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"Per la prima volta dalla crisi dei missili a Cuba dobbiamo affrontare la minaccia dell'apocalisse nucleare". È questo l'allarme lanciato direttamente ieri sera dal presidente americano Joe Biden durante un evento tenutosi a New York per la raccolta di finanziamenti elettorali per i candidati democratici alle elezioni di metà mandato.
"Per la prima volta dalla crisi dei missili cubani - ha aggiunto - abbiamo la minaccia di un'arma nucleare, se in effetti le cose continuano lungo la strada su cui stanno andando". "Stiamo cercando di capire: qual è l'off ramp di Putin? Dove trova una via d'uscita, in cui non solo non perde la faccia, ma anche una parte significativa del suo potere?".
Il discorso è andato brevemente su altri temi interni, ma poi il presidente è tornato su Putin: "Non abbiamo dovuto affrontare la prospettiva dell'Armageddon dai tempi di Kennedy e della crisi dei missili cubani. C'è un tipo che conosco abbastanza bene. Non sta scherzando, quando parla del potenziale uso di armi nucleari tattiche, biologiche o chimiche, perché il suo esercito, come dire, sta offrendo una prestazione significativamente più bassa delle attese". Il problema è che se il capo del Cremlino dovesse scegliere di usare le atomiche per uscire dall'angolo, la situazione diventerebbe irrisolvibile: "Non credo che esista la capacità di impiegare facilmente un'arma nucleare tattica e non finire con l'Armageddon". Quindi il capo della Casa Bianca ha rovesciato almeno una parte della responsabilità sul suo predecessore: "Non mi rendevo conto di quanto grave fosse il danno che la precedente amministrazione aveva arrecato alla nostra politica estera". Il presidente americano ha rivolto un debole segnale di distensione: “Dobbiamo capire quale può essere una via d’uscita per lui (Putin ndr)".
Via d’uscita che, per la verità, il capo del Cremlino aveva offerto nei giorni scorsi dichiarandosi aperto a sedere al tavolo delle trattative con Kiev dopo l’annessione delle quattro aree che hanno votato i referendum.
Poco dopo però l’omologo ucraino, Volodymyr Zelensky aveva firmato un decreto presidenziale con il quale si vieta per legge qualsiasi trattativa con Vladimir Putin: “Non discuteremo di pace fino a quando lui sarà presidente della Russia”, aveva dichiarato.
Il segretario di Stato, Antony Blinken, sostiene comunque che da parte degli Usa la porta del dialogo rimane sempre aperta e che sono disposti a cercare una “soluzione diplomatica” per porre fine al conflitto in Ucraina, ma solo a patto che ci sia una “volontà seria” da parte del presidente russo. “Quando la Russia dimostrerà di voler seriamente intraprendere questo percorso, noi ci saremo. Ma, al momento, i segnali vanno in un’altra direzione", ha detto.
Invece l'Europa continua nel suo intento all'invio di armi incondizionato a Kiev.
Giovedì infatti il Parlamento europeo aveva firmato una risoluzione nella quale, tra le altre cose, si invitano gli Stati membri a portare avanti un “massiccio invio di armamenti” all’esercito di Zelensky.
Su questa ultima decisione si è fatto sentire il presidente Turco Recep Tayyip Erdogan. Quest'ultimo ha attaccato Bruxelles accusandola di preferire “la provocazione e l’escalation”.

Foto © Imagoeconomica

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