Nel mirino della procura belga le attività di lobbying per influenzare le istituzioni UE. Tra gli indagati anche un italiano
Un nuovo scandalo di corruzione scuote le istituzioni europee, portando alla ribalta una rete di influenze illecite che coinvolge lobbisti legati alla multinazionale cinese Huawei e diversi europarlamentari, tra cui anche un italiano. La vicenda, emersa a seguito di un’indagine condotta dalle autorità belghe, ha portato all’arresto di numerosi soggetti con l’accusa di corruzione, riciclaggio di denaro e falsificazione di documenti. La polizia giudiziaria federale ha eseguito perquisizioni a Bruxelles, ma anche nelle Fiandre, in Vallonia e persino in Portogallo. La notizia, diffusa poche ore fa dal quotidiano francese “Le Soir” e ripresa in Italia dal Fatto Quotidiano, ha rivelato che, in tutto, gli agenti della polizia giudiziaria federale belga hanno effettuato controlli in 21 indirizzi diversi, concentrandosi sugli uffici e sulle abitazioni di persone legate alla società di telecomunicazioni cinese. In particolare, l’indagine, denominata “Generazione”, ha coinvolto il dipartimento degli Affari Pubblici di Huawei in Europa, all’interno del quale operava Valerio Ottati, un lobbista italiano con un passato nel Parlamento europeo. In particolare, sembra che proprio Ottati abbia giocato un ruolo rilevante in questa vicenda. Prima di approdare a Huawei nel 2019, ha trascorso un decennio come assistente parlamentare a Bruxelles, lavorando prima con Forza Italia e poi con il Partito Democratico. Il suo legame con la Cina non è recente: già nel suo incarico con l’eurodeputato di Forza Italia Crescenzio Rivellini, Ottati si occupava delle relazioni tra l’Unione Europea e la Repubblica Popolare Cinese, gestendo questioni che spaziavano dagli investimenti alle politiche commerciali. Successivamente, durante il suo incarico con il dem Nicola Caputo, ha apparentemente ridimensionato il focus sulle relazioni con Pechino per concentrarsi sul settore agricolo, ma ha comunque mantenuto un ruolo all’interno della delegazione parlamentare per i rapporti con la Cina. Un background notevole che gli ha permesso di sviluppare una fitta rete di contatti e di influenze all’interno delle istituzioni europee. Secondo le ricostruzioni fatte finora, i vari episodi di corruzione sarebbero stati fatti in maniera discreta, con regali di valore, come smartphone Huawei di ultima generazione, biglietti VIP per eventi sportivi, viaggi e trasferimenti di denaro per migliaia di euro. La strategia, secondo la Procura, era finalizzata a creare un clima di favore nei confronti della multinazionale, in modo da poter ottenere sostegno politico per le proprie attività in Europa.
Complessivamente, si stima che siano almeno 15 gli attuali o ex eurodeputati che potrebbero essere implicati nel sistema corruttivo. Gli investigatori ritengono, inoltre, che i fondi destinati a influenzare le decisioni politiche siano stati abilmente mescolati con flussi finanziari leciti, come quelli destinati all’organizzazione di conferenze, rendendo più difficile il tracciamento del denaro e sfuggendo così alle eventuali conseguenze legali. Questo scandalo si inserisce in un momento particolarmente delicato per Huawei e, più in generale, per le aziende tecnologiche cinesi. Sin dal 2019, l’azienda è finita nel mirino degli Stati Uniti, che hanno esercitato forti pressioni sui governi europei per escluderla dallo sviluppo delle infrastrutture 5G, temendo possibili rischi per la sicurezza nazionale. In risposta, Huawei potrebbe aver intensificato le sue attività di lobbying nelle istituzioni comunitarie, cercando di ottenere il supporto di parlamentari e funzionari influenti.
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