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L’America ordina, l’Europa va in guerra

Gli Stati Uniti accusano la Federazione Russa di progettare un intervento armato in Ucraina tramite una false flag. I servizi segreti statunitensi ne avrebbero le prove, che però, come al solito, non sono state rese pubbliche. I governi di tutta Europa organizzano incontri diplomatici e mobilitano truppe per scongiurare la crisi sulla base delle rivelazioni della Casa Bianca. Ci si prepara quindi alla guerra sulla base di informazioni segrete sconosciute all’opinione pubblica europea e fornite da un alleato che nella sua storia recente di informazioni false contro Paesi scomodi ne ha fabbricate parecchie.    

La Repubblica riporta la notizia secondo cui i servizi di intelligence USA avrebbero scoperto, tramite intercettazioni, il piano di Mosca per invadere l’Ucraina: provocare lo scontro per avere un pretesto che giustifichi un attacco su larga scala. Mercoledì 16 o giovedì 17 la data del presunto attacco. La provocazione consisterebbe nell’inscenare un attacco di truppe ucraine contro le repubbliche separatiste del Donbass e permettere così a Mosca di intervenire militarmente.

Questo sarebbe stato il motivo per cui il Presidente USA Joe Biden ha richiesto con urgenza al Presidente russo Vladimir Putin di anticipare il loro colloquio telefonico lo scorso sabato 12 febbraio, dal quale però non sono scaturiti risultati, anche se ne rimangono sconosciuti i dettagli. Al termine del colloquio Washington ha ribadito che “gli Stati Uniti e i nostri alleati imporranno rapidamente un alto costo alla Russia” in caso di attacco russo all’Ucraina.

Le date ipotizzate per l’invasione coinciderebbero con i giorni in cui la Duma, cioè la camera bassa del parlamento della Federazione Russa, dovrebbe prima discutere e poi approvare il riconoscimento ufficiale delle due repubbliche autonome di Donetsk e di Lugansk, resesi indipendenti dall’Ucraina nell’aprile 2014 con l’inizio della pulizia etnica perpetrata ai danni della popolazione di etnia russa dai battaglioni neonazisti legati al governo di Kiev.

Precedentemente, il colloquio tra Putin e il Presidente francese Emmanuel Macron di lunedì 7 e i colloqui formato Normandia di giovedì 10 tra Russia, Ucraina, Francia e Germania sono stati deludenti non fornendo soluzioni all’alta tensione degli ultimi mesi in est Europa.

Sulla scia degli allarmismi generati dagli Stati Uniti che hanno prontamente invitato i propri cittadini a lasciare l’Ucraina a causa dell’ipotetica invasione russa, Gran Bretagna, Germania, Olanda, Spagna, Danimarca, Norvegia, Svezia, Canada, Nuova Zelanda, Marocco, Emirati Arabi, Kuwait, Iraq, Israele, Giappone, Bulgaria, Montenegro, Macedonia del Nord, Croazia e Italia hanno fatto altrettanto. Vari Paesi hanno già ridotto il numero dei loro diplomatici presenti sul territorio ucraino, tra i quali anche la Russia che ha preso tale decisione temendo “possibili provocazioni da parte del regime di Kiev o di paesi terzi”.

La Casa Bianca starebbe inoltre ritirando dal territorio i propri soldati, circa 160, con il compito di “consulenza e addestramento delle forze ucraine”, secondo una nota del portavoce del Pentagono John Kirby, riportata da il Fatto Quotidiano, e sempre il Cremlino ha definito l’approccio forsennato degli Stati Uniti come “isteria arrivata al suo apogeo”. Il Ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov a colloquio con il Segretario di Stato USA Antony Blinken ha “negato che la Russia abbia intenzione di invadere l’Ucraina”.

Le affermazioni del Consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca Jake Sullivan dei giorni scorsi, secondo cui “la Russia sta cercando un pretesto per invadere l’Ucraina”, sono state bollate da Mosca come “disinformazione”.

Anche il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha affermato di avere informazioni diverse rispetto a quelle che gridano ai quattro venti gli USA, inoltre “tutte queste informazioni aiutano solo a creare il panico, non ci aiutano”. Zelensky ha ripetuto nei giorni scorsi che un'invasione russa sarebbe poco probabile.

Sempre il Fatto Quotidiano riporta che secondo il Ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu “gli Stati Uniti dicono che una guerra su larga scala potrebbe scoppiare presto. Ma le fonti russe e bielorusse con cui abbiamo parlato lo negano”.

Per quanto riguarda la situazione ucraina, Mosca vorrebbe tornare agli accordi di Minsk del 2014-2015, tra i cui punti principali ci sono il cessate il fuoco nel Donbass, il ritiro delle armi pesanti e delle truppe dall’area, il riconoscimento da parte del governo di Kiev dell’autonomia delle repubbliche separatiste di Donetsk e di Lugansk e il controllo da parte dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) del rispetto degli accordi.

L’ultima versione degli accordi di Minsk, cioè il Minsk II del 2015, era stata stabilita e firmata dall’Ucraina di Petro Poroshenko, dalla Russia di Vladimir Putin, dalla Francia di François Hollande e dalla Germania di Angela Merkel – il cosiddetto gruppo formato Normandia. L’agenzia stampa RIA Novosti aveva però riportato che il 3 settembre 2021 l’Ucraina si sarebbe “svincolata” dagli accordi a causa di presunte violazioni degli stessi da parte della controparte.

Secondo il Manifesto in questi giorni ci sarebbero state delle proteste a Kiev da parte del Movimento per la Resistenza alla Capitolazione proprio contro gli accordi di Minsk. Tra le fila del movimento vi erano anche gli ultranazionalisti di estrema destra. Il gruppo si oppone al Premier ucraino Zelensky a causa della sua politica di dialogo con la Russia. Secondo il movimento l’Ucraina ha “la possibilità di sconfiggere la Russia sia politicamente, sia militarmente” e “non dobbiamo fare alcuna concessione. Gli accordi di Minsk sono una vittoria per la Russia e una catastrofe per l’Ucraina. Dobbiamo solo dimenticarli”. Ci sarebbero quindi in Ucraina frange politiche pronte a mettere da parte il dialogo, in favore dello scontro militare con la Russia. 

Sul fronte Europa-NATO, le richieste del Cremlino sono l’interruzione di qualsiasi attività militare euro-atlantica nell’Est Europa, il ritiro dei battaglioni multinazionali della NATO presenti in Polonia, negli Stati baltici (Estonia, Lettonia e Lituania), in Romania e Bulgaria e la garanzia ufficiale che l’Ucraina non entrerà nella NATO. Il timore è che l’Alleanza atlantica con la sua politica espansiva ed aggressiva, possa installare dei missili a medio raggio in Ucraina direttamente al confine russo minacciando così la Russia stessa e la sua capitale. In tutta risposta la NATO e gli USA hanno declinato le richieste russe, sostenendo di non poterle attuare, lasciando in questo modo aperta la porta all’entrata dell’Ucraina nell’Alleanza militare atlantica.

Certamente lo schieramento di truppe sul campo è imponente sia da parte russa, con circa 130 mila soldati dispiegati tra Russia e Bielorussia, che da parte NATO e Ucraina, con più di 120 mila militari ucraini vicino al Donbass (secondo il capo della Repubblica Popolare di Donetsk, Denys Pushylin), 6.300 militari in Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia e i 4.000 in Romania. Gli USA invieranno ulteriori 3.000 soldati in Polonia e altri 1.000 soldati statunitensi si stanno spostando. Poi ci sono le truppe degli eserciti europei della NATO che potrebbero essere messe in allerta.

La Francia potrebbe inviare 1.000 militari in Romania e la Gran Bretagna aveva offerto all’Ucraina il supporto di 1.000 soldati britannici.

Molte delle ultime manovre militari, come lo schieramento di 4 battaglioni NATO in Ungheria tra cui uno italiano, sono state decise il 9 febbraio scorso nell’ambito del Consiglio Atlantico. La missione italiana consisterebbe in un battaglione di 1.000 militari dei reparti corazzati di fanteria. Questo battaglione andrebbe ad aggiungersi al contributo militare italiano già operante, cioè il battaglione di 200 alpini presenti in Lettonia e i 150 militari dell’Aeronautica italiana presenti in Romania per il pattugliamento del Mar Nero e del Sud-est europeo.

Le decisioni strategiche della NATO e l’offerta di militari e mezzi da parte dei Paesi dell’Alleanza atlantica arrivano dopo la richiesta di Joe Biden, durante la telefonata di venerdì 11 con gli alleati, per rafforzare la presenza militare nell’Europa dell’Est.

La Russia e la Bielorussia sua alleata hanno svolto le esercitazioni militari congiunte "Risolutezza Alleata 2022" in territorio bielorusso. L’obiettivo sarebbe combattere il terrorismo in teatri urbani, ha scritto Agenzia Nova.

Sabato 12 sono cominciate vicino alla Crimea le esercitazioni militari delle 30 navi della flotta russa del Mar Nero salpate da Sebastopoli e Novorossijsk, come ha scritto l’agenzia Ria.

Anche nel Mediterraneo si stanno svolgendo da giorni esercitazioni navali sia NATO che russe.

La tensione si alza anche nel Pacifico, l’altra sponda del confronto USA-Russia, dove un sottomarino USA è entrato in acque russe nella zona delle isole Curili questo sabato 12 febbraio. Il sottomarino avrebbe ignorato i primi avvertimenti della marina militare russa di allontanarsi ma sarebbe poi stato convinto con “mezzi appropriati”. Il Ministero della Difesa russo, parlando di “grave violazione delle norme internazionali” in riferimento all’accaduto, ha convocato i diplomatici dell’ambasciata statunitense per chiarimenti. In una situazione così delicata un evento del genere appare proprio una provocazione gratuita made in USA.   

Le informazioni dei Servizi Segreti USA riguardanti l’attacco russo all’Ucraina non sono state rese pubbliche e, data la fretta con cui i governi europei si sono mossi, molto probabilmente non sono state nemmeno verificate. Nessuno si è dimenticato della fialetta sventolata al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 5 febbraio 2003 dall’allora Segretario di Stato americano Colin Powell. La fialetta era il simbolo delle “armi di distruzione di massa” possedute dal dittatore Saddam Hussein. Il teatrino inscenato ad arte e le prove false create a tavolino convinsero gli alleati ad entrare in guerra contro l’Iraq nel marzo del 2003 e far cadere il dittatore. Si scoprì in seguito che le “armi di distruzione di massa” di Saddam non esistevano – era stato un pretesto per colpire un Paese scomodo.

Ecco che oggi il teatrino rischia di ripetersi, con nuove prove e nuovi nemici brutti e cattivi da abbattere per il bene del mondo occidentale. Solo che questa volta non parliamo più di un dittatore di uno stato semi emarginato dalla scena internazionale, ma parliamo di una potenza regionale con un arsenale militare paragonabile a quello statunitense, testate atomiche incluse. 

La Casa Bianca, Joe Biden e la NATO chiedono agli europei un maggior coinvolgimento militare per fare pressione sulla Russia. L’augurio è, nonostante sia difficile fidarsi, che ciò che la propaganda statunitense sta attribuendo alla Russia, cioè una guerra con l’Ucraina per mezzo di una provocazione, non sia ciò che invece vorrebbero fare gli Stati Uniti stessi per entrare in guerra, con tutta la NATO, contro la Russia. Ma i toni di guerra dei vertici di USA, Gran Bretagna e NATO fanno presagire proprio questo.

Una guerra contro Mosca nata da false prove e falsi pretesti andrebbe contro il trattato della NATO, contro la Carta delle Nazioni Unite e, per l’Italia, contro l’articolo 11 della Costituzione italiana per cui “l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Non solo, ma se l’Italia, che sta fornendo soldati e mezzi alla NATO, entrasse in una guerra continentale dai risvolti catastrofici sulla base di prove false, tutti gli attori della politica italiana coinvolti, dal Ministro della Difesa Lorenzo Guerini, al Presidente del Consiglio Mario Draghi e al Presidente della Repubblica (capo di tutte le forze armate del nostro Paese) Sergio Mattarella si renderebbero responsabili di un grave crimine nei confronti della Costituzione italiana e del Popolo italiano.

Foto: it.depositphotos.com

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