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l premier ucraino Zelensky ha ieri duramente stigmatizzato il netto rifiuto della Nato di creare una no-fly-zone sui cieli dell’Ucraina. Pochissimi media italiani hanno però riportato questa notizia, che mette a nudo l’effettiva strategia dell’Occidente, dietro le manifestazioni di facciata di solidarietà a parole con l’Ucraina.

Eppure no-fly-zone furono applicate duramente e radicalmente nei cieli dell’Iraq, ad esempio, per non parlare di quanto avvenuto nella ex-Jugoslavia, contro la Serbia – dove per la prima volta il premier ex-comunista Massimo D’Alema violò la Costituzione italiana inviando nostri cacciabombardieri: entrambe casi nei quali furono le forze armate occidentali, come molti dimenticano oggi, ad attaccare Paesi sovrani, che non potevano certo contare sul sostegno militare della Russia…

Questa opzione militare viene ora invece negata all’Ucraina, effettivamente aggredita: perché non si ha nessuna intenzione, al di là delle tante parole e delle roboanti misure sanzionatorie, di rischiare un confronto militare diretto con la Russia.

Lo stesso premier Zelensky ne è oramai del tutto consapevole. Ha infatti ringraziato l’Occidente due giorni fa per l’invio di armamenti, ironicamente sottolineando che però forse questi arriveranno quando sarà troppo tardi. Il 25 febbraio (ore 13:12) aveva twittato ai cittadini europei «venite a combattere», precisando: «se avete un’esperienza militare e non volete assistere all’indecisione dei vostri politici, venite nel nostro Paese e unitevi a noi nella difesa dell’Europa, dove ora è più necessario». Anche di questa presa di posizione, ben pochi hanno riferito in Occidente: strideva troppo con la retorica profusa dal mainstream.

L’Ucraina sta quindi sperimentando da una parte l’aggressione militare della Russia, ma dall’altra l’ipocrisia degli occidentali, proprio di coloro cioè che l’hanno spinta contro la Russia, pur non essendo affatto intenzionati a difenderla militarmente.

Un esempio di facile comprensione: nel 2008 la Nato votò sull’adesione dell’Ucraina. Paesi come la Germania e la nostra Italia, che oggi si stracciano le vesti e promettono sanzioni ed armi, all’epoca votarono contro. Perché allora annunciare ad ogni pie’ sospinto l’ingresso dell’Ucraina nella Nato, seria minaccia per la Russia, se poi non si è mai avuta l’intenzione di accoglierla nell’alleanza atlantica? Semplicemente per spingere Putin verso un atto di forza, puntualmente realizzatosi.

In proposito, i media occidentali stanno molto insistendo sul fatto che le forze russe non starebbero riuscendo ad ottenere sul campo i risultati sperati. Un’altra comoda menzogna. La Russia sta in realtà limitando la propria capacità offensiva, circoscrivendola agli obiettivi strategici prioritari – come il ricongiungimento delle forze operanti dalla Crimea con quelle nel Donbass, obiettivo che, con la caduta oramai inevitabile di Mariupol, è stato raggiunto.

Lì, a quel che pare, da notizie filtrate qua e là, sembra che stiano operando unità di contractors (una volta si chiamavano mercenari, ma oggi è poco elegante) occidentali: non crediamo che abbiano la capacità di fermare Putin, ma semmai di rendere più feroce un conflitto che in quelle aree è da otto anni una guerra fratricida, con oltre 13mila morti – di cui gli Occidentali hanno finto di non sapere nulla.

L’idea di Putin, lo ribadiamo, è di recuperare i territori orientali dell’Ucraina, etnicamente russi, per poi trattare la pace da una posizione geo-politicamente sostenibile. La pressione sulla capitale ucraina ha un evidente valore politico più che militare, per questo i Russi non hanno nessuna fretta di occuparla, come pure hanno fatto invece di Kherson e di altri importanti centri abitati. Verrà graduata in rapporto al procedere o meno delle trattative in corso.

Questa ovvia verità va contro l’immagine di un Putin folle che vuole conquistare l’Europa, partendo dall’Ucraina. Ma ha un aspetto ancor più insidioso. Lo scopo di Stati Uniti e Nato è quello di far fallire i colloqui tra Ucraina e Russia, evitando che essi trovino, sia pure in un’evidente disparità di forze, un accordo. Vedremo nei prossimi giorni se questo è vero o no.

Si deve fare infatti dell’Ucraina quello che si è fatto, in anni e modi diversi, in Germania, India, Corea, Vietnam, Cipro, Palestina, Iraq, Afghanistan, Siria, Yemen, Libia: creare divisioni e conflitti permanenti, ferite sanguinanti che impegnino forze opposte per decenni, cosicché le forze occidentali, decidendo chi sostenere e chi no, possano mantenere un controllo e un condizionamento permanente sulle aree più delicate del mondo – nella quali magari sono anche in gioco grandi interessi economici, come quelli delle materie prime energetiche.

È la pace sanguinosa dell’intero dopoguerra, pullulante di guerre a bassa intensità. E la chiamano pace! Ma si è detto per decenni, fino al 1991, che questo era il giusto modo di gestire il mondo, perché comunque si preservava la pace in Europa, la ricca Europa consumista e americanizzata. Vediamo che anche questa è menzogna.

Speriamo allora che la gravità di questo conflitto nell’Europa orientale smuova noi Europei a reagire al facile umanitarismo con cui i media propiziano la nostra cattiva coscienza. Speriamo si faccia strada la consapevolezza della strumentalizzazione che stiamo facendo del dramma dell’Ucraina. Un dramma che serve ad impedire, contro ogni possibile, durevole soluzione del problema ucraino, un assetto stabile in Europa orientale, Russia compresa.

Questa strategia, perseguita dal mondo atlantico almeno dal 2014 (ne diventeremo mai consapevoli?), è diretta certo contro la Russia, ma tiene anche in scacco l’intera Europa – assestando un colpo decisivo alla prospettiva di un continente unificato, davvero indipendente e pacificato.

Non possiamo che augurarci che Russia e Ucraina riescano a trovare fra loro, sfuggendo ai condizionamenti esterni, la loro pace, superando questioni etniche, economiche, territoriali – ritrovando le profonde radici comuni. Lo auguriamo a Zelensky, ma anche a Putin. Sarebbe per noi vera lezione di civiltà, di fronte all’ipocrisia dell’Occidente.

Tratto da: clarissa.it 

Foto: it.depositphotos.com

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