Insieme alla Germania anche il governo Meloni è dalla parte di Netanyahu. 17 Paesi intendono rivedere gli accordi Ue-Tel Aviv
Una parte sempre più consistente dei Paesi europei ha iniziato ad assumere posizioni pubblicamente critiche nei confronti di Israele e della sua condotta nella Striscia di Gaza, in seguito all’offensiva militare condotta dal governo di Benjamin Netanyahu. Da tempo, un numero crescente di organizzazioni per i diritti umani e diversi Stati accusano Israele, in particolare i suoi vertici militari, di aver commesso crimini di guerra e atti di genocidio contro la popolazione civile palestinese, denunciando anche la distruzione sistematica di ospedali, scuole e abitazioni. Il momento di svolta principale si è registrato quando la Corte Internazionale di Giustizia (CIG) ha accolto un ricorso presentato dal Sudafrica, che ha accusato apertamente Israele di violare la Convenzione sul genocidio del 1948. Ora, complice probabilmente il fatto che la situazione è diventata talmente grave e vasta da non poter più essere ignorata, dopo oltre due anni di massacri a Gaza, alcuni Paesi europei hanno finalmente deciso di adottare misure concrete contro Israele. Lo hanno fatto attraverso il riconoscimento dello Stato di Palestina, l’imposizione di sanzioni mirate e la revisione dei rapporti economici e culturali con lo Stato ebraico. Per comprendere la portata catastrofica di quanto sta avvenendo nella Striscia, basta vedere i dati. Le stime più recenti fornite da Emergency parlano, infatti, di oltre 60mila persone uccise a Gaza dal 7 ottobre 2023 a oggi. Di queste, circa 16mila - secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità - sono bambini.
Durante l’incontro del Consiglio Affari Esteri del 20 maggio scorso, l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Kaja Kallas, è intervenuta in maniera diretta sulla questione e ha dichiarato: “La situazione è catastrofica. Gli aiuti devono arrivare subito, senza ostruzioni. La pressione è necessaria per cambiare la situazione. C’è una forte maggioranza favorevole a condurre una revisione del rispetto dell’articolo 2 dell’accordo di associazione con Israele, e ora lo lanceremo”. Si tratta dell’articolo del Trattato sull’Unione Europea, che vincola gli Stati membri al rispetto dei diritti umani e della dignità umana. Secondo quanto riportato dal Fatto Quotidiano, la proposta è stata avanzata dai Paesi Bassi e sostenuta da altri 17 Stati membri, tra cui Francia, Spagna e Belgio. Tra coloro che, invece, hanno scelto di non partecipare alla revisione dell’accordo di associazione UE-Israele figurano Italia e Germania, che - a quanto pare - preferiscono tutelare i propri rapporti con Israele, nonostante le ormai quotidiane prove del genocidio in corso a Gaza. Maria Tripodi, sottosegretario agli Esteri, ha motivato la posizione assunta dal governo di Giorgia Meloni affermando che una proposta simile “non risponde al fine di un dialogo franco e aperto per la ripresa degli aiuti a Gaza, per il raggiungimento di un cessate il fuoco e la liberazione di tutti gli ostaggi”. Mentre - viene da chiedersi - continuare a inviare armi dall’Italia a Israele, invece, sì. Quello serve?
Ad ogni modo, uno dei nodi più delicati tra i membri dell’Ue resta comunque quello delle sanzioni contro Israele. Il Belgio ha assunto una posizione netta, dichiarandosi pronto a colpire sia i coloni israeliani responsabili di violenze in Cisgiordania, sia gli attori armati palestinesi. La Svezia ha chiesto sanzioni dirette contro alcuni ministri del governo israeliano, sottolineando l’assenza di progressi nella condizione umanitaria a Gaza. Solo poche ore fa, infatti, è ripresa nella Striscia la distribuzione degli aiuti umanitari, tra cui cibo e medicine, dopo settimane di blocco imposto da Israele. Posizioni simili a quelle di Belgio e Svezia sono arrivate anche dalla Spagna, che ha intensificato le pressioni diplomatiche su Tel Aviv, arrivando a definire l’operazione militare israeliana come un’iniziativa volta a trasformare Gaza in un “enorme cimitero”. Già diverse settimane fa, Madrid aveva lanciato un segnale forte sospendendo la fornitura di munizioni prodotte da imprese israeliane e definendo Israele uno “Stato genocida”. In segno di solidarietà con i civili palestinesi, la Spagna ha anche sfidato il divieto imposto dall’organizzazione dell’Eurovision sulla politicizzazione dell’evento, trasmettendo messaggi pro-Gaza prima della diretta. Inoltre, ha aperto alla possibilità di escludere Israele dalle competizioni sportive internazionali, come avvenne con la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. Particolarmente significativa anche la posizione del Regno Unito. Il premier britannico Keir Starmer ha definito “totalmente intollerabile” la situazione umanitaria a Gaza, dichiarandosi “inorridito dall’escalation da parte di Israele”.
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