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Borrell spinge l’Ue a impegnarsi per “costruire uno Stato palestinese"

Il Comitato internazionale di soccorso ha chiesto la protezione dei civili e degli ospedali di Gaza, in seguito alle notizie di pesanti conflitti a fuoco intorno all'ospedale al Shifa di Gaza City. In un comunicato, l'organizzazione ha chiesto un immediato cessate-il-fuoco umanitario e che le strutture mediche possano "esercitare la loro funzione umanitaria e di salvataggio senza interferenze". Bob Kitchen, direttore emergenze dell'Irc, ha dichiarato: "Preservare la protezione e il funzionamento degli ospedali e la sicurezza dei civili che non hanno un posto sicuro dove fuggire non è solo un obbligo legale; è un imperativo morale. La nostra umanità collettiva ci impone di proteggere tutti coloro che non partecipano alla guerra e di lavorare per salvare vite umane, anche nel bel mezzo del caos".
Nel frattempo, il ministero della Sanità della Striscia di Gaza ha aggiornato il bollettino dell’assedio di Israele. Numeri catastrofici: sono 11.360 i morti accertati dall'inizio del conflitto, il 7 ottobre scorso, fino alla serata di ieri. Tra le vittime figurano 4.609 bambini, 3.100 donne e 678 anziani. Almeno 3.250, invece, le persone che risultano ancora disperse o sotto le macerie nella Striscia di Gaza, tra cui 1.700 bambini. Nel suo bollettino quotidiano, riportato dall'agenzia palestinese Wafa, il ministero ha poi sottolineato di incontrare sempre più difficoltà nella raccolta dei dati per le difficoltà di comunicazione.
Dopo un grande silenzio internazionale, da Bruxelles l’Alto Rappresentante dell’Ue Josep Borrell ha fatto una scelta di campo netta: "Non si tratta solo di ricostruire Gaza, lo abbiamo fatto varie volte. Si tratta di costruire uno Stato palestinese". Tra l'altro, continua, serve "un maggiore impegno dell'Ue nella regione, in particolare" per la questione palestinese.
Oggi pomeriggio, il re di Giordania Abdullah II, durante un incontro con i politici giordani, ha respinto qualsiasi idea di rioccupare parti di Gaza o di crearvi zone cuscinetto. “La priorità - ha sottolineato - ora è mettere fine alla guerra e consentire l'ingresso di aiuti sufficienti" per la popolazione della Striscia di Gaza.

Usa: Dipendenti Dip. Stato critici su Biden e guerra Israele-Hamas
Con una nota di dissenso interna, il Dipartimento di Stato americano accusa, senza esempi specifici, il presidente americano Joe Biden di "diffondere disinformazione" sulla guerra tra Israele e Hamas. A dichiararlo è il sito di notizie Axios che ha ottenuto la nota di cinque pagine. Il promemoria, ideato da un giovane diplomatico, suggerisce anche sui social media che il sostegno di Biden a Israele lo ha reso "complice del genocidio" a Gaza e che Israele sta commettendo "crimini di guerra". La nota - firmata da 100 dipendenti del Dipartimento di Stato e dell'USAID - esorta gli alti funzionari statunitensi a rivalutare la loro politica nei confronti di Israele e a chiedere un cessate il fuoco a Gaza, dove più di 11.000 palestinesi sono stati uccisi nella guerra, secondo il ministero della sanità di Gaza controllato da Hamas. Nelle pagine si raccomanda "fortemente che (il governo degli Stati Uniti) sostenga il rilascio degli ostaggi sia da parte di Hamas che (Israele)" - citando le "migliaia" di palestinesi detenuti in Israele, compresi quelli "senza accuse" specifiche.


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Joe Biden


La nota, trasmessa all'ufficio politico del Dipartimento di Stato il 3 novembre, si apre rilevando le "atrocità commesse da Hamas il 7 ottobre", ma considera la risposta di Israele, inclusa l'interruzione dell'elettricità, la limitazione degli aiuti e gli attacchi che hanno costretto allo sfollamento centinaia di migliaia di palestinesi "tutte crimini di guerra e/o crimini contro l'umanità secondo il diritto internazionale". I firmatari sostengono che nonostante queste prove "non siamo riusciti a rivalutare la nostra posizione nei confronti di Israele", anzi "abbiamo raddoppiato la nostra costante assistenza militare al (governo israeliano) senza linee rosse chiare o attuabili". Nella nota si dice che "i membri della Casa Bianca e (del Consiglio di Sicurezza Nazionale) hanno mostrato un chiaro disprezzo per la vita dei palestinesi, una documentata riluttanza ad allentare la tensione e, anche prima del 7 ottobre, una sconsiderata mancanza di lungimiranza strategica" e si critica Biden per aver "messo in dubbio il numero di morti" a Gaza. Infatti il 27 ottobre, Biden aveva dichiarato di "non avere fiducia" nelle cifre fornite dal ministero della sanità di Gaza, anche se era "sicuro che degli innocenti fossero stati uccisi". Il mese scorso, il segretario di stato Blinken aveva incontrato alcuni dipendenti che avevano criticato l'approccio di Biden.

Sempre più solidi i rapporti bilaterali Ankara-Teheran
Sullo scenario internazionale la risposta di Israele a Hamas, e la sempre più drammatica crisi umanitaria nella Striscia di Gaza, hanno riavvicinato Turchia e Iran, Paesi fortemente critici nei confronti delle scelte del governo israeliano e storicamente schierati al fianco della Palestina. Momento chiave del riavvicinamento la posizione presa dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan nei confronti di Hamas: "Non la consideriamo un'organizzazione terroristica, ma un movimento che combatte per la liberazione e per la protezione del popolo palestinese". Parole che a Teheran sono piaciute e non poco. Pochi giorni dopo la dichiarazione di Erdogan, infatti, il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahian è partito per Ankara. Sempre nella capitale turca è annunciato il prossimo arrivo del presidente iraniano Ebrahim Raisi, che negli scorsi giorni ha avuto un bilaterale con Erdogan in occasione del vertice per la cooperazione del Paesi islamici di Riyad. Turchia e Iran sembrano aver trovato una convergenza su Gaza, hanno entrambi mantenuto vivi i rapporti con Hamas e hanno un canale privilegiato, più Teheran che Ankara, con gli Hezbollah libanesi. Nelle scorse settimane nei media iraniani si sono moltiplicati articoli a favore della Turchia sul sostegno alla “lotta per la causa palestinese".


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Nelle prime due settimane del conflitto Erdogan ha misurato le critiche a Israele, consapevole che la Turchia e lo stato ebraico erano reduci da un processo di riavvicinamento durato due anni. Una normalizzazione che ha posto fine a una crisi durata più di 10 anni. Il presidente turco ha però iniziato ad alzare i toni con il progressivo deterioramento della crisi umanitaria a Gaza. Il presidente turco ha ribadito il sostegno ad Hamas, ha garantito asilo al suo capo politico Ismail Haniye, ma ha anche "cancellato" il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Mosse molto apprezzate da Ali Khamenei.

Italia, Mattarella al Federico II: flash-mob degli universitari chiedono “cessate il fuoco”
Questa mattina, centinaia di studenti con una bandiera della Palestina hanno fatto un presidio all'esterno dell'università degli studi di Napoli Federico II, in corso Umberto I. La sede storica dell'ateneo ha ospitato l'inaugurazione dell'anno accademico alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Nell'aula magna della Federico II anche 65 rettori, oltre a quello della Federico II Matteo Lorito, ed è a loro che si rivolge la lettera degli studenti che chiedono di "stare dalla parte dei diritti umani e della popolazione civile che sta venendo massacrata". Diversi i cori di denuncia degli studenti contro il genocidio in corso nella Striscia. "In un momento storico tragico come questo - si legge nella lettera - non esiste alcun vessillo della neutralità dietro a cui nascondersi. L'equidistanza, difatti, non è più una virtù: quando due soggetti impari si trovano a confliggere non c'è ingiustizia più grande di dividere in parti uguali tra ineguali. Bisogna che l'Università prenda subito posizione, nelle parole e nei fatti, per non trovarsi avanti ai suoi studenti (e alla storia) con una macchia indelebile di coloro che sono stati in silenzio davanti al primo genocidio in diretta televisiva. Per questa ragione, Magnifici rettori, vi chiediamo di pretendere un immediato cessate il fuoco a Gaza; di richiedere l'apertura di corridoi umanitari e di riconoscere che non sarà la guerra e il massacro indiscriminato di civili lo strumento che porterà la pace in Palestina". Gli studenti, si legge, chiedono a tutti i rettori e alle università che essi rappresentano “di riconoscere il regime di apartheid a cui è sottoposto il popolo palestinese”. Le manifestazioni in Italia e all’estero continuano.

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