Il fondatore del giornale l'Indipendente intervistato da Casa Giovani del Sole: “Julian Assange vero giornalista. Il silenzio e l’indifferenza sul massacro a Gaza è complicità”
Il giornalismo libero non è mai stato così in pericolo, soprattutto nel nostro Paese dove la recente approvazione della "legge bavaglio", che vieta la “pubblicazione integrale o per estratto del testo dell’ordinanza di custodia cautelare fino al termine dell’udienza preliminare”, non potrà far altro che lanciare un altro fendente alla libertà d’informazione.
Eppure, al di là di questo ennesimo colpo mortale alla divulgazione, il rapporto di Reporters sans frontières, vedeva già il nostro Paese retrocedere al 46° posto. Ma cosa significa per un giornalista oggi svolgere il suo lavoro senza condizionamenti esterni? L'associazione Casa Giovani del Sole ne ha parlato con Matteo Gracis, giornalista, direttore della rivista Dolce Vita, fondatore del giornale online L'Indipendente ed ex assistente alla comunicazione di un Deputato della Repubblica Italiana.
“L’informazione in Italia non esiste più, l’informazione in Italia si è trasformata in propaganda in tutto e per tutto. Il giornalismo, quello vero, è fatto di domande scomode che non fa più nessuno. Il vero giornalismo è diffondere ciò che qualcuno non vuole si sappia”, ha detto Gracis, che ha subito richiamato come esempio, la figura di Julian Assange.
“Per aver fatto il suo lavoro si è trovato ad essere rinchiuso in una prigione di tre metri per due…Un paradosso. Assange ha svelato i crimini dei governi occidentali ed è finito lui in prigione, non i governanti che hanno commesso quei crimini”, ha ricordato il giornalista.
La persecuzione del fondatore di Wikileaks ha avuto inizio quando nel 2010 pubblicò un’ondata di documenti forniti dal soldato semplice dell’esercito Chelsea Manning che testimoniavano i crimini di guerra dell’esercito americano durante i conflitti in Iraq e Afghanistan. In questa colossale mole di dati, destò scalpore il video “Collateral Murder”, che mostra soldati americani a bordo di un elicottero compiaciuti di uccidere civili inermi a Baghdad, tra cui i due dipendenti della Reuters Namir Noor Eldeen e Saeed Chmagh. Da citare anche gli Afghan War, che oltre alle innumerevoli violazioni dei diritti umani e centinaia di vittime civili da parte dei militari americani, mostrarono la connivenza dell’intelligence americana con il servizio segreto pachistano che forniva addestramento e aiuti militari a quei talebani che l’esercito statunitense (teoricamente) era tenuto a combattere. Rivelante fu in seguito la divulgazione di un cablogramma del dipartimento di Stato Americano, che ha mostrato i veri motivi della guerra in Libia, ovvero i propositi di Gheddafi di usare le 143 tonnellate di oro libico “per coniare una valuta pan-africana basata sul dinaro-oro libico”.
Per questo giornalismo di inchiesta, Assange dal 2019 è internato nel carcere di sicurezza di Belmarsh senza che esista un solo capo d’accusa pendente sulla sua testa nel sistema giudiziario del Regno Unito. La sua recente liberazione, dopo 5 anni di prigionia, rappresenta certamente un ottimo segnale in quanto mette fine alla sua agonia giudiziaria ma, d’altra parte, dichiarandosi colpevole di uno dei 18 capi di accusa: quello relativo alla rivelazione di materiale classificato americano, di fatto, ha dovuto cedere a diktat ricattatori di Washington in grado di creare un precedente, utile a mettere in guardia il giornalismo da future rivelazioni scomode per il potere.
Francesco Ciotti
Tornando al problema della divulgazione delle informazioni, Gracis ha evidenziato le grandi criticità del nostro Paese.
“In Italia il grosso problema è il conflitto di interessi che c’è ovunque nell’informazione. (Questa – ndr) deve sempre rispondere a un padrone che sia politico o economico poco cambia. È finanziata, o da pubblicità, quindi sponsor, quindi aziende, o dai contributi pubblici per l’editoria, quindi la politica. Deve parlar bene di questi due filoni”, ha continuato il giornalista.
Difficile, effettivamente, parlare di giornalismo libero in un Paese dove i principali quotidiani appartengono alla famiglia Agnelli-Elkann, della Rcs e di Urbano Cairo, della famiglia Caltagirone o di Confindustria, in sostanza al blocco di potere economico più potente che tutto può permettere, fuorché non tutelare i suoi interessi.
Parlando della guerra in Ucraina, il fondatore dell’Indipendente ha evidenziato come una narrativa dei media tendenziosa e propagandistica stia avallando unicamente l’invio di armi, boicottando ogni iniziativa di pace, per un conflitto che non potrà mai essere vinto da Kiev.
“Io non sono mai stato un sostenitore di Putin - ha proseguito - È assurdo solo che io debba fare questa premessa per poi continuare a parlare della questione dell’Ucraina, invece la debbo fare perché siamo in un sistema nel quale, dal momento che analizzi le cose con un minimo di oggettività e però non ripercorri quello che è il pensiero dominante, vieni immediatamente etichettato…. La guerra in Ucraina è persa da mesi, la Russia ha già vinto. Il discorso è che c’è un Occidente in declino totale a livello storico e in declino economico, sociale, culturale, politico, chiaramente trascinato dagli Stati Uniti d’America. Questo declino fa si che tiri fuori le unghie, come lo fa con le armi. È l’ultima carta che si può giocare ed è molto pericolosa perché ci può portare ad una terza guerra mondiale”.
Nel merito, il New York Times, citando Eric Ciaramella, ex funzionario dell’intelligence che ora è un esperto sull’Ucraina e lavora con Kofman presso il Carnegie Endowment for International Peace, ha scritto che è diventato chiaro negli ultimi 18 mesi che né la Russia né l’Ucraina “possiedono le capacità per cambiare significativamente la situazione". Cosa significa inviare armi dunque, se non avallare gli interessi dell’industria bellica occidentale, usando il popolo ucraino come carne da cannone? I nostri governi evocano lo spettro di una Russia pronta ad invadere l’intera Europa, pur di giustificare un regime di militarizzazione che oramai ha la priorità su qualunque programma sociale.
Matteo Gracis
“L’Italia è una colonia, è sempre più palese, gli ordini arrivano da Bruxelles e da Washington. C’è un apparato mediatico che racconta un’altra versione dei fatti, ovvero che il signor Putin vuole invadere l’Europa fino ad arrivare al Portogallo. Non bisogna credere a Putin o al Cremlino, bisogna ragionare se questa tesi sia plausibile o no”, ha continuato Gracis che si è poi espresso sulla terribile ecatombe che sta avvenendo a Gaza per opera di Israele. Un massacro che ha già falcidiato le vite di oltre 20.000 bambini per il quale il nostro Paese non ha saputo fare di meglio che astenersi sulla risoluzione Onu sul cessate il fuoco. Forse per tutelare settori strategici del nostro Paese, in quanto terzo esportatore mondiale di armi a Tel Aviv.
“Sono accanito con quella narrazione che ci fa parlare di conflitto o di guerra. Non c’è nessun conflitto, non c’è nessuna guerra, c’è un cazzo di genocidio, non c’è altro. È impressionante che nessuno fermi Netanyahu, il diritto internazionale è crollato. L’Onu, la Corte Penale Internazionale, una serie di Paesi anche occidentali hanno riconosciuto le nefandezze portate avanti dal governo attuale di Israele, eppure nessuno muove un dito. Per quale motivo non abbiamo mosso sanzioni contro Israele?... Il silenzio e l’indifferenza per me è complicità”, ha detto il giornalista, concludendo con un appello al cambiamento, possibile solo con l’agire collettivo testimoniato oggi dalle lotte giovanili per la Palestina.
“Io sono ancora convinto che è il popolo ad avere il potere ed il popolo può cambiare le cose. Esistono vari strumenti, esiste la disobbedienza civile, esistono gli scioperi, esistono le proteste, le manifestazioni. Finalmente gli studenti hanno iniziato ad alzare la testa: l’università di Palermo è la prima università ad aver interrotto completamente le collaborazioni con Israele, vuol dire che la lotta ripaga, funziona. Sta crescendo una nuova massa critica, soprattutto nei giovani. Questa cosa è importante e ci potrà salvare”.
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