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Il Pentagono stanzia 6 miliardi di dollari per ricostruire le scorte statunitensi dopo gli investimenti in armamenti in Ucraina

La guerra in Ucraina certamente ha già dei vincitori. Lo indicano i dati dell’Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma (Sipri), che descrivono una domanda di armamenti in forte crescita quest’anno. Nella classifica, tra i produttori dell’Unione europea per ricavi, primeggia l’italiana Leonardo (12esima posizione mondiale), davanti alla francese Thales.
Il balzo della domanda nei paesi occidentali, è sostenuto soprattutto dalla necessità, in particolare da parte degli Stati Uniti, di ricostituire le scorte dopo i massicci invii a favore dell’Ucraina.
Il gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina, un gruppo guidato dagli Usa e composto da oltre 50 paesi, ha coordinato gli sforzi per aumentare la produzione di armi e ricostituire le scorte
.”, si legge nel rapporto.
Un’esigenza che richiede enormi investimenti nel settore produttivo per l’industria bellica. Il Sipri riporta di un ordine da 624 milioni di dollari con Raytheon Technologies per i missili Stinger; un altro da 663 milioni di dollari con la joint venture tra Lockheed Martin e Raytheon Technologies per i missili anticarro Javelin e un ordine da 95 milioni di dollari con Lockheed Martin per il lanciarazzi multiplo Himars.
Si tratta dell’arsenale di punta, tra le forniture di Washington a Kiev. In 10 mesi di guerra le forze armate ucraine hanno utilizzato uno stock di complessi Stinger e Javelin, progettati per diversi anni.  "Il problema è che abbiamo consumato così tante scorte nei primi dieci mesi di guerra… Abbiamo sostanzialmente esaurito 13 anni di produzione di Stinger e cinque anni di produzione di Javelin," ammette Greg Hayes, CEO di Raytheon, citato da National Review. Secondo l'editorialista Jimmy Quinn, Washington avrebbe inviato a Kiev ben 5.500 Javelin e 1.400 Stinger.
"Proprio nell'ultimo mese, ad esempio, abbiamo dato contratti a Raytheon per sei batterie di NASAMS" - ha continuato Hayes, riferendosi a un sistema di difesa aerea all'avanguardia che gli Stati Uniti stanno predisponendo per inviarlo in Ucraina - “Abbiamo anche dato contratti per Excalibur. Abbiamo anche stipulato contratti con General Dynamics, IMT Defence e un'altra società per aumentare la produzione di munizioni da 155 millimetri, che è stata fondamentale per gli ucraini".
"C'è molta urgenza", ha ammesso ai giornalisti il ​​segretario dell'esercito Christine Wormuth. "Il Congresso sta inviando miliardi di dollari al Dipartimento della Difesa, e lo stiamo ribaltando e ottenendo un contratto - direi da due a tre volte più velocemente di quanto facciamo normalmente".
Wormuth ha citato accordi per decine di migliaia di colpi di artiglieria da 155 mm che gli ucraini “consumano completamente non appena arrivano”.
Entro la primavera, scrive il quotidiano “Politico”, gli Stati Uniti saranno in grado di produrre 20.000 proiettili al mese, ma l’obiettivo è arrivare a 40.000. Un traguardo che secondo il segretario dell’esercito potrà essere raggiunto non prima del 2025.
Nel merito, Hayes è stato ancora più esplicito: "Non abbiamo avuto la priorità di soddisfare le riserve di guerra di cui abbiamo bisogno per combattere una battaglia a lungo termine", ha affermato, evocando gli scenari di una guerra per procura su vasta scala contro la Russia, dove gran parte del settore produttivo viene riconvertito alla produzione di armi.
“Penso che abbiamo dimenticato che con una vera mobilitazione industriale (per la guerra ndr.), c'è sempre un aspetto temporale e non è mai istantaneo", ammette il funzionario del governo americano Douglas Bush, intervistato da Politico.
Negli ambienti militari di Washington si parla in sostanza di una guerra lunga, forse eterna per rendere gloria ai big delle armi.
In totale, secondo Wormuth, il Pentagono ha assegnato nuovi contratti per un valore di 6 miliardi di dollari all'industria della difesa per ricostituire le scorte di armi statunitensi.

La classifica dei big della guerra
Ovviamente sono le imprese statunitensi a primeggiare con 40 produttori, le cui vendite state pari a 299 miliardi di dollari nel 2021; segue l’Europa con 21 aziende tra le prime 100.
Molti produttori europei specializzati nel militare aerospaziale hanno registrato un calo nel 2021 - osserva il ricercatore Sipri Lorenzo Scarazzato - mentre i costruttori di navi sono risultati meno condizionati dalle ricadute della pandemia ed hanno incrementato le vendite nel 2021”., riporta il Sipri, che ha specificato come le vendite mondiali hanno tenuto una traiettoria di crescita fin dal 2015, da quando per la prima volta sono state inserite imprese cinesi nella rivelazione.
Nella classifica ci sono anche i gruppi definiti pan-europei, come Airbus e Mbda (partecipata da Leonardo). Quest’ultima viene indicata al 27esimo posto nella classifica, con vendite di armi per 4,96 miliardi di dollari (99% del totale dei ricavi) in crescita del 15% sull’anno precedente.

Leonardo avanza nella top 100
È sempre il Sipri ad evidenziare che il gruppo italiano Leonardo ha realizzato vendite per circa 13,9 miliardi nel 2021 con un incremento del 18% sull’anno precedente, portandosi al 12esimo posto della classifica mondiale delle top 100. Le vendite di armi rappresentano l'83% dei ricavi totali del gruppo. Nella classifica dei primi 100 costruttori mondiali compare anche Fincantieri al 46esimo posto (48esimo nel 2020) con un incremento delle vendite del 5,9% a 2,98 miliardi di dollari (36% dei ricavi complessivi.

Foto d'archivio: it.depositphotos.com

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