadute interne.
Gli Stati Uniti, ad esempio, nel 2024 hanno importato dalla Russia uranio arricchito e plutonio per un valore di 624 milioni di dollari, materiali fondamentali per il settore energetico e industriale americano. Inoltre, il greggio russo arriva comunque negli USA tramite paesi terzi, rendendo di fatto gli Stati Uniti stessi potenziali destinatari delle sanzioni previste dalla legge, che imporrebbe tariffe del 500% — incrementabili ogni 90 giorni — su qualunque paese che commerci con Mosca.
Anche alleati come Israele, Taiwan e Giappone finirebbero penalizzati: Tel Aviv ha importato 10,6 milioni di dollari in plastica dalla Russia nel 2024; Taiwan è stato il principale acquirente russo di nafta, e il Giappone ha ricevuto gas naturale liquefatto e plastica per milioni di dollari. Applicare dazi a queste nazioni rischierebbe, secondo Paul, di compromettere la sicurezza e la cooperazione in regioni chiave, indebolendo la rete di alleanze statunitensi in un momento di forti tensioni geopolitiche. In Europa, l’impatto sarebbe altrettanto devastante. Nel 2024 le importazioni di GNL russo da parte dell’Unione Europea sono aumentate del 19,3%, con oltre 837.000 tonnellate arrivate nei primi 15 giorni del 2025. Anche l’Ucraina stessa ha continuato a importare prodotti energetici russi fino a inizio anno, facilitando il transito del gas verso l’Europa. Punire questi paesi con dazi del 500% significherebbe isolare economicamente gli stessi alleati su cui Washington conta per la stabilità del continente.


Mosca lancia un massiccio attacco su Kiev. Oltre 245 droni sulla capitale

Una Kiev illuminata da deflagrazioni infernali è quella che si è consumata ieri sera. Almeno otto persone sono rimaste ferite in seguito a una serie di esplosioni che hanno colpito la capitale, durante un massiccio attacco missilistico e con droni da parte delle forze russe. Le deflagrazioni, che si sono susseguite in più ondate, hanno causato danni e incendi in diversi quartieri della capitale ucraina. Secondo quanto riferito dal sindaco Vitali Klitschko, due persone sono rimaste ferite nel distretto di Dniprovsky, mentre altri feriti sono stati assistiti nel distretto di Sviatoshynsky. Nel quartiere di Solomiansky, un incendio è divampato in un edificio di cinque piani e quattro persone hanno manifestato una forte reazione da stress, con almeno due ricoveri ospedalieri segnalati.
Anche nel distretto di Obolonskyi si sono registrati danni: le fiamme sono scoppiate sui balconi di un edificio residenziale di nove piani, secondo le autorità locali.
Si tratta di uno degli attacchi più massicci avvenuti sulla capitale dall’inizio della guerra. Il raid è durato più di sei ore, ha coinvolto 245 droni pesanti Geran-2 e 100 missili balistici Iskander-M.Secondo fonti russe, uno degli obiettivi era il complesso industriale aeronautico Antonov, un’azienda produttrice di droni d’attacco leggeri e pesanti per le forze armate ucraine.

Foto © Imagoeconomica

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