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Sul decreto che vietava le trattative con Putin: “ha fermato il separatismo”

La leadership ucraina ha cambiato registro dopo le ultime dichiarazioni del neo eletto presidente Usa, Donald Trump, alla vigilia del discorso inaugurale del suo ingresso nella Casa Bianca.
Fermeremo tutte le guerre. La mia eredità sarà la pacificazione”, ha promesso il tycoon, dopo aver sottolineato la sua intenzione di porre fine al conflitto in Ucraina ed evitare che il mondo scivolasse nella Terza Guerra Mondiale.
Zelensky ora non vuole tirarsi indietro e auspica di partecipare attivamente il processo delle trattative, che pare prossimo ad instaurarsi tra le grandi superpotenze, nonostante il decreto approvato dal leader ucraino nell'ottobre 2022 che vieta di negoziare con Vladimir Putin.
Perché ho firmato questo decreto? Perché Putin ha iniziato a costruire numerosi canali di comunicazione con i separatisti, insieme ad altri rappresentanti statali, influenzando la nostra indipendenza e (mettendo in discussione la mia posizione - ndr), ha detto Zelensky durante una conferenza stampa congiunta con il presidente della Moldavia, Maia Sandu, spiegando che il Cremlino ha tentato di fare pressione attraverso numerose finestre diplomatiche sia in Ucraina che tra i Paesi europei.
"C'erano molte diverse piattaforme negoziali. E ho semplicemente capito che noi e i nostri organi competenti non possiamo controllarlo. Questo è tutto. Ecco perché ho preso una decisione assolutamente giusta. Sono il presidente dell'Ucraina. Sono il leader di alcuni negoziati e ho proibito a tutti gli altri”, ha sottolineato, dimenticando che la vera leadership, detentrice del potere di veto sul processo delle trattative, non si trova a Kiev, bensì nei palazzi del potere d’oltreoceano.
Non possiamo dimenticare il vergognoso decorso del processo negoziale di Istanbul, che vedeva lo stesso Zelensky fiducioso su una possibile intesa tra le parti.
“Lo status neutrale e non nucleare dell’Ucraina siamo pronti ad accettarlo: se ricordo bene, la Russia ha iniziato la guerra per ottenere questo”, dichiarò il 28 marzo 2022.
Alla fine di un lungo vertice, le delegazioni di Russia e Ucraina concordarono un comunicato congiunto implicante che Kiev sarebbe diventata uno Stato "perennemente neutrale e non nucleare", rinunciando a alleanze militari, basi straniere e truppe estere. Venne anche proposta una lista di "garanti" della sicurezza del Paese, in caso di nuovi attacchi: i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'ONU, inclusa la Russia, oltre a Canada, Germania, Israele, Italia, Polonia e Turchia.
L’Occidente fece deflagrare tutto. “I russi erano pronti a porre fine alla guerra se avessimo accettato la neutralità: noi avremmo dovuto promettere di non aderire alla Nato. Questa era la cosa più importante per loro, il punto chiave”, ricorderà poi il capo del partito di Zelensky, David Arakhamia alla tv ucraina “1+1”, spiegando in seguito che la visita di Boris Johnson a Kiev rovinò tutto.


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I primi negoziati in Turchia tra Ucraina e Russia © Imagoeconomica


Il 9 aprile 2022, fu un momento decisivo. “Quando siamo tornati da Istanbul” dal terz’ultimo giro di negoziati, “Johnson è venuto a Kiev e ha detto che non avremmo dovuto firmare nulla con i russi, ma solo combattere e basta”.
Fu l’inizio della catastrofe che ha condotto oggi l’Ucraina sull’orlo del collasso, con perdite umane che, secondo il Washington Post, superano le 450.000 tra i soldati di Kiev.
"È impossibile escludere l'Ucraina da qualsiasi piattaforma negoziale. Altrimenti non avrà un risultato reale, ma avrà solo risultati politici, e tali risultati non avranno nulla a che fare con la sicurezza e la fine della guerra", ha proseguito Zelensky, sempre alla conferenza stampa con l’omologa moldava, precisando, in una sorta di teatro dell’assurdo, che tutte le clausole della Formula di Pace affermano chiaramente che questa deve essere basata sulla Carta delle Nazioni Unite e per sviluppare un piano congiunto, è possibile approvarne uno che rafforzi l'Ucraina: ovvero “un piano per la vittoria dell'Ucraina”.
Possibile il contributo militare degli alleati nelle garanzie di sicurezza. Secondo il Financial Times è probabile che queste forze formino una coalizione guidata da Gran Bretagna, Francia e Paesi Bassi, con il sostegno dei paesi baltici e del Nord Europa. Tuttavia, non saranno in prima linea: il loro compito sarà creare “forze di deterrenza” per liberare le risorse delle forze armate ucraine e non svolgere il ruolo di forze di pace neutrali.
L’ex comico non ha dunque abbandonato i toni trionfali, nonostante la disastrosa situazione sulle prime linee del fronte.
Sul The Atlantic, persino il politologo Robert Kagan, figura di spicco del movimento neoconservatore e marito di Victoria Nuland, ha dichiarato che “l’Ucraina non subirà una sconfitta negoziata e recuperabile, che comporti la perdita di territori vitali ma con l’indipendenza preservata e garantita dalle potenze occidentali. Al contrario, il Paese è destinato a fronteggiare una sconfitta totale, con la perdita della sovranità e la completa sottomissione al controllo russo […]. Trump ora deve scegliere se accettare una sconfitta strategica umiliante sulla scena mondiale o se incrementare immediatamente il supporto americano all’Ucraina, mentre c’è ancora tempo”.
Una profezia terribile, enunciata da coloro che la guerra l’hanno voluta ad ogni costo, “fino all’ultimo ucraino”.

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