Questo articolo, che riproponiamo ai nostri lettori, è stato scritto in data 14-05-2025

L’ottantenne José “Pepe” Mujica Cordano è deceduto a causa di un cancro che ha messo fine alla sua vita.
Personaggio storico, emblematico, ed eroico, della sinistra uruguaiana per alcuni. Per altri non tanto, perché le sue azioni, almeno quelle messe in atto con il ritorno della democrazia, sono state piuttosto grigie e non trasparenti, o semmai con più incoerenze che coerenze rispetto al suo passato di guerrigliero del MLN (Movimento di Liberazione Nazionale) sconfitto un anno prima della dittatura. Incoerenze segnalate pubblicamente al tempo dall’interno dello stesso Movimento Tupamaro (come quelle sollevate dal collega Jorge Zabalza, anche lui deceduto) e non solo.
Mujica da diversi settori della politica (per esempio dai membri più militanti del Fronte Amplio) non ricevette le stesse lodi che riceveva a livello internazionale. La sua popolarità e la sua aureola di rivoluzionario era elogiata, con una dose di romanticismo ed idealismo che però non si adattava purtroppo alla realtà.
Diciamo questo perché Mujica ha deluso molti e tutto quello che aveva fatto o costruito nei giorni della lotta guerrigliera, in definitiva, poi, una volta alla guida del Paese, non ha corrisposto con la stessa integrità rivoluzionaria come avremmo sperato. La sua condotta nei suoi giorni di parlamentare, di Ministro, di Presidente della Repubblica ed in definitiva nel suo ruolo di referente storico della sinistra uruguaiana, dentro e fuori il suo paese, non ha convinto molti, purtroppo. E purtroppo, insistiamo, perché il suo agire in quei giorni degli anni sessanta e settanta, con tutte le sofferenze patite, non hanno prodotto i risultati attesi. E sebbene ci sia stato qualche frutto positivo, negli anni di democrazia, questi sono stati piuttosto sterili, perché, ripetiamo, i suoi passi non sono stati quelli che potevano corrispondere ad un dirigente della sua taglia. Ma indubbiamente, a giudicare dai fatti, lui doveva svolgere un determinato ruolo all’interno della sua forza politica, ed in questione come emblema del MPP, settore tupamaro nella coalizione di sinistra.
Mujica, infatti, fu un inconfondibile protagonista della vita politica uruguaiana, più funzionale agli interessi del capitalismo che ai postulati di un rivoluzionario coerente con un'ideologia militante e combattiva.
Oggi che non c’è più, leggere queste parole non è una novità per i nostri lettori. Lo abbiamo già fatto in un articolo a fine gennaio del 2021, quando per propria scelta si allontanò dalla vita politica. Articolo che pubblichiamo nuovamente (qui in fondo), per comprendere la nostra posizione e per recensirlo particolarmente come il politico che è stato. Riteniamo che il titolo di quell'articolo è applicabile al momento attuale, come così pure il suo contenuto e messaggio.
Rispettiamo l'uomo combattente che è stato e non pretendiamo di gettare ombre su di lui dopo il suo decesso, ma non possiamo esaltare il suo lavoro come politico di sinistra; troppe le sue incongruenze e questo ci pesa nel momento delle valutazioni post mortem.
Ultimamente, avanti negli anni, la figura romantica ed esemplare del rivoluzionario Pepe Mujica ha fatto il giro del mondo - con bibliografia e filmografia che lo testimoniano - tuttavia, i suoi passi hanno gradualmente sconcertato molti, e tra questi non possiamo ignorare i Familiari e le Madri di Detenuti Desaparecidos. Allo stesso tempo, sua moglie Lucía Topolansky – anche lei tupamara del MLN - non tanto tempo fa fece pubblicamente dichiarazioni scandalose in tema di Diritti umani che provocarono stupore, ripudio ed indignazione tra i famigliari degli uruguaiani sepolti in proprietà militari nei giorni della dittatura. Una posizione sostenuta da Mujica.
Si tratta di un’altra delle sue tante incongruenze, su un tema ipersensibile, perché sempre inerente al dramma dei desaparecidos e di repressori di una casta militare che con la loro omertà e con la copertura di tutti i governi post dittatura (incluso, purtroppo, anche quello di Mujica e Tabaré Vázquez), ancora continuano a trarre beneficio sotto l'ombra dell'impunità, che affonda le sue radici nel bosco del terrorismo di Stato che ha falciato vite in Uruguay. E purtroppo Mujica, a giudicare dai fatti che portano la sua impronta, la sua opinione e la sua firma, è stato funzionale a quella sleale impunità imperante le cui basi sarebbero da ricondurre ad un eventuale patto tra militari e tupamaros che risalirebbe agli anni settanta. Sfortunatamente.



Addio José Mujica!

di Jean Georges Almendras e Giorgio Bongiovanni

03 Febbraio 2021

Pochi giorni fa l'ex presidente della Repubblica Orientale dell'Uruguay e Senatore della Repubblica, José "Pepe" Mujica Cordano (in foto), ha ufficializzato il suo ritiro dal parlamento e dalla vita politica, con un discorso carico di solennità e di quella impronta dialettica che sempre lo ha caratterizzato, in tempi democratici (oggi come figura emblematica del MPP - Movimento di Partecipazione Popolare - ergo del Frente Amplio, ergo dell'Encuentro Progresista). Noi non possiamo rimanere indifferenti a questa sua così significativa decisione.

Parlando con chiarezza, siamo stati critici verso la sua gestione come capo di Stato. Il fatto che ora abbia deciso di ritirarsi, non ci porta ad una valutazione (o riflessione) compiacente, né tanto meno ipocrita o speculativa, su questo particolare avvenimento che, siamo sicuri, deve aver causato un grande impatto, una sorpresa, ad ogni livello della collettività, e sicuramente anche una valutazione nel mondo della militanza. Lui è nel suo pieno diritto, ma anche i suoi "compagni" del Frente Amplio e del Movimento di Liberazione Tupamaros (MLN) hanno il diritto di esprimersi e dire la loro. Ognuno a modo suo. Tutto è lecito, valido. Ed anche democratico. Ed anche repubblicano.

Guardando i fatti ci sentiamo di dire che è vero che l’ex guerrigliero ha percorso negli anni sessanta sentieri impervi e di lotta in difesa di quelle idee che anche noi condividiamo (come tanti altri della nostra generazione). Ed è vero anche che José Mujica subì la repressione ‘pachequista’ (del governo di Pacheco Areco) contro la quale combatté a suo tempo. Lo diciamo rendendo onore al suo percorso di combattente rivoluzionario, con il bagaglio di sofferenza fisica ed emotiva che implicano la tortura, la reclusione e il maltrattamento inflittigli dai suoi carcerieri, che non erano altro che il braccio armato di un capitalismo divoratore ed insensibile, il volto visibile dell'apparato repressivo di quel tempo in Uruguay.
Ma è anche vero che alla fine di un sentiero disseminato di pietre, con l’arrivo della democrazia, nei privilegi dell’esercizio della vita politica, come militante di un'epoca a cui fare riferimento, i suoi passi - purtroppo - non sono stati gli stessi. E quelle buone intenzioni determinate negli anni duri hanno lastricato piuttosto l'inferno, e ben poco il cielo.


mujica topolansky pd wikimedia

José Mujica insieme a sua moglie Lucía Topolansky

Dalla nostra redazione non abbiamo sottovalutato (né minimizzato) i suoi giorni di militanza cittadina. Abbiamo però evidenziato le delusioni che sono sopraggiunte dopo e, forse per il fatto che ad un certo punto tutti noi "seminiamo odio e amore" (come ebbe a dire in qualche occasione Eduardo Galeano), abbiamo visto un José Mujica che non è riuscito a mantenere la stessa linea e la coerenza di 50 anni fa. 
Per dirla con le parole di Jorge Zabalza "Il Tambero" (uno dei suoi compagni di fila del MLN), si è trasformato in un amministratore molto carismatico del capitalismo che si è fuso con i dolci piaceri della vita politica mettendo in campo poche scelte giuste e molte ingiuste, facendo parte (come protagonista di spicco) di una forza politica di sinistra, che d'altra parte è rimasta al potere per tre mandati consecutivi, per un totale di quindici anni.

Errori che hanno garantito l'impunità di violentatori, torturatori e responsabili di crimini di lesa umanità e di sparizione di persone, ergo i suoi connazionali, i cui resti sono ancora oggi sepolti in caserme militari del territorio nazionale, protetti dall’omertà militare. L'omertà dello stivale militare (con la complicità civile, ovviamente) che non permette che gli scavi vadano avanti e che le madri e i familiari di duecento desaparecidos uruguaiani trovino così i resti dei propri cari, questo a causa anche dell’assenza della volontà politica dei governanti in tempo di democrazia.

Tanto i governanti di destra uruguaiani che quelli di sinistra. Tra loro José "Pepe" Mujica in persona, della cui amministrazione ricordiamo bene (come simbolo della cultura dell'impunità a favore della casta militare) quando fu allontanata l’allora giudice penale, Mariana Motta, titolare di circa cinquanta cause legate ai Diritti Umani. Ciò avvenne con la tacita approvazione di un altro personaggio che si allineò all'impunità dominante di quei giorni (per nulla differenti da quella di oggi), come fu il caso dell'allora Ministro della Difesa (e anche ex guerrigliero del MLN), Eleuterio Fernández Huidobro, oggi deceduto.

Ci sono state delle cose positive nella gestione Mujica, sicuramente, che gli uruguaiani non dimenticheranno. Ad esempio la sua austerità e le dovute esortazioni ai suoi colleghi politici a seguire i suoi passi. Ma nella bilancia sono prevalse le contraddizioni e le delusioni, al di là della bontà di un José Mujica poetico, austero e popolare, e a volte frontale, e purtroppo (ed anche caparbiamente) spesso ambiguo, a seconda delle circostanze e congiunture proprie del gioco politico, che gli hanno fatto dimenticare la coerenza della vita rivoluzionaria, della quale fu un protagonista ispiratore di vari libri e fama mediatica a livello internazionale, che lo ha catapultato perfino alla settima arte.
José Mujica Cordano, passo dopo passo, si è lasciato sfuggire tra le dita di entrambe le mani opportunità etiche e la fedeltà (lealtà) verso coloro che persero la vita e le speranze sotto i proiettili castrensi e della polizia, o sottoposti a tormenti inenarrabili, negli anni del terrorismo di Stato, quando anche lui è rimasto tra le quattro mura di molteplici pozzi subumani dei quartieri uruguaiani, insieme ad altri combattenti (tra loro Raúl Sendic padre, Jorge Zabalza e Huidobro), per circa tredici anni, ostaggi della dittatura.

"Pepe" Mujica, passo dopo passo, ha voltato le spalle alle speranze, e alle rivendicazioni, di molti uruguaiani (del suo schieramento politico), potremmo dire con l'incoscienza sottile, quasi di un militante "improvvisato", per cercare gradualmente di soddisfare idee e pensieri, che letteralmente non gli appartenevano. Affari suoi.

Molto, ma molto indietro, ha lasciato quei giorni di rivoluzione per cambiare il mondo e per trovare l'uomo nuovo. Tanto indietro che le amnesie di alcuni dei torturati sono emerse, prima o dopo. E José Mujica è stato uno dei principali affetti da amnesia. Ma… così è la vita democratica: una buona opportunità per operare come il rivoluzionario che si è stati. O per filosofeggiare come figura politica, o di governo, a braccetto con l’oblio, allontanandosi dalle promesse e delle idee di quegli anni, e continuare su questo pianeta, come se uno avesse gli occhi bendati, barando contro sé stesso, al solitario.

José Mujica Cordano ha fatto delle scelte che non gli hanno permesso di vedere, discernere, che quei carcerieri militari che uscirono dalla sua vita tanto tempo fa, (da quella sua prigione dalle pareti maleodoranti e dalla solitudine indescrivibile) sono diventati uomini di potere di un sistema capitalista per eccellenza, senza armi, ma con a disposizione tutti i meccanismi e le metodologie necessarie del mondo democratico, e tecnologico, dei nostri giorni, adeguate e ottime per neutralizzare rivoluzioni, rivoluzionari e idee che potrebbero essere incongruenti con il nuovo ordine mondiale.

Una volta, anni addietro, José "Pepe" Mujica, pronunciò un discorso significativo e coinvolgente nella sede dell'ONU, ma subito (da quello stesso punto del pianeta), trattò da "terroristi ecologisti" i suoi connazionali (la stragrande maggioranza del Frente Amplio), che si opponevano in Uruguay, pacificamente a cedere la sovranità a multinazionali, con il consenso del governo. Il governo di José Mujica.

Ora che è arrivato il tempo del suo addio, ecco le sue parole di commiato in Parlamento: "Io ho la mia buona quantità di difetti, sono passionale, ma nel mio giardino sono decenni che non coltivo l'odio, perché ho appreso una dura lezione che la vita mi ha insegnato… che l'odio finisce per renderti stupido, perché ti fa perdere obiettività di fronte alle cose. L'odio è cieco come l'amore, ma l'amore è creativo e l'odio distrugge. Una cosa è la passione e un'altra è coltivare l'odio”. 
“Ho passato di tutto. Ma non ho odio verso nessuno. E voglio trasmettere ai giovani che bisogna ringraziare la vita, perché trionfare nella vita non è vincere, ma alzarsi e ricominciare ogni volta che uno cade. Molte grazie”.

Alla fine di questo mese di gennaio, nel bel mezzo di una pandemia (che ha rinchiuso anche Mujica, come ha detto il giorno del suo addio), rimaniamo con il beneficio del dubbio, perché nel suo giardino (del suo chacra insieme a sua moglie Lucía Topolanski, anche lei una guerrigliera in altri tempi) possa riscoprire i valori e le lotte del suo passato, per prendere coscienza di tante cose. E ancora di più, possa rialzarsi per trasmettere ai giovani quello per cui bisogna “ringraziare la vita", magari parafrasando Violeta Parra, cantautrice cilena.

Non nutriamo odio verso José Mujica, che avrebbe potuto fare molto di più, per quella che è stata la sua stessa vita. Soltanto esprimiamo una critica, in cui trova spazio anche il rispetto, perché siamo anche passionali.

Addio José Mujica!

Foto di copertina © Kaloian / Ministerio de Cultura de la Nación

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