L’enclave più martoriata del pianeta non sembra trovare ancora pace. Con la ripresa delle operazioni militari israeliane dopo la fine della tregua del 2 marzo, la già disastrosa situazione umanitaria si è ulteriormente aggravata e, secondo le Nazioni Unite, in soli sette giorni, 142.000 persone sono state costrette a fuggire dalle proprie case. In pratica dall’inizio del conflitto circa il 90% della popolazione di Gaza è stata sfollata almeno una volta.
L’esercito israeliano ha intensificato gli attacchi su più fronti, colpendo non solo obiettivi militari ma anche infrastrutture civili e negli ultimi sette giorni sono stati bombardati 430 obiettivi, tra cui abitazioni, campi profughi e persino mense umanitarie. Solo nelle ultime 24 ore, 38 persone sono state uccise e 124 ferite, portando il bilancio totale a oltre 50.183 morti e 113.828 feriti dall’inizio della guerra.
“I bombardamenti incessanti e gli ordini di sfollamento giornalieri” uniti ai blocchi degli aiuti “stanno avendo un impatto devastante sull’intera popolazione di oltre due milioni di persone”, ha affermato, Stephane Dujarric, portavoce del segretario generale delle Nazioni Unite.
“I nostri partner umanitari avvertono che, di conseguenza, le scorte mediche, il gas da cucina e il carburante necessari per alimentare panetterie e ambulanze stanno esaurendo pericolosamente”, ha aggiunto.
Nel frattempo, il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha avvertito i residenti di Gaza che presto l’esercito opererà con maggiore intensità in altre aree della Striscia, esortandoli a evacuare per evitare di rimanere coinvolti nei combattimenti.
"Abitanti di Gaza, l'Idf opererà presto con intensità in altre aree di Gaza e sarete costretti a evacuare per proteggervi dalle zone di combattimento", ha affermato in una dichiarazione video, ripresa da Times of Israel. "I piani sono pronti e approvati. Hamas sta mettendo a rischio la vostra vita e vi farà perdere le vostre case e sempre più terra che verrà aggiunta alla difesa israeliana…Imparate dagli abitanti di Beit Lahiiya. Come hanno fatto loro, dovreste chiedere la rimozione di Hamas da Gaza e l'immediato rilascio di tutti gli ostaggi israeliani. Questo è l'unico modo per fermare la guerra”, ha aggiunto, riferendosi alle recenti proteste nella città a nord dell’enclave, dove centinaia di residenti hanno protestato contro la guerra, lanciando alcuni slogan anche contro il Movimento della resistenza islamica. Una buona giustificazione per Katz, che si fregia di garantire il privilegio ai palestinesi di poter sfollare dalle proprie case senza essere ammazzati.
Nel frattempo, nonostante le pressioni internazionali, i colloqui per un cessate il fuoco rimangono in stallo. Un funzionario di Hamas, Basem Naim, ha affermato che il movimento è disposto a trattare con "flessibilità", ma solo se l’accordo porterà a "una fine definitiva della guerra e al ritiro delle truppe israeliane". Al contrario, Israele ha chiarito che non aspetterà indefinitamente. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri Gideon Sa'ar, citato da Times of Israel. "Accanto alle operazioni ancora limitate dell'Idf a Gaza, stiamo ancora lasciando spazio al dialogo volto a raggiungere un accordo per estendere il cessate il fuoco e liberare gli ostaggi, ma non aspetteremo per sempre", ha detto Sa'ar al ministro degli Esteri svedese Maria Malmer Stenergard, secondo una dichiarazione rilasciata dal suo ufficio.
Cosa potrebbe accadere ai palestinesi, terminata questa paziente attesa, non è ancora dato sapere.
Intanto l’Oxfam denuncia le condizioni di una popolazione ormai sull'orlo della carestia, mentre l'offensiva militare rende impossibile qualsiasi soccorso.
Durante i 42 giorni di tregua, Gaza aveva vissuto una timida rinascita: con 4.000 camion di aiuti settimanali, i mercati riaprivano e i prezzi si stabilizzavano. L’Ong era riuscita a raggiungere 200.000 persone, ma ora tutto è crollato: Israele blocca da 24 giorni l'ingresso di rifornimenti, comprese 63.000 tonnellate di cibo destinate a un milione di sfollati. L'elettricità è assente e l'85% delle reti idriche è distrutto.
"Negare cibo, acqua e medicine è un crimine di guerra", accusa Oxfam, denunciando il sistematico uso degli aiuti come arma da parte israeliana e chiedendo con urgenza un nuovo cessate il fuoco, la liberazione degli ostaggi e dei prigionieri, e l'immediato accesso agli aiuti.
Foto © Imagoeconomica
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- Francesco Ciotti