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Da quando è partita la cosiddetta "controffensiva" Ucraina il grande mainstream si è affrettato a mostrare una Russia in qualche maniera "colpita" se non addirittura "fiaccata", ma la realtà è ben diversa.
Parliamo di un conflitto sanguinoso che, secondo quanto sostenuto in un'intervista al Financial Times da il capo di stato maggiore Usa, il generale Mark Milley, "nessuno può vincere".
La variabile, è ovvio, è nel possibile "ok" all'impiego di armi nucleari da parte di Putin, ma da Mosca, al di là delle parole di Medvedev, non si è mai andati oltre. La Russia ha dimostrato di essere una potenza estremamente forte, quasi per nulla fiaccata dalle sanzioni dell'Unione Europea, e quindi capace di programmare un conflitto nel lungo periodo.
Come impedire, dunque, lo stillicidio del popolo ucraino che sta avvenendo da quando la Russia ha invaso il Paese?
Serve una tregua, senza se e senza ma. E l'unico modo per raggiungerla, oggi, è quello di fermare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Massimo Fini, nella sua analisi su Il Fatto Quotidiano, ha evidenziato la "cocciutaggine" e il "narcisismo" del leader ucraino nell'emanare un decreto che vieta qualsiasi trattativa. Un atto che sta ricadendo quotidianamente "sulla testa della sua stessa popolazione".
A mio modo di vedere, nella valutazione, si potrebbe anche andare oltre. Zelensky, pienamente consapevole di non avere speranze contro la macchina da guerra russa, andrebbe arrestato e processato per crimini di guerra contro il suo popolo.
E' lui, con le proprie scelte e le proprie azioni, a permettere l'assassinio di tanti ucraini.
Abbiamo sempre detto che c'è un Paese invaso (l'Ucraina) ed un invasore (la Russia, seppur provocata dai continui "avvicinamenti" al proprio confine della Nato e dalle persecuzioni dei filorussi nel Donbass).
Ma dopo un anno di conflitto costante è arrivato il tempo di scendere sul tavolo delle trattative, prima che possa accadere l'irrimediabile (un eventuale utilizzo di armi tattiche nucleari).
Si potrebbe pensare ad una tregua come avvenne tra le due Coree, divise dal 1953 in Nord e Sud.
Quel conflitto vide il massiccio intervento dell'esercito degli Stati Uniti sotto la presidenza di Harry Truman e di altre nazioni occidentali del Patto Atlantico, mentre la Corea del Nord fu supportata dall'Unione Sovietica e dalla Cina di Mao Tse-Tung.
Anche allora si respirava forte un clima da “Terza Guerra mondiale” con le forze americane che addiriturra paventavano un possibile impiego delle armi atomiche. Le cosiddette forze “comuniste” alla fine costrinsero l'America alla ritirata, con il Presidente Truman che iniziò una trattativa con Pyongyang. Seguirono due anni di sostanziale stallo al confine del 38° parallelo, dove i due eserciti si confrontarono in una serie di brevi battaglie per ottenere esigui vantaggi territoriali, mentre l'aviazione americana continuava nel martellamento delle posizioni nordcoreane. L'armistizio fu firmato il 27 luglio 1953 e sancì la divisione attuale delle due Coree, che oggi conosciamo, con un piccolo vantaggio territoriale per il Sud.
Una storia che potrebbe essere presa ad esempio per risolvere il conflitto tra Russia e Ucraina, con la Russia che manterrebbe i nuovi territori conquistati.
Il Presidente Zelensky così "salverebbe" l'Ucraina dalla totale distruzione mentre Putin dovrebbe ritirare le proprie forze militari mantenendo comunque il controllo nella zona del Donbass e della Crimea. Certo sarebbe un equilibrio precario, ma non ci sarebbero altri morti tra i due fronti.
Ad oggi, però, Zelensky rifiuta ogni iniziativa il che ci dà conferma che dietro a questo conflitto vi possa essere qualcosa di tremendamente più marcio che va anche oltre gli equilibri geopolitici.
Anni fa gli Stati Uniti d'America avevano avviato la "Guerra infinita" contro il terrorismo. Oggi la Nato propone una "Guerra infinita" in terra d'Ucraina con continui invii di armi da parte dei Paesi aderenti. Una richiesta che l'Italia continua a soddisfare da mesi andando contro i propri principi Costituzionali (art. 11: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali").
No, non possiamo nasconderci dietro a un dito, così come non si può dimenticare che negli ultimi vent'anni anche l'Occidente si è reso responsabile di continue violazioni del diritto internazionale, in nome della Guerra.
Come? Ce lo ha ricordato sempre Massimo Fini. E' avvenuto "nel 1999 con l’aggressione alla Serbia, nel 2003 con quella all’Iraq, nel 2006/2007 con l’aggressione alla Somalia per interposta Etiopia, nel 2011 con l’aggressione alla Libia. Tutte operazioni cui l’Onu, che dovrebbe essere il custode di questo supposto diritto internazionale, era contraria. Aggressione, quella alla Libia, condotta dai francesi, dagli americani e purtroppo anche dagli italiani (premier era Berlusconi) oltretutto contro i nostri stessi interessi".
Perché nella storia dei "due pesi e due misure”, come dice Fini, "quando gli aggressori sono gli altri vengono bollati come 'terroristi' e, nel caso della Russia, il loro leader è deferito al fantomatico Tribunale internazionale dell’Aja per 'crimini di guerra', noi occidentali siamo sempre e solo 'anime belle' che fanno la guerra chiamandola pace".
Oggi, rispetto all'Ucraina, nessuno, salvo Papa Francesco e pochi altri attivisti nel mondo, invocano la fine immediata del conflitto. E nessuno sembra voler ascoltare davvero.
Negli Stati Uniti parla di pace Robert KennedyJunior, figlio del ministro Bob Kennedy e nipote del 35° presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy. Nella sua campagna elettorale non fa mistero dei propri propositi e, vista la propria storia, sarebbe davvero capace di condurre il mondo verso una nuova via, evitando lo scoppio di una guerra atomica che, quella sì, sarebbe senza vinti o vincitori.
(Prima pubblicazione: 4 Agosto 2023)

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