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Tensione lungo il confine tra il Paese e il Kosovo

Si è riaccesa la tensione nei Balcani, in particolare tra Serbia e Kosovo pochi giorni prima delle elezioni serbe tenutesi domenica 3 aprile e vinte nuovamente da Aleksandar Vucic (in foto). A influire sull’instabilità politica in questi territori è anche la guerra in Ucraina, che evidenzia il distacco tra i due Paesi parte dell’ex Jugoslavia.

Le elezioni serbe e il timore della guerra nei Balcani
Negli scorsi giorni, mezzi pesanti serbi sarebbero stati inviati al confine tra Serbia e Kosovo come riportato da Il Giornale. Il 3 aprile in Serbia ci sono state le elezioni presidenziali, legislative e amministrative e i serbi residenti in Kosovo sono stati costretti a recarsi in quattro località del sud della Serbia per esercitare il loro diritto di voto. La dirigenza di Pristina, capitale e città più grande del Kosovo, ha considerato impossibile organizzare sul proprio territorio elezioni di uno stato straniero quale è la Serbia.
Il Kosovo, ex provincia della Jugoslavia e poi della Serbia, si è dichiarato Stato sovrano e indipendente nel 2008. Belgrado, però, non ne ha mai riconosciuto l’indipendenza considerandolo ancora oggi parte del suo territorio. In alcune zone del territorio kosovaro sono presenti enclave serbe, che hanno avviato proteste pacifiche contro Albin Kurti, Primo ministro del Kosovo.
La popolazione serba residente in Kosovo ritiene Kurti responsabile del deterioramento dei rapporti tra Pristina e Belgrado, come hanno dimostrato i cartelli dei manifestanti: “Kurti hai distrutto l’accordo di Bruxelles, hai distrutto tutto”, “Stop al terrore di Kurti”, come è stato citato dall’Ansa.
Queste manifestazioni sono state supervisionate dalla polizia kosovara, che non è intervenuta.
La tensione è aumentata a causa della sospensione di una giudice serba dal tribunale del distretto di Kosovska Mitrovica, uno dei 7 distretti del Kosovo, punita per aver partecipato a un incontro a porte chiuse con il presidente serbo Aleksandar Vucic.

La posizione dell’Italia
L’Italia, insieme a Francia, Germania, Regno Uniti e Stati Uniti fa parte dei paesi del Quint, un gruppo decisionale informale, che in questi mesi ha svolto un lavoro di diplomazia per trovare un’intesa tra Kosovo e Serbia che consentisse ai serbi in Kosovo di esercitare il loro diritto di voto lo scorso 3 aprile.
Come reso noto sul sito degli esteri del Ministero Italiano, il Governo italiano considera il comportamento del Governo kosovaro come una mancanza di impegno nella tutela dei diritti della sua popolazione, compresa la minoranza serba.
L’Italia ha poi invitato Serbia e Kosovo a evitare tensioni che potessero sfociare in un conflitto militare.

La diplomazia tra Kosovo e Serbia
Intanto l’Unione Europea sta tentando di mediare tra Serbia e Kosovo. Josep Borrell, alto rappresentante degli affari esteri dell’UE, dopo la sua visita nei Balcani ha affermato in un’intervista che il dialogo “non si sta muovendo al ritmo che dovrebbe”, secondo Euronews.
Anche Annalena Baerbock, ministra degli Esteri della Germania, ha visitato Sarajevo, Pristina e Belgrado perché consapevole dell’instabilità nella regione.
Il processo diplomatico è entrato in una nuova fase dopo l’insediamento del nuovo governo kosovaro, in quanto il Primo ministro Albin Kurti non considera come sua priorità la diplomazia con la Serbia.

Esito elezioni in Serbia
Dopo la decisione di Pristina i serbi del Kosovo si sono dovuti recare in quattro aree della Serbia per esercitare il loro diritto di voto, nonostante l’invito alla moderazione da parte dell’Unione Europea.
Le elezioni parlamentari tenutesi domenica 3 aprile hanno dato vittoria al Partito del progresso serbo (Sns) di Aleksandar Vucic, che ha ottenuto il 43,45% dei voti, come riportato da Il Fatto Quotidiano. Al secondo posto con il 13,07 % si è posizionata la coalizione dell’opposizione Uniti per la Vittoria della Serbia, mentre al terzo posto c’è il Partito socialista serbo (Sps) con l’11,86%.
Poiché il Partito progressista serbo non ha ottenuto la maggioranza di 250 seggi in Parlamento, ma solo 122 sarà costretto a trovare alleati per governare.
Aleksandar Vucic ha ottenuto una vittoria considerevole anche nelle elezioni presidenziali, che si sono svolte contemporaneamente, infatti come reso noto da Il Post con il solo 50% delle schede scrutinate Vucic ha già ottenuto il 60% dei voti.
Al seggio Vucic ha affermato che “Per il futuro la cosa più importante è mantenere pace e stabilità e garantire la prosecuzione del progresso economico”, come comunicato da Il Fatto Quotidiano.
Le elezioni sono state seguite da gruppi di osservazione dell’Osce (l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa), e sono state riscontrate alcune irregolarità, anche se di poco conto.
Il Fatto Quotidiano ha riportato che uno dei capi della coalizione dell’opposizione, Dragan Djilas, ha affermato di aver saputo di persone che avrebbero votato in altri seggi rispetto al proprio e di voti registrati senza documenti di identità.

L’influenza della guerra tra Ucraina e Russia nella divergenza serbo-kosovara
La guerra in Ucraina mina gli equilibri nei Balcani, sia per motivi geopolitici sia per motivi economici. Russia e Serbia hanno sempre avuto forti legami, come pure il Kosovo e la NATO.
La Russia è sempre stata per Belgrado un partner fondamentale grazie alle risorse energetiche. Il 90% del gas utilizzato dal Paese balcanico infatti è russo. Altro aspetto di cui tenere conto è che la Federazione Russa non ha mai riconosciuto l’indipendenza del Kosovo, proprio in sostengo alla causa serba.
Con l’inizio del conflitto russo-ucraino, il governo kosovaro si è interrogato sulle intenzioni di Belgrado relative ad un eventuale attacco militare contro la ex-provincia. Il governo kosovaro ha quindi istituto un “Security Fund” (un fondo per la sicurezza) destinato allo sviluppo di un suo esercito nazionale e ha invitato tutti i cittadini a donare denaro per la causa. Anche una commissione per la candidatura del Kosovo per entrare nella NATO è stata istituita.
L’ingresso di un qualsiasi Stato all’interno dell’Alleanza Atlantica deve essere sostenuto da tutti i paesi membri. L’accesso del Kosovo alla NATO è impedito da quattro stati membri, quali Spagna, Grecia, Romania e Slovacchia, che non lo riconoscono come Stato indipendente.
In questo clima di tensione Albin Kurti ha riaffermato la volontà del Kosovo di entrare quanto prima nella NATO e nell’Unione Europea. In un’intervista, riportata da Ansa, il Primo ministro kosovaro ha asserito: "Vogliamo entrare a far parte dell'Ue e della NATO. Abbiamo già una presenza della NATO, ma se veniamo accettati, sarebbe meglio per il popolo kosovaro, per il Kosovo e per l'intera regione e il continente europeo in generale".
Anche Vjosa Osmani, Presidente della Repubblica del Kosovo in una conferenza stampa ad Ankara ha dichiarato: “Alla luce della situazione in Ucraina, è arrivato il momento che il Kosovo entri nella Nato”, secondo Il Fatto Quotidiano.
Per Osmani la guerra in Ucraina potrebbe portare a una crisi nella regione balcanica e proprio per questo per la presidente è importante che venga accelerato il processo di ingresso nell’Alleanza Atlantica di Kosovo e Bosnia Ezergovina.

Il ruolo della NATO in Kosovo
La presenza NATO sul territorio kosovaro è forte anche grazie alla missione KFOR (Kosovo Force).
Iniziata oltre 20 anni fa, il 12 giugno del 1999, la missione ha lo scopo di tenere sotto controllo la situazione e garantire la sicurezza secondo l’accordo Kumanovo sancito alla fine dei bombardamenti della NATO contro la Serbia nel 1999. L’accordo prevedeva il ritiro delle truppe serbe dal Kosovo e l’insediamento di truppe NATO nel Paese.
La missione KFOR, di cui fa parte anche l’Italia, viene considerata un deterrente contro eventuali tensioni tra i due paesi slavi.
Secondo Sicurezza Internazionale, il progetto KFOR ha l’obiettivo di mantenere la pace nel territorio, supportare le missioni internazionali, creare uno Stato democratico e stabile e sviluppare la Forza di Sicurezza del Kosovo.
In Kosovo ci sono una serie di basi NATO tra cui Film City, a Pristina, sede dal KFOR, e Camp Bondsteel, principale base militare statunitense situata a Ferizaj, città del Sud Est del Paese.

La dissoluzione della Jugoslavia negli anni ‘90
L’instabilità nei territori jugoslavi ebbe origine alla morte, nel 1980, del dittatore Tito, che lasciò la Jugoslavia organizzata in sei Repubbliche Socialiste (Slovenia, Croazia, Bosnia-Ezergovina, Serbia, Macedonia e Montenegro) e in 2 province legate alla Serbia (Kosovo e Voivodina).
Nel 1991 Slovenia e Croazia proclamarono l’indipendenza, ma la Serbia cercò, militarmente, di impedirne l’autonomia. La crisi si estese poi in Bosnia-Ezergovina, dichiarandosi anch’essa indipendente l’anno successivo. Vista l’escalation degli avvenimenti ci fu un intervento dell’ONU con la creazione di una forza militare (UNPROFOR) per garantire zone protette per i civili.
Nel 1994 gli Stati Uniti con la NATO decisero di intervenire sostenendo militarmente la Croazia e attaccando a livello aereo l’esercito serbo insediato sul territorio della Bosnia-Ezergovina.
Nel 1998 la Repubblica Federale di Jugoslavia negò l’autonomia al Kosovo, che era stata riconosciuta nel 1974 con l’adozione della costituzione jugoslava, attuando discriminazioni contro la popolazione albanese.
Il 24 marzo 1999 l’Alleanza Atlantica decise di intervenire, scavalcando così l’ONU, per mettere fine al conflitto. Avviò l’operazione Allied Force, con cui bombardò per 78 giorni il territorio serbo, compresa la capitale Belgrado.
L’operazione si suddivise in tre fasi, la prima aveva l’obiettivo di annientare la difesa aerea serba bombardando gli aeroporti militari, durante la seconda furono colpiti obiettivi militari, in particolare le forze serbe presenti in Kosovo, durante la terza invece furono colpiti bersagli civili e militari con l’intento di portare la Serbia alla resa. I bombardamenti cessarono con l’accordo di Kumanovo nel 1999.
In questa odierna atmosfera di tensione il Kosovo cerca quindi, sfruttando anche il conflitto ucraino, di ottenere l’approvazione per il suo ingresso nella Nato.
Al contrario la Serbia, da sempre filorussa, tenta di mantenere sia i rapporti con la Russia, non imponendo sanzioni a Mosca, sia con l’Occidente, dichiarando l’invasione russa immorale. Questa politica continuerà probabilmente ad essere mantenuta data la rielezione del Presidente serbo Aleksandar Vucic.
La domenica elettorale si è conclusa senza tensioni nonostante il clima con i vicini confinanti. Per gli elettori serbi del Kosovo l’unica possibilità è stata quella di attraversare il confine e tornare in Serbia per esercitare il loro diritto di voto.

Foto © Imagoeconomica

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