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Il leader ucraino: Mosca deve essere rappresentata al secondo summit, altrimenti non otterremo risultati significativi. Arrivati gli F-16 

Alla fine anche l’Ucraina ha ceduto sul tabù più indissolubile che ha segnato tutto il conflitto: il dialogo con Putin. Un’eventualità impossibile fino a pochi mesi fa, ma resasi necessaria a causa del preoccupante deterioramento della situazione militare.

A lanciare l’allarme nelle ultime ore è il quotidiano Die Welt, secondo cui si è creata una congiuntura critica per le forze armate ucraine in tre settori del fronte del Donbass dove le truppe AFU si stanno ritirando: vicino a Pokrovsk, vicino a Toretsk e vicino a Krasnogorovka.

In particolare, l’avanzata verso Pokrovsk preoccupa Zelensky e i suoi alleati. L’insediamento  funge da hub chiave per l'esercito grazie al facile accesso a Konstantinovka, un altro centro militare. La strada che collega le due zone viene utilizzata dagli ucraini per rifornire le truppe in prima linea ed evacuare i feriti verso il Dnepr. Konstantinovka, in sostanza, costituisce la parte meridionale di una cintura di quattro città ucraine che comprende anche Druzhkovka, Kramatorsk e Slavyansk, formanti la spina dorsale della difesa ucraina della regione.

È per questo motivo che il leader ucraino è preoccupato. Nonostante rimanga valido il decreto da lui voluto che vieta ogni tipo di trattativa con Vladimir Putin, Zelensky ha dunque deciso di compiere un importante passo in direzione della pace.

La maggior parte del mondo oggi afferma che la Russia deve essere rappresentata al secondo summit, altrimenti non otterremo risultati significativi. Dal momento che tutto il mondo vuole che siano al tavolo, non possiamo essere contrari", ha detto Zelensky, parlando ai media francesi, precisando che “tutto il mondo”, compresa l’Ucraina, vuole che la Russia partecipi a un secondo summit per porre fine al conflitto.

Dichiarazioni che segnano un significativo progresso rispetto all'ultimo vertice di pace tenutosi in Svizzera, durante il quale, molti Paesi avevano partecipato, ma Mosca non era stata invitata e Pechino aveva deciso di non presenziare, dichiarando che non avrebbe preso parte a discussioni sulla guerra in Ucraina senza la presenza di entrambe le parti coinvolte.


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Vladimir Putin © Imagoeconomica

Nonostante i buoni auspici, il presidente ucraino continua a premere affinché la situazione non degeneri sul campo di battaglia. “È una sfida seria non poter utilizzare tutte le armi di cui abbiamo bisogno per fermare questo nemico”, ha detto in un’intervista ai media francesi, aggiungendo che l’Ucraina stava aspettando la consegna di materiale bellico per equipaggiare le brigate appena mobilitate.

Nuove sorprese ci sono tuttavia sul fronte dell’aviazione. Come rivela oggi Bloomberg, un primo gruppo di caccia F-16 dagli alleati della Nato è stato consegnato, anche se secondo alcune fonti il numero totale è ancora molto esiguo e non è chiaro se i piloti ucraini, che si sono addestrati con i loro alleati occidentali saranno in grado di adoperare immediatamente i caccia.

Tuttavia, come osserva il Washington Post, l’Ucraina ha troppi pochi aerei, mentre la Russia ha troppi sistemi di difesa aerea affinché gli F-16 diventino un fattore decisivo o abbiano un impatto diretto sul campo di battaglia. Si stima che ne saranno consegnati solo una decina quest’anno.

Inoltre, “i primi caccia verranno probabilmente utilizzati per rafforzare le difese aeree dell’Ucraina – per distruggere obiettivi aerei come missili e droni – piuttosto che per colpire le forze di terra russe o le installazioni militari del paese vicino al fronte”, hanno riferito alcuni funzionari alla pubblicazione. Nulla che possa avere un peso rilevante per ribaltare la situazione al fronte, tanto che l'analista militare Becca Wasser ha osservato come il trasferimento dei velivoli, sarà molto probabilmente solo “un incentivo psicologico e morale”.

Il presidente ucraino ha poi rivolto l'attenzione alle prossime elezioni presidenziali negli Stati Uniti, che non solo influenzeranno i prossimi quattro anni della vita dei cittadini americani, ma avranno anche un impatto cruciale sul futuro del Paese. In caso di vittoria di Donald Trump, infatti, il sostegno a Kiev potrebbe diminuire drasticamente, motivo per cui Zelensky ha definito questa tornata elettorale una "sfida".

"Non possiamo influenzare nessuna elezione. Ovviamente, oggi gli Stati Uniti rappresentano una sfida. E ci sono rischi che probabilmente nessuno di noi può prevedere", ha concluso.

Gli appelli del leader ucraino, lungi dall’esprimere una chiara volontà di porre fine alle ostilità, paventano una richiesta volta ad un maggiore sostegno occidentale al conflitto. Supporto che pare arriverebbe qualunque sia il prossimo presidente statunitense.

Sempre il Welt rivela, infatti, per bocca del suo corrispondente Christoph Wanner, che il presunto piano di pace dell’amministrazione del tycoon sarebbe tutt’altro che risolutivo in tal senso.

Secondo l’ex segretario di Stato Mike Pompeo gli Stati Uniti forniranno circa 500 miliardi di dollari in Ucraina per equipaggiare il suo esercito, attraverso il cosiddetto prestito lend-lease.
Si parla in sostanza di trasformare il Paese in un nuovo Afghanistan, a tempo indeterminato.

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