Ancora in discussione il sesto pacchetto di assistenza militare. Al vaglio la possibile fornitura dei sistemi di difesa a medio raggio italo-francesi SAMP-T, superiori ai Patriot
Anche il nostro Paese sembra prossimo a vedersi coinvolto nella fornitura di sistemi bellici avanzati a Kiev, in grado di prolungare la guerra ancora per qualche mese.
Un ordine indubbiamente partito da Washington, come suggerito da La Repubblica due giorni fa: venerdì mattina la Casa Bianca informava che il consigliere per la sicurezza nazionale americana Jake Sullivan ha chiamato il consigliere diplomatico di Giorgia Meloni Francesco Talò per discutere, oltre che della mini tregua proposta da Mosca per il Natale ortodosso, anche dell’urgenza di nuove e più complesse forniture militari capaci di difendere i cieli del Paese.
Il 1° dicembre il governo Meloni ha adottato un decreto speciale che prevede la prosecuzione di vari aiuti all'Ucraina nel 2023, compresa la fornitura di armamenti e, come riportato in precedenza dal Corriere della Sera, secondo fonti Nato, al momento, l'Italia ha inviato armi per un valore compreso tra i 300 e i 500 milioni di euro.
In queste ore è ancora in discussione il sesto pacchetto di assistenza militare: "Deve ancora essere finalizzato. Come previsto, nessuna consegna avverrà fino a quando non saranno fornite informazioni al parlamento", ma “stiamo anche discutendo con i francesi per migliorare dal punto di vista tecnico la fornitura di sistemi di difesa aerea, che si basano sulle tecnologie congiunte di Roma e Parigi” ha affermato il vice primo ministro Antonio Tajani, in un'intervista pubblicata domenica dal Corriere della Sera.
Anche l’Italia deve dunque alzare il tiro nello scontro sempre più diretto con la Russia e questa volta sul piatto della bilancia, secondo fonti diplomatiche di Washington ci sarebbero i sistemi di difesa aerea a medio raggio italo-francesi SAMP-T (in foto). Una promessa avanzata informalmente a livello politico, nelle scorse settimane, ma non ancora concretizzata dall'esecutivo.
Antonio Tajani, vice primo ministro © Imagoeconomica
Una scelta che questa volta trova “divisi i nostri militari”, scrive Repubblica, ma per questioni prettamente strategiche: il numero di armamenti hi-tech è molto limitato e i tempi per rimpiazzare quelli mandati a Kiev sono lunghissimi. L’Italia ad esempio ha solo 5 batterie SAMP-T, ciascuna in grado di creare sopra una metropoli uno schermo contro aerei, droni e cruise, ma sono l’unica contraerea di nuova generazione in grado di difendere la penisola, poiché tutti gli altri sistemi sono oramai obsoleti. Un dilemma dibattuto in tutte la capitali occidentali, da Washington a Londra. Come far fronte alla recente richiesta di armi high tech, quando il ritmo produttivo dei componenti è rimasto invariato? Basti pensare che al Pentagono serviranno 5 anni per ripristinare tutte le scorte di Javelin utilizzate in Ucraina.
"Il sistema Samp-T prodotto da Italia e Francia è ritenuto superiore al Patriot americano perché è efficace a una distanza maggiore, fino a 80-100 chilometri", riporta il generale Maurizio Fioravanti, ex comandante della Folgore e delle forze speciali. Tuttavia, come ricordato dall’ex capo di Stato maggiore dell'Aeronautica Leonardo Tricarico, mandare a Kiev una sola batteria significherebbe rinunciare a “un quinto delle nostre protezioni…E non potrà essere ripristinato prima del 2030, con un costo vicino ai 700 milioni di euro”.
Nel mentre, il capo dell'intelligence dell'esercito estone Margo Grosberg, avverte che la Russia avrebbe i mezzi materiali di guerra per oltre un altro anno.
"Non importa quanto non siano in grado di aumentare la quantità di produzione di munizioni, la semplice matematica dice che hanno ancora circa 10 milioni di scorte, circa 3,4 milioni in più potrebbero essere realizzati in un anno... queste munizioni sono sufficienti per combattere almeno un anno, se non di più”, ha riportato Grosberg ai media locali, sottolineando che nonostante le perdite dichiarate di 1.400 carri armati in Ucraina, la Russia ne conserva oltre 9.000 attualmente negli impianti di riparazione in fase di riattivazione o nei depositi di stoccaggio. Pertanto, le perdite totali in termini percentuali sono basse e facilmente sostituibili. Lo stesso vale per i sistemi di artiglieria in cui la perdita dichiarata di 500 pezzi rappresenta solo il 10% delle scorte totali.
Arriveremo dunque a sguarnire le nostre difese per guadagnare qualche altro mese di guerre con ulteriori morti e distruzioni annesse? Per quanto Tajani ci rassicuri che non vi sarà alcun invio prima di un’informazione al Parlamento, a Washington sembra già tutto deciso.
Foto di copertina © Kevin.B
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