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Al contrario della versione ufficiale, numerose testimonianze puntano il dito sui Carabineros

Si vivono momenti di alta tensione in Cile, dopo la morte di Denisse Cortés (in foto), avvocato attivista di diritti umani. La donna è stata ferita dai Carabineros, durante la Marcia della Resistenza Indigena questa domenica mattina, e pochi istanti fa - mentre redigevamo questo articolo - la famiglia ha confermato il suo decesso. L'avvocatessa lavorava nell’Ufficio del Difensore Civico e si trovava in Piazza Baquedano, nota anche come 'Piazza de la Dignidad, per partecipare alla manifestazione nella zona di La Alameda, a Santiago, capitale del Cile.
Denisse Cortés faceva parte dell'Università Accademia di Umanesimo Cristiano del Cile. Appresa la notizia della sua morte, l'istituzione ha emesso il seguente comunicato: "Era presente facendo parte delle brigate di assistenza legale". La donna, di 43 anni, è deceduta ore dopo essere rimasta ferita. "Sottolineiamo l’impegno sociale di Denisse e la sua permanente difesa dei Diritti Umani, in diversi organismi di difesa della salute e di difesa legale", si legge nel comunicato.
Sebbene la versione ufficiale, che è quella diffusa dal mainstream, indica che la donna sarebbe stata colpita dall'impatto di fuochi d'artificio lanciati contro la polizia, la versione che proviene dai manifestanti e movimenti sociali, segnalano che è stata ferita da una bomba di gas lacrimogeno al collo. Quel che è certo è che dopo essere stata trasportata di urgenza all'Ospedale di Urgenza Assistenza Pubblica -, è deceduta nel pomeriggio durante un intervento chirurgico.
La stampa locale ha riferito che, secondo la versione che vede responsabili i Carabineros, la donna non è stata assistita come avrebbe dovuto, ma soltanto alcuni manifestanti le hanno prestato ausilio.





La Polizia ha avviato le indagini. Il caso è stato affidato al pubblico ministero Macarena Cañas, della Procura Metropolitana Centro Nord.
Dopo il decesso, in queste ore, la gente è scesa in strada e accorrono in massa alla camera ardente. Ci sono delle barricate nelle vicinanze del luogo dove è avvenuta la repressione.
Durante la manifestazione ci sono stati circa dieci detenuti ed una ventina di Carabineros feriti.
Circa 60 persone sono state assassinate dalle forze di polizia del regime di Sebastián Piñera che fino a questo momento, dall’inizio delle rivolte popolari, è rimasto al potere, a dispetto di ogni prognostico, a dispetto delle sue politiche sociali nefaste, ed a dispetto dell'impunità con la quale governa su una nazione intera. Il Cile sanguina, asfissiata nelle mani di un potere che non smette di premere il grilletto, di colpire, abusare ed ammazzare la gente che nel suo legittimo diritto e dovere cittadino, si ferma nelle piazze, cammina per le strade e grida intensamente contro l'ingiustizia che si vede costretto a soffrire ogni giorno, perché chi governa non cede, non vogliono, non perdono, e non lasciano vivere.
Quanti morti e quante morte dovrà ancora piangere il Cile, prima che sia fatta giustizia, ed il pupazzo fascista sia deposto dal suo incarico - che è completamente incapace di portare avanti - e sia messo di fronte alle sue responsabilità dinanzi alla giustizia per le sue azioni?
Non più morti, non più silenzio, non più sangue. Viva il popolo cileno, figlio di Allende e di una nuova società più giusta. Perché la giustizia, prima o poi, sarà solamente in mano del popolo.
(10 Ottobre 2021)

Foto: elperiodista.com/Facebook

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