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L'avvocato Dentone annuncia l'archiviazione della Procura in Uruguay

Questo articolo, che riproponiamo ai nostri lettori, è stato scritto in data 06-08-2024.

Con la stessa trasparenza che a metà aprile abbiamo dato notizia delle cinque giovani artiste del Movimento Artistico Culturale ed Internazionale Our Voice, la Nostra Voce, chiamate a comparire dinnanzi al Procuratore Penale di Flagranza, accusate dal Comitato Israeliano di Uruguay di avere incitato all'odio, in un intervento artistico pro palestinese, lo scorso 8 marzo, in una manifestazione nella principale via di Montevideo, capitale di Uruguay, nel Giorno Internazionale della Donna, oggi, felicemente, diamo notizia che la Procura - dopo aver studiato l'espediente e ascoltato le dichiarazioni delle parti - finalmente ha disposto l'archivio del procedimento considerando che la performance artistica non costituiva alcun reato.
Una notizia che mette fine a quello che in realtà non è stato altro che un'audace e malintenzionata persecuzione, verso il collettivo. Un'insana persecuzione che ha generato inoltre una feroce rilievo mediatico sul tema, oscurando maleducatamente la libertà di espressione esercitata dalle cinque accusate, nell’attività di denuncia sociale che il Movimento porta avanti dalla sua fondazione. I querelanti volevano criminalizzare le cinque giovani e non ci sono riusciti, perché la Procura, giuridicamente, ha messo le cose al suo posto.

La notizia ci riconforta. È una bellissima notizia. Abbiamo intervistato l'avvocato penalista difensore delle giovani, il dottore Maximiliano Dentone, che inoltre è un molto convincente attivista di cause sociali, per conoscere i dettagli di una difesa di successo, e che magari segna un precedente molto prezioso, che con la verità in mano è sempre possibile arrivare a un buon risultato.
In questo contesto, gli apprezzamenti dell'avvocato Dentone, non solo fanno trasparire la sua gioia per il verdetto del giudice, ma anche un riconoscimento verso la convinzione e maturità con le quali hanno risposto le cinque ragazzine da lui difese, nel corso dell'udienza. L'avvocato ha anche sottolineato che le lotte per le cause giuste, come questa a favore del popolo palestinese, continuano ad essere oggetto di censure avvallate da un giornalismo egemonico che non è altro che funzionale al potere ed ai suoi interessi, e che cerca sempre di intralciare ogni presa di coscienza a livello massivo, come ad esempio in questo caso, di una lotta a livello internazionale a favore della causa palestinese. Dentone ci parla con franchezza. E liberamente.


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L'avvocato Maximiliano Dentone


Dentone: “C’era grande volontà di censurare”
“La dottoressa Brenda Puppo ha compresso, e condividiamo la sua posizione, che non c’era alcuna intenzione di disprezzo e odio verso nessuna collettività. Quello che aveva capito della manifestazione delle cinque ragazze di Our Voice il giorno della marcia del 8M è che in qualche modo solidarizzavano con il popolo palestinese. Hanno fatto una performance artistica dove volevano far capire quello che stava accadendo a Gaza nel conflitto tra Israele e Palestina. Ha capito che non c’era reato come era stato denunciato secondo l'articolo 149 bis del Codice Penale che dice che può esistere una qualche intenzione di disprezzo o di odio verso determinate collettività. Ma capì che non era così”.

Questo cosa significa?
“Che è stato disposto che il procedimento sia archiviato, ma dobbiamo tenere in conto che secondo il nuovo Codice di Processo Penale, conforme all'articolo 100.3, il querelante o la vittima ha 30 giorni per sollecitare un Tribunale, cioè un giudice di garanzie il re-esame. In realtà gli argomenti sono contundenti. Sarebbe da vedere l'argomentazione che adotterebbe il querelante”.

Cosa lascia in te questa risultato di archiviazione?
“In primo luogo, la gioia di vedere che si è arrivati a quello che noi avevamo pensato dal primo momento. Questo ha avuto la sua ripercussione, perché c'erano dietro organizzazioni sociali, è stata accettato che non ci fu alcuna intenzione”.

Come interpreti questa situazione, nel contesto?
“Interpreto che si sta facendo strada in Uruguay, o per lo meno con questa risoluzione, ad un margine di libertà di espressione, di manifestazione e non ci devono essere tentativi di censura. È la lettura che faccio io. Io credo che le organizzazioni sociali devono sempre lottare per quello in cui credono senza paura e sapendo che c'è in qualche modo un sostegno giuridico che li protegge”.

Malgrado ci sia da certi ambiti un'insistenza al contrario, per la censura?
C'è una frangia con questa intenzione, la normativa costituzionale lo protegge, e se ci sono i tentativi di censura, dovrà prevalere il Diritto. Capisco anche che ci possono essere molti attivisti sociali che possono avere paura di un tipo di rappresaglia giudiziale, ma credo che ognuno deve lottare per quello in cui crede e c'è un margine di libertà del quale uno si deve proteggere”.

Come hai vissuto tu personalmente questa difesa?
L’ho vissuta con molto interesse. Con molta soddisfazione dal primo momento, perché sapevo che è una causa sociale, una lotta sociale, al di là che gli avvenimenti interessassero un altro paese. Tenendo conto dell'intenzione della denuncia ho dimostrato ancora più interesse. C’è stato realmente un interesse molto grande di volere censurare e mi ha provocato un dispiacere molto grande, e mi ha spinto a immergermi mi a pieno nel tema, per tentare di ritornare la situazione. Le giovani, dal primo momento mi sono reso conto che erano immerse pienamente in quello che stavano manifestando, e credo che veramente si sono difese da se, esprimendo quella che era stata la loro intenzione. A volte bisogna lottare con attori esterni che non sono facili. Ed io visto che c'erano attori che cercavano censura”.

Come vedi quanto sta accadendo al popolo palestinese?
“Come un'ingiustizia. Una vera ingiustizia, per questo motivo mi sono addentrato a pieno nel tema. Io lo vedo come qualcosa di completamente smisurato e che a questo punto della storia, e avendo vissuto una presunta pandemia, queste situazioni sono in verità indignanti, preoccupanti e tristi. Perché abbiamo vissuto la reclusione, l'angoscia di non potere avere contatto con i nostri cari, come se dovessimo imparare da tutto quello che è successo nel mondo a rispettarci tra tutti. Ma no. E tutto quello che sta accadendo in Palestina, a me genera molta indignazione e molta tristezza”.

Come vedi i giovani uruguaiani di fronte alle lotte per cause giuste, come per esempio la lotta per la Palestina, per temi di Diritti Umani?
Mi sembra che non ci sia molta conoscenza in virtù dell'informazione che arriva loro. I mezzi di informazione tergiversano assolutamente tutto, questa è la mia considerazione. Ed i giovani credo che non sanno quello che sta accadendo, ma neanche è colpa loro. Non arriva a loro l’informazione giusta degli eventi. Non so se sia anche un’attitudine di non preoccuparsi per temi che vanno oltre la loro quotidianità, che non è neanche poco. No so se c'è volontà di volere conoscere realmente. Ma nel caso delle mie cinque difese di Our Voice, la verità è che è stata proprio la conoscenza che avevano di tutta la situazione a fortificare tutto. La mia parte è stata tecnica giuridica e gli argomenti di fatto sono state loro a metterli sul tavolo con piena convinzione. Realmente le mie difese erano molto convinte”.

Il ruolo mediatico, il potere mediatico, come lo hai visto in questo caso specifico, perché c’è stato un attacco feroce verso le tue difese?
“Il potere mediatico risponde ad interessi. Ed in qualche modo stanno anche censurando, perché non stanno riportando l'informazione, la vera informazione di quello che sta passando. Io credo che ci sia un'intenzione chiara di tergiversare le cose ed i mezzi di comunicazione, nella sua maggioranza, non tutti, ma nella sua maggioranza, non sono trasparenti con l'informazione, questo percepisco. Credo che siamo in tempo per cambiare. Li capisco, rispondono ad interessi. Sono assessorati e sanno come lavorare.

Il tuo messaggio ai collettivi e a chi ha appoggiato ai giovani di Our Voice?
"Che proseguano con la loro lotta, con convinzione. L' ho detto anche alle mie assistite. Bisogna fare attenzione a non oltrepassare determinati limiti. Si può essere graffianti, convincenti, ma attenti a quei limiti da non oltrepassare, perché il potere sta sempre a guardare. Si deve proseguire con le lotte, con le convinzioni che uno crede. Approfittando degli spazi di libertà che abbiamo.

La risoluzione fiscale

Sono trascorsi tre mesi e sette giorni da quel 18 di aprile, nel quale le cinque giovani di Our Voice si sono recate nlla sede fiscale della Città Vecchia, per dichiarare davanti alla pubblico ministero penale, la dottoressa Brenda Puppo Grezzi.
Qui di seguito rendiamo noti, testualmente, alcuni sostanziali paragrafi della risoluzione fiscale - che consta di quattro pagine - nella quale si dispone l'archiviazione del caso. In particolare si evidenziano i passaggi in cui la Procura esprime la propria valutazione sulla rappresentazione artistica, valutando le considerazioni dell'accusa e della difesa.
"Per imputare un delitto ad una persona – si legge - indipendentemente dalla valutazione soggettiva, bisogna analizzare l'intenzione della stessa (dolo), cioè, intenzione di incitare all'odio alla collettività ebrea (che era l'accusa del querelenate, ndr)”. Inoltre si evidenzia l'importanza di “analizzare anche il contesto nel quale si producono i fatti denunciati".
Rispetto a quello che è stato dichiarato dai giovani di Our Voice, sulla marionetta esibita pubblicamente, che fu interpretata male secondo i querelanti, si invia nella risoluzione che i giovani nell'udienza "manifestarono che quella che fecero fu una rappresentazione artistica con determinate caratteristiche per esprimere la propria solidarietà alla Palestina” e che “negarono terminantemente che le loro espressioni siano state contro il Paese ebreo così come negarono di avere riferito, prima della marcia, alla marionetta il significato che esibivano i nazisti negli anni 50".
Aspetto più importante è la considerazione espressa dopo la visione dei filmati acquisiti dalla Procura: “Dalle riprese apportate da DIVARU, NdRedacción, dal Ministero dell'Interno, si visualizza che le denunciate sfilano già con la marionetta menzionata, ma anche con cartelli che enunciavano i concetti che esse volevano esprimere. È importante sottolineare il cartello che è evidente sotto la foto estratta con la marionetta davanti alle gallerie del London. E' evidente sotto un cartello che non dice 'mai antisemiti sempre antisionisti e 'fuoco al colonialismo patriarcale, la Palestina Libera"'.
"A giudizio di questa Procura – si legge ancora - questi cartelli sono importanti perché corroborano quello che le querelate dichiararono nel senso che quello che pretesero di manifestare non era odio agli ebrei bensì rifiuto o ripudio alla politica che porta avanti lo stato dell'Israele in danno dei Palestinesi con cui, il loro collettivo Our Voice, solidarizza”
E poi ancora: "La stella di David che è un simbolo sacro per la collettività ebrea, le denunciate la utilizzarono come forma di esprimere il proprio ripudio allo stato di Israele che considerano Genocida. È importante sottolineare le dichiarazioni, di due delle denunciate, quando esse fanno riferimento che la Palestina è semita e nonostante ciò, esse solidarizzano con quello Paese, nonché al riferimento ad una marcia anteriore dove, venne spaccata una croce cristiana. Sono tutti elementi che bisogna analizzare nel momento di determinare quale fu l'intenzione, delle cinque denunciate, esprimendosi di quella maniera"
Quindi la Procura concluce: "Potrà non piacerci la maniera scelta per esprimersi attraverso la creazione di quella marionetta, ma ciò non può essere argomento per considerare che si commise un delitto" dunque “per tutti i fondamenti esposti, questa Procura considera che l'azione di (quelle denunciate) non costituì delitto per quello che si disporsi l'archiviazione delle presenti attuazioni come preved l'Art 98 del CPP, Codice Processo Penale".

Foto © Nicolas Pereiro

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