Mentre si trovava in visita ufficiale in Giappone, il nostro capo dello Stato Sergio Mattarella ha scelto una tappa simbolica, senz’altro di primaria importanza nel contesto geopolitico attuale: stiamo parlando del Monumento della pace di Hiroshima, città teatro del terribile attacco atomico del 6 agosto 1945.
Il clima si è fatto solenne, tanto che avrebbe certamente potuto lasciar spazio ad accorate riflessioni sulla necessità di riconciliazione tra l’Occidente e le altre potenze globali, soprattutto mentre assistiamo al riemergere di una nuova pervasiva retorica della militarizzazione forzata.
Un augurio fallimentare. Nel giardino fiorito del vecchio impero decadente, il nemico è sempre al di fuori dei suoi confini: minaccioso, imprevedibile, non esistono nei suoi confronti altri metodi di approccio che non contemplino la forza militare.
"L'atrocità di Hiroshima è un monito, mai più una tragedia simile", ci ha ricordato Mattarella che ha subito puntato il dito contro la Russia.
Mosca, “si è fatta promotrice di una rinnovata e pericolosa narrativa nucleare, a cui si aggiungono il blocco dei lavori del Trattato di non proliferazione, instillando l’inaccettabile idea che ordigni nucleari possano divenire strumento ordinario nella gestione dei conflitti, come se non conducessero inevitabilmente alla distruzione militare”, afferma il nostro Capo di Stato, ricordando che l’Italia “condanna fermamente queste pericolose derive”.
Dichiarazioni che si inseriscono, evidentemente, nel contesto del dibattito sull’offerta del presidente francese Emmanuel Macron di estendere l’ombrello nucleare della Francia all’Europa. Una proposta a cui ha fatto seguito una decisa risposta di Mosca che ha promesso di prendere le dovute contromisure anche nei confronti dell’imminente militarizzazione forzata del vecchio continente, prossimo a investire 800 miliardi di euro in armamenti.
Un vero peccato, però, che Mattarella abbia evitato di menzionare un dettaglio cruciale: l’Italia stessa viola il Trattato di Non Proliferazione. Il nostro Paese, insieme a Germania, Olanda, Belgio e Turchia, ospita circa 100 bombe nucleari americane. Secondo Hans Kristensen, esperto della Federation of American Scientists, ad Aviano e Ghedi sono già stoccate le nuove B61-12, con una potenza variabile da 0,3 a 50 kilotoni, più di tre volte la bomba sganciata su Hiroshima. Più precise delle vecchie B61, queste testate sono progettate per colpire bunker e centri di comando nemici grazie a un sistema di guida avanzato.
Questi ordigni sono predisposti per essere armati su caccia F-35A, aerei che – secondo il colonnello Daniel Jackson, responsabile della deterrenza strategica dell’US Air Force – offrono una nuova capacità d’attacco nucleare di livello strategico, aggiungendosi al bombardiere B-2, fino ad oggi il principale vettore per operazioni atomiche.
Nonostante ciò, l’Italia si è rifiutata di ratificare il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, firmato da 98 Stati su 197.
Il nostro capo di Stato, purtroppo, continua a proporre una retorica che non potrà far altro che trascinarci in quell’incubo evocato dal monumento della pace di Hiroshima.
Non è certo disumanizzando il “nemico” al di fuori dei nostri confini che otterremo la pace, tutt’altro. Giustificheremo solo la massiccia militarizzazione del continente che alla fine non farà altro che concretizzare la tanto temuta minaccia. Concetti già espressi dallo studioso americano di relazioni internazionali, John Herz: gli Stati, temendosi a vicenda, cercano di accrescere il proprio potere. Nel far ciò, rendono insicuri gli altri Stati, i quali reagiscono impiegando la stessa strategia offensiva.
Una storia già vista con l’espansionismo verso Est della NATO. Un processo che, come riconosciuto dall’ex segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, è stato il vero movente che ha convinto Vladimir Putin ad attaccare l’Ucraina. Un mese prima dell’invasione, Washington si era rifiutata di firmare un trattato sulla sicurezza che chiedeva, appunto, il non ulteriore espansionismo della NATO e il ritiro delle infrastrutture militari alle posizioni del 1997.
La storia si ripete e il nostro presidente della Repubblica ha già deciso, a parole, di trascinarci nell’orizzonte spettrale di una militarizzazione senza fine. L’unico antidoto possibile contro una nazione che il nostro garante della Costituzione, aveva candidamente paragonato al Terzo Reich.

Foto © Imagoeconomica

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