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È un clima trionfale e solenne quello che si respira a Mosca la mattina del 9 maggio. Mentre venerdì i carri armati, i missili e i droni russi sfilavano rombando nella Piazza Rossa per la parata annuale del Giorno della Vittoria che celebrava la resa della Germania nazista nella Seconda guerra mondiale, il presidente Vladimir Putin era affiancato da almeno due dozzine di leader mondiali, segnando così una vittoria come capo di Stato che l'Occidente ha cercato di isolare.
Ne parla il Washington Post, che mette in evidenza l'intensa campagna propagandistica per la parata, dove Putin si è presentato come un leader mondiale fiducioso, in procinto di sconfiggere l'Ucraina, mentre l'alleanza tra Stati Uniti ed Europa si sta sfilacciando e Kiev è posta sotto pressione con negoziati che sono discussi praticamente alle condizioni di Mosca.
"Verità e giustizia sono dalla nostra parte", ha detto Putin dalla Piazza Rossa. "L'insieme del paese, la società, il popolo sostengono i partecipanti all'operazione militare speciale" in Ucraina, ha dichiarato il leader del Cremlino, assicurando poi che la Russia "è stata e sarà una barriera indistruttibile contro il nazismo, la russofobia, l'antisemitismo".
Alla parata militare di quest'anno, Mosca ha esibito una vasta gamma di armamenti impiegati nel conflitto in Ucraina, tra cui missili balistici Iskander, droni di fabbricazione russa, lanciarazzi multipli Tornado-S e i sistemi termobarici TOS-2 Tosochka. In Piazza Rossa hanno sfilato anche i missili balistici intercontinentali Yars, dotati di testate nucleari.
Il presidente russo ha assistito all’evento seduto accanto al leader cinese Xi Jinping, con cui ha scambiato più volte alcune parole tramite interprete.
"Apprezziamo profondamente il contributo alla nostra lotta comune dei soldati degli eserciti alleati, dei partecipanti alla resistenza, del popolo amico della Cina. Di tutti coloro che hanno combattuto per un futuro di pace", ha affermato Putin, esplicitando i legami sempre più indissolubili tra i due leader che, nella giornata di ieri, hanno firmato 28 documenti volti a rafforzare la loro cooperazione strategica. Al centro dei colloqui vi è stato il rilancio della collaborazione economica, con particolare attenzione al settore energetico: la Cina si conferma il principale partner commerciale della Russia, con un interscambio salito nel 2024 a 245 miliardi di dollari. I due leader hanno discusso anche della necessità di accelerare la realizzazione del gasdotto "Potere della Siberia 2", infrastruttura chiave per le esportazioni energetiche russe verso il mercato cinese.


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Vladimir Putin e Xi Jinping


Oltre agli accordi economici, Mosca e Pechino hanno deciso di avviare progetti congiunti nel campo della ricerca e della tecnologia, tra cui la progettazione di una centrale elettrica per una futura base scientifica sulla Luna. Altre intese hanno riguardato la collaborazione nella lotta contro le malattie infettive, il rafforzamento dei legami tra le organizzazioni giovanili dei due Paesi e la cooperazione tra i media statali.
Putin e Xi hanno affrontato anche i temi della sicurezza e della stabilità strategica globale, esprimendo preoccupazione per l’espansione delle alleanze militari guidate da potenze nucleari occidentali e criticando apertamente i piani degli Stati Uniti per la costruzione di un sistema missilistico globale, definito “Golden Dome”. Entrambi i leader hanno sottolineato come queste dinamiche rappresentino un rischio crescente per la sicurezza internazionale, alimentando la possibilità di un conflitto nucleare.
"La presenza dei leader mondiali ha dimostrato che gli sforzi occidentali per isolarlo e sconfiggere la Russia sono falliti", ha affermato Tatiana Stanovaya, ricercatrice senior del Carnegie Russia Eurasia Center.

L’Occidente ancora inchiodato sul sostegno alla tregua senza condizioni

Mentre i soldati dei Paesi alleati della Russia sfilavano attraverso la Piazza Rossa in occasione della parata militare, in Ucraina si teneva un incontro di tutt’altro segno politico: una delegazione composta da oltre quindici ministri degli Esteri europei, tra cui i rappresentanti di Francia, Germania e Gran Bretagna, si è riunita a Leopoli per dare il via alla creazione di un tribunale speciale incaricato di giudicare i vertici russi per il crimine di aggressione commesso contro l’Ucraina.
L'iniziativa, sostenuta anche dall'Alto rappresentante dell'UE per la politica estera Kaja Kallas, è stata formalmente approvata e prevede che il tribunale venga istituito sotto l’egida del Consiglio d’Europa, l’organismo per i diritti umani fondato nel dopoguerra per garantire la tutela della democrazia e dello Stato di diritto nel continente.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato che il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e i partner europei sono concordi sulla necessità di un cessate il fuoco completo e duraturo di almeno 30 giorni.


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Volodymyr Zelensky


"Ho parlato ieri con il presidente Trump, come ha ricordato anche Jonas Gahr Store (primo ministro della Norvegia). Anche voi avete parlato con lui. Le nostre squadre sono coordinate. Siamo tutti uniti nella convinzione che sia necessario un cessate il fuoco completo", ha affermato Zelensky durante un discorso online rivolto ai partecipanti alla riunione in corso a Leopoli.
Iniziativa a cui Mosca si era detta contraria di aderire senza le garanzie che l’Ucraina non sfruttasse questo tempo per riorganizzarsi grazie a nuove forniture di armi.
Come ha affermato in precedenza il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, una soluzione a lungo termine alla crisi ucraina non può essere raggiunta solo attraverso un cessate il fuoco o la cessazione delle ostilità sulla linea di contatto; è necessario sradicarne le cause profonde, eliminando anche le minacce alla sicurezza della Russia, derivanti “dall'espansione della NATO verso est e dai tentativi di coinvolgere l'Ucraina nell'Alleanza Atlantica”. Altrettanto importante è il pieno rispetto dei diritti umani nei territori che restano sotto il controllo del regime di Kiev, il quale, dopo la violenta presa del potere nel 2014, ha perseguito una politica di sterminio di tutto ciò che è connesso alla Russia.
"Trump ha commesso un errore di calcolo critico sottovalutando la fermezza della posizione russa. A quanto pare, credeva che offrire un quadro che includesse il riconoscimento delle conquiste territoriali russe in Ucraina sarebbe stato sufficiente a garantire una svolta. Probabilmente si aspettava che Mosca rispondesse con significative concessioni. Tuttavia, la Russia ha chiarito fin dall'inizio che qualsiasi accordo avrebbe dovuto affrontare una gamma più ampia di questioni rispetto allo status dei territori che controlla", scrive il giornalista americano Thomas Fazi in un articolo per  UnHerd, specificando che per Zelensky la posta in gioco era ancora più alta: per il capo di Stato ucraino, la fine del conflitto in Ucraina avrebbe potuto non solo significare la fine della sua carriera politica, ma avrebbe anche rappresentato una seria minaccia alla sua sicurezza personale da parte di numerosi oppositori politici.

Foto © Imagoeconomica

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