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Commissione e Parlamento UE vorrebbero l’embargo

Se l’UE vuole l’embargo sul gas russo, “noi saremo ben contenti di seguire”. A dirlo è il presidente del Consiglio Mario Draghi. Parole, quelle del premier, che dimostrano il suo totale allineamento alle richieste dell’UE. Ma quali sarebbero gli effetti di tale mossa politica? Per il presidente di Confindustria Lombardia, Francesco Buzzella, “l’embargo del gas russo avrebbe un peso inimmaginabile” sull’economia italiana. Il rischio recessione per i Paesi più esposti alle importazioni è alto.
Nell’ultimo pacchetto di sanzioni approvato dall’Unione Europea era stato escluso l’embargo al gas e al petrolio provenienti dalla Russia. Molti i Paesi a favore, ma la Germania e l’Austria si sono opposte. La dipendenza energetica di Berlino e Vienna è ancora preponderante. L’amministratore delegato di Deutsche Bank, Christian Sewing, aveva ammonito che in caso di embargo energetico, “c'è un'alta probabilità che l'economia tedesca e probabilmente anche quella europea cadano in recessione, con conseguenze a lungo termine”. Jean-Pierre Clamadieu, Presidente del gigante energetico francese Engie, ha sottolineato “l’impatto massiccio che uno stop delle importazioni comporterebbe per l’economia europea”, inoltre “se le importazioni di gas russo cessano, saremmo probabilmente capaci di sostituirlo per circa la metà, ma il resto, sul breve termine, dovrebbe essere realizzato, ottenuto, compensato attraverso una riduzione dei consumi, in particolare nei settori industriali”, ha concluso.
Di fronte alle richieste della Commissione e del Parlamento europeo di fermare le importazioni energetiche da Mosca, l’Italia rimane “aperta”  ad ogni possibilità, aveva affermato il ministro degli Affari Esteri Luigi Di Maio. Sono seguite poi le parole del Presidente del Consiglio Mario Draghi, completamente schierato con le politiche dell’UE. Le forniture di gas “non sono oggetto di discussione”, aveva detto subito dopo l’approvazione del DEF, “se ci propongono l'embargo sul gas e se l'Unione europea è uniforme su questo, noi saremo ben contenti di seguire”, specificando che “fino a tardo ottobre saremmo coperti dalle nostre riserve”. E si potrebbe anche arrivare al razionamento.
Nonostante le posizioni intransigenti del governo italiano, la situazione degli approvvigionamenti energetici del nostro Paese rimane complicata. L’Italia estrae il 4,4% del gas che consuma, mentre il 27,8% e il 9,5% sono forniti rispettivamente da Algeria e Azerbaijan. Norvegia e Olanda forniscono il 2,9% e la Libia il 4,2% dei nostri consumi, mentre il Gnl via nave copre circa il 13%. Il 38% del fabbisogno di gas del nostro Paese è fornito da Gazprom, cioè dalla Russia.
Un eventuale blocco energetico potrebbe portare il Paese al rallentamento della sua crescita per il 2022. Il Fatto Quotidiano ha riportato le due prospettive del DEF (Documento di Economia e Finanza), nel caso vengano interrotte le forniture di gas russo. Lo scenario più positivo prevede un aumento dei flussi di gas dai gasdotti del Sud, maggiori importazioni di Gnl e aumento della produzione di gas nazionale. In questo caso il prezzo del gas diverrebbe il doppio e l’energia elettrica avrebbe un rincaro del 50%. L’altra ipotesi si ha invece nel caso in cui non si riuscisse a reperire il gas necessario nei modi descritti. A quel punto la copertura sarebbe garantita fino ad ottobre e dopo non rimarrebbe altro che il razionamento dei consumi sia di gas che di corrente, siccome circa il 18% del fabbisogno nazionale di gas non sarebbe più coperto. Questo secondo scenario, probabilmente il più veritiero, avrebbe un impatto maggiore sull’economia italiana causando addirittura una recessione: si prevede infatti una crescita del Pil a 0,6% nel 2022 e a 0,7% nel 2023. 
I gasdotti del Sud a cui si riferisce il documento sarebbero il TAP che attraversa la Grecia e porta il gas proveniente dall’Azerbaijan (il 9,5% del nostro fabbisogno di gas). Poi c’è il Transmed, il cui gas arriva dall’Algeria attraversando la Tunisia (il 27,8% dei nostri consumi di gas). E infine dalla Libia arriva il gas tramite il gasdotto Greenstream, il più lungo nel Mediterraneo (il 4,2% del consumo nazionale, le cui forniture sarebbero però ferme al momento).
Esiste ancora un gasdotto che non è ancora stato realizzato ed è l’Eastmed-Poseidon che porterebbe il gas israeliano fino in Italia. Anche se il progetto è stato fortemente osteggiato dalla Turchia per ragioni strategiche. Per la sua realizzazione, però, “serviranno almeno 7-10 anni”, si parla quindi del “2030-2033”, secondo il Ceo della società israeliana Eco Energy, Amit Mor, intervistato da Agenzia Nova.
Secondo il presidente di Confindustria Lombardia, Francesco Buzzella, “l’embargo del gas russo avrebbe un peso inimmaginabile [...] su 76 miliardi di metri cubi, 30 arrivano dalla Russia. Buona parte dell’industria va a gas. Non è solo una questione di condizionatori accesi, come diceva ieri Draghi. Il discorso è spegnere le aziende e perdere posti di lavoro”, come riportato da il Fatto Quotidiano.
In caso di embargo al gas russo, lo stop agli impianti e i licenziamenti colpirebbero fonderie, acciaierie, trafilerie, laminatoi, aziende per la manifattura del vetro e, a cascata, tutte le filiere connesse.
Per Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, “possiamo abbandonare completamente la dipendenza dal gas russo” in 2-3 anni. Entro la fine dell’anno, secondo la Banca d’Italia, si potrebbero reperire sui mercati i “due quinti” del gas mancante, in caso di blocco alle importazioni.
Il gas resta comunque solo uno degli aspetti della crisi energetica. Il 45% della corrente elettrica della rete italiana è prodotta col gas. Il blocco alle importazioni dalla Russia, farebbe quindi alzare anche i prezzi dell’elettricità in conseguenza dell’aumento dei prezzi del gas. L’erogazione a singhiozzo o addirittura l’interruzione di corrente metterebbe a rischio tutto il comparto dell’industria pesante.
Nell’ambito delle sanzioni europee, l’altro tema è stato il greggio russo. Gli Stati Uniti hanno già bloccato le importazioni di petrolio senza gravi effetti, considerato che incideva solo per l’8% sul totale delle importazioni. Regno Unito raggiungerà lo stesso obiettivo, gradualmente, entro fine 2022. Anche qui, l’Europa dimostra la forte dipendenza dal gigante eurasiatico con un import pari al 25% delle importazioni totali, mentre per l’Italia si attesta intorno al 12,5% dell’import nazionale. Il restante fabbisogno di carburante, in Italia, lo copriamo con il  22,3% dall'Azerbaijan, il 10% dall'Arabia Saudita, il 14,7% dall'Iraq e il 18,5% dalla Libia.
Troncare di netto le forniture energetiche di Mosca potrebbe costare caro, in tutti i sensi, al nostro Paese.
Strano che un burocrate così esperto ed avveduto come Draghi, si butti col paraocchi in un’iniziativa quasi suicida per l’economia italiana, pur di seguire l’ideologia delle istituzioni dell’Unione Europea, di cui per anni è stato fedele funzionario nei panni di Presidente della Banca Centrale Europea. Ora, che ricopre il ruolo di Presidente del Consiglio italiano, la paura è che il Belpaese possa finire come sorella Grecia.

Foto: it.depositphotos.com

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