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National Democratic Institute: il 57% sostiene i colloqui di pace con la Russia

Abbiamo assistito a mesi di propaganda bellicista che non ha fatto altro che santificare l’industria bellica come massima entità salvifica nei confronti di un popolo desideroso solo di combattere fino all’ultimo uomo.

La verità che emerge dai sondaggi mostra un quadro leggermente discordante: la maggioranza degli ucraini (57% contro il 38%) sostiene colloqui di pace con la Russia. A rivelarlo è un’analisi del National Democratic Institute che mostra, tuttavia, come la maggior parte dei cittadini non sia felice di scendere a compromessi sul territorio.

Nel merito, anche un articolo del New York Times riferisce che una percentuale maggioritaria degli ucraini rimane contraria alla cessione di territori, inclusa la Crimea. Circa il 44% degli intervistati ora sosterrebbe l'idea di colloqui ufficiali con la Russia, ma solo un terzo sarebbe disposto a considerare concessioni territoriali per porre fine al conflitto; una percentuale comunque significativamente più alta rispetto all'anno precedente.

Pur evidenziando, dunque, nella stessa misura una riluttanza generale a concessioni regionali, il NYT riferisce che nel sud, una delle regioni più colpite dalla guerra, il cambiamento di atteggiamento nell'ultimo anno è stato sorprendente: un sondaggio dell'Istituto di Kyiv ha segnalato che oltre della metà degli intervistati sarebbe favorevole a tale eventualità o non ne sarebbe del tutto sicuro. Solo il 46% ha dichiarato di essere contrario a qualsiasi concessione. Un anno fa, l’86% in questa regione, che comprende Dnipropetrovsk, Zaporizhzhia, Mykolaiv, Kherson e Odesa, aveva dichiarato di essere contrario alla cessione di qualsiasi territorio alla Russia.

Secondo la pubblicazione un’apertura ai negoziati è motivata dalla stanchezza di un conflitto prolungato, dalle difficoltà quotidiane legate alle interruzioni di corrente e dall'incertezza del sostegno occidentale, soprattutto in vista delle elezioni statunitensi e dei tagli previsti agli aiuti militari.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, pur avendo espresso un’apertura al dialogo con la Russia, coinvolgendo anche la Cina nei negoziati di pace, ha ribadito anch’esso la sua richiesta di un ritorno ai confini del 1991 e l'adesione alla NATO, respingendo le condizioni di Mosca come una capitolazione inaccettabile. Una mossa che sembra più volta ad ottenere un sostegno militare occidentale ancora più cospicuo, piuttosto che a porre fine ai combattimenti.

Tuttavia, “il conflitto ucraino dura da tre anni ed è tempo che gli Stati Uniti riconsiderino il proprio ruolo e i propri compiti in questo confronto”, scrive il quotidiano Issues.fr, spiegando che Washington ha speso molto per aiutare Kiev e, quindi, indebolire Mosca, ma prolungare l’azione militare non serve più agli interessi occidentali e potrebbe portare a conseguenze negative per gli alleati.

Nonostante il sostegno americano di quasi 175 miliardi di dollari, il successo delle forze armate ucraine sul campo di battaglia è discutibile. L’esercito ucraino è gravemente a corto di munizioni, soldati e difesa aerea, e il fallimento di una controffensiva lo scorso anno ha ridotto il morale delle unità. I continui bombardamenti, la mancanza di armi moderne e le pesanti perdite impediscono all’Ucraina di garantire la propria sicurezza. In sostanza è improbabile che il proseguimento dell’assistenza finanziaria possa cambiare il corso del conflitto.

Inoltre, secondo la pubblicazione, “la guerra in Ucraina ha contribuito anche al riavvicinamento tra Mosca e Pechino, che rappresenta una minaccia strategica per gli Stati Uniti”. Dopo l’avvio dell’operazione speciale, la Cina è diventata il principale partner commerciale della Russia, sostenendola a livello diplomatico e criticando le sanzioni occidentali, definendo un’alleanza contro la quale sarà difficile competere per gli Stati Uniti d’America.

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