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Gli attivisti parlano di grave abuso di potere davanti alla base militare USA

Come ogni anno, anche quest’estate, si è svolto il campeggio di lotta No Muos, a Niscemi. Spalmato su 3 giornate, dal 5 al 7 agosto, l’intento del ritrovo è stato quello di creare dei dibattiti seguiti da un tavolo di lavoro collettivo, con tematiche, oltre a quella della guerra, che spaziavano dal femminismo alla Palestina.
L’ultimo giorno, una plenaria ha concluso le varie attività, lasciando spazio all’atto conclusivo: la marcia verso i cancelli della base militare.
Operativo dal 2014, il MOUS (Mobile User Objective System) è un sistema di telecomunicazioni satellitari militari ad alta frequenza e a banda stretta, gestito dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. Il sistema è composto da quattro satelliti e quattro stazioni di terra, una delle quali collocata all’interno della riserva naturale Sughereta. In parole povere il Mous svolge la funzione di smistare le comunicazioni militari delle forze navali, aeree e terrestri statunitensi in ogni parte del mondo. Tale ruolo rende inevitabilmente il nostro Paese un possibile obiettivo sensibile in caso di attacco terroristico.


muos zona militare


“Non pagheremo la guerra dei ricchi, via le basi USA dalla nostra terra” o ancora “Sicilia senza acqua ma piena di armi”. Così si legge su alcuni cartelloni in testa al corteo animato da circa trecento attivisti, rappresentanti di varie realtà antimilitariste, anticapitaliste, antipatriarcali e antifasciste provenienti da tutt’Italia.
Una volta arrivati di fronte all’ingresso della base del Mous il lungo cordone militante si è riunito vicino a un microfono e due casse dove, ancora una volta, viene ribadita a gran voce la richiesta di smantellamento delle tre antenne del sistema di trasmissione satellitare che governa tutte le guerre globali delle forze armate USA. C’è anche spazio per l’arte: Una performance del movimento Our Voice mostra un uomo nero e incappucciato, ai piedi una fascia tricolore e una a stelle e strisce, in mano una rete con la quale intrappola una giovane donna sofferente e attorniata da proiettili.


mouos ov mani


Si crea così uno scenario surreale, da una parte l’arte e la denuncia pacifica dei manifestanti e dall’altra, dietro al cancello, una trentina di agenti di polizia in tenuta antisommossa seguiti da altri agenti e componenti della Digos intenti a riprendere costantemente l’evento. Il dispiegamento delle forze dell’ordine è decisamente eccessivo, così come l’atteggiamento: nervoso e irascibile.
Nonostante il corteo si stesse muovendo in maniera pacifica, per disperdere la folla, le forze dell’ordine presenti hanno utilizzato prima gli idranti sfollagente e poi lanciato gas lacrimogeni colpendo alcuni ragazzi.
Sul posto era anche presente il giornalista Antonio Mazzeo, il quale, come si vede attraverso un video, prendendo in mano uno dei lacrimogeni lanciati poco prima dalla polizia dichiara: “Questi lacrimogeni sono vietati in quanto CS, ovvero arma chimica, vietata già da tempo dalle convenzioni di Ginevra…  Tra l’altro il lancio dei lacrimogeni è avvenuto quando già gli idranti avevano sfondato il cordone di gente che stava già rientrando”. Un'inadeguata e disastrosa gestione dell’ordine pubblico messa in atto, l’hanno descritta gli attivisti.


mouos ov mani


Sul lancio di tali dispositivi di dispersione, tempo fa si era pronunciata anche Amnesty International riportando i Principi base delle Nazioni Unite: “Dispositivi che hanno effetti indiscriminati e un alto potenziale di danno, come i gas lacrimogeni, devono essere utilizzati solo quando gli altri mezzi non siano riusciti a contenere minacce o violenza. Inoltre, le persone devono essere avvisate sull’imminente uso di tali armi e autorizzate a disperdersi. Le cartucce, contenenti sostanze chimiche irritanti, non possono mai essere sparate direttamente contro le persone”.

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