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Un uomo sotto processo che semina domande ovunque minacce di morte risalenti al 2017, neonazismo, pornografia infantile e transfemminicidi nel mirino

Come una sorte di maledizione nata ed orchestrata, sicuramente, dagli angoli più profondi e stantii delle ideologie di estrema destra (ed antidemocratiche) che si materializzano quando uno meno se lo aspetta nelle società moderne, nei giorni scorsi, è uscita allo scoperto pubblicamente, improvvisamente, una notizia strettamente legata ad un gruppo estremista - che si autodefinisce Comando Barneix- che quattro anni si è reso autore di una serie di gravi atti intimidatori, specificatamente diretti ad attivisti e professionisti - uruguaiani e stranieri, tra cui una l’investigatrice italiana Francesca Lessa - che ha  lavorat5o in difesa dei Diritti Umani e denunciato i delitti di lesa umanità commessi dai militari durante la dittatura civile-militare in Uruguay.

Ripercorriamo il tutto: non pochi giorni fa noi uruguaiani siamo venuti a conoscenza che è stato arrestato un uomo nel corso di indagini relative al Comando Barneix; le indagini hanno permesso, inoltre, di portare alla luce un intricato caso di pornografia infantile e probabilmente cinque transfemminicidi.

Le autorità giudiziarie – a seguito delle evidenze riscontrate e alle perquisizioni realizzate – hanno concluso che il soggetto era strettamente legato al gruppo Barneix, apparentemente nel ruolo di fondatore e massimo dirigente. Quindi i passi immediatamente successivi sono stati la formalizzazione delle accuse e la detenzione in carcere in attesa di processo.  

La persona in questione è un uomo di 34 anni, che secondo alcuni mezzi di comunicazione della città è stato identificato come Nicolás Gonella Neyra che è stato imputato (come da sentenza dettata dalla giudice Ana de Salterain e su richiesta del procuratore Fiscal Luis Pacheco) di “un reato di violenza privata, aggravata dall’essere stato commesso in forma anonima, attraverso la forza intimidatoria di associazioni segrete esistenti o presunte”. Il procuratore Pacheco nella sua richiesta di processo ha specificato che “si intende applicabile la figura della violenza privata, poiché le minacce - dirette tra l’altro a magistrati ed avvocati -  erano finalizzate ad obbligare questi a tollerare, fare o lasciar fare determinati comportamenti nell’ambito delle loro competenze”.

Ma all’accusa del giudice di Salterain, su istanza della procuratrice Sylvia Lovesio, si sono aggiunte altre imputazioni per i reati di istigazione a delinquere, apologia di reato, incitamento all’odio e possesso di materiale pedopornografico, è stata disposta la custodia cautelare in carcere per 180 giorni, mentre proseguono le indagini.

Questa la situazione rispetto al Comando mediatico, le cui azioni e la cui presenza risalgono al 2017, pochi mesi prima che venisse approvato il nuovo codice di procedura penale.

Ricordiamo inoltre che il cosiddetto Comando Barneix ha preso il nome dal militare uruguaiano in pensione Pedro Barneix (in foto), al quale è stato attribuito l’assassinio di un militante di sinistra ai tempi della dittatura militare. Questo militare, insieme al generale Carlos Diaz, è stato membro di una commissione interna dell’Esercito, alla quale l’ex Presidente della Repubblica, Tabaré Vázquez, commissionò - durante il suo primo mandato - di indagare sul destino dei detenuti desaparecidos durante la dittatura civile-militare. Tuttavia, anziché fungere da tassello fondamentale per il chiarimento dei casi di persone scomparse, è risultato essere implicato proprio in questi delitti e di conseguenza le indagini lo hanno portato, nel settembre del 2015, a processo come richiesto dalla giudice Beatriz Larrieu, per l’omicidio politico di Aldo Perrini commesso nel 1974. Quando la polizia si è recata al domicilio di Barneix, per condurlo in carcere, lo trovarono morto suicida.

Sicuramente questo episodio ha posto le basi per la creazione del Comando Barneix, il quale affermò che avrebbero ucciso tre persone da una lista selezionata  da loro stessi, per ogni militare che si suicida dopo essere stato condannato? Non ne abbiamo la certezza. Forse il Comando o l’ideologia esisteva già, o forse la sua denominazione è posteriore all’autoeliminazione di Barneix? Non ne abbiamo la certezza. Chi componeva il Comando Barneix a quell’epoca? Non lo sappiamo ancora con certezza.

Chi ha stilato questa lista di persone (minacciate)? Erano figure di rilievo dell’epoca: l’ex ministro della Difesa (ormai defunto), Jorge Menéndez, il pubblico ministero Jorge Díaz, l’ex procuratore e poi direttore dell’Istituto Nazionale per i Diritti Umani Mirtha Guianze, la professoressa ed ex vice cancelliere Belela Herrera, gli avvocati Óscar López Goldaracena, Pablo Chargoñia, Juan Errandoena, Federico Álvarez Petraglia, Juan Fagúndez e Hebe Martínez Burlé, il giurista francese Louis Joinet, l’attivista brasiliano Jair Kirshke e la ricercatrice italiana specializzata in diritti umani Francesca Lessa.

Seguendo il filo che quell’uomo di 34 anni, sia il responsabile delle minacce, il Pubblico Ministero Pacheco afferma nella sua richiesta di accusa che “la somiglianza di contenuti, stile di scrittura, lettere maiuscole, punteggiatura, punti esclamativi e citazioni bibliche” mostrano che “è evidente che si tratta della stessa persona”. In questo senso amplia le sue motivazioni confermando che, durante una perquisizione effettuata a casa dell’imputato a giugno di quest’anno da parte degli investigatori di Asuntos Internos, sono stati sequestrati più di un milione di pratiche, a cui si è aggiunta una perizia realizzata dalla Polizia Scientifica che, dopo aver esaminato il materiale, ha dichiarato “di aver trovato una gran quantità di file relativi alle persone destinatarie delle minacce”.

Si precisa inoltre: “Le perizie realizzate - sempre dalla Polizia Scientifica - hanno constatato che l’indagato ha accesso al dominio oggetto di indagini tramite i suoi  dispositivi (TOR, dal quale sono state inviate le minacce) e al momento del sequestro uno dei suoi computer stava utilizzando tale dominio, con un link al sistema di invio di mail della stessa natura di quelli utilizzati per le minacce” (forse significa che si apprestava ad inviare altre mail di minaccia proprio nel momento dell’irruzione?).

È emerso anche che l’imputato dichiarava, in diverse pubblicazioni, di provenire dall’impero Celtico Goneliense, del quale ha diffuso una Costituzione e del quale si presentava come presidente. Il Pubblico Ministero Pacheco ha segnalato che l’imputato, dal suo blog, sosteneva i militari processati che ebbero un qualche ruolo durante la dittatura, assegnando decorazioni ai generali Miguel Dalmao (deceduto per una insufficienza cardiaca) e Pedro Barneix, a cui dava il titolo di Duca.

Allo stesso modo, nella richiesta di rinvio a giudizio, questa volta del Pubblico Ministero Silvia Lovesio, si afferma che l’accusato “festeggiò” la morte dell’ex presidente Tabaré Vázquez, annunciando che il successivo sarebbe stato José Mujica; e rispetto all’attuale capo di Stato Luis Lacalle Pou, secondo l’indagato, stava “effettuando su di lui un controllo continuo”.

Per il procuratore Lovesio, tra gli averi personali dell’imputato, ha richiamato la sua attenzione un indirizzo IP che lo collega ad Amanecer Dorado (Alba Dorata), una organizzazione dichiarata criminale nell’ottobre passato in Grecia, che è arrivata ad avere una rappresentanza legislativa sia in quel paese sia nel Parlamento Europeo. Ovviamente, se tutto ciò fosse confermato, l’imputato avrebbe stretti legami con una delle organizzazioni neonaziste più antiche ed ancora esistenti in Europa, che sostiene l’instaurazione di una dittatura militare in Grecia e che vede, tra le sue fila, diversi soggetti processati per omicidio ed i cui membri salutano con la mano destra alzata, proprio come nella Germania nazista. Conclude la procuratrice Lovesio dicendo che l’imputato “pretendeva di restaurare la monarchia tradizionale, combattere l’immigrazione, proibire l’aborto, i metodi contraccettivi, le degenerazioni sessuali, i matrimoni misti tra religioni e razze diverse, e combattere la comunità LGBT”.

Dato molto curioso e significativo, è che queste minacce si sono concretizzate un anno dopo dalla denuncia di un furto effettuato all’interno degli uffici del Gruppo di Indagine in Archeologia Forense dell’Uruguay (GIAF). I suoi dipendenti erano stati già minacciati. Tanto il furto quanto le minacce furono coperte dal manto della impunità, poiché le indagini (se veramente approfondite) non diedero esitio positivo.

E come se non bastasse, in quel periodo furono perpetrati attentati contro i monumenti commemorativi, situati in differenti punti dentro e fuori della città di Montevideo, memoriali che ricordavano le stragi commesse dalla dittatura civile-militare tra il 1973 ed il 1985.

Il Comando Barneix, appena quattro anni dopo essersi presentato in società, con la cattura dell’uomo trentaquattrenne, sarebbe caduto nella rete della Giustizia? Non lo sappiamo ancora. La voce principale e l’unica coinvolta, ad oggi, risulta essere questo trentenne che, in base a quanto si sa, è uno studente di medicina che sembra collegato una terza causa, relativa ad un messaggio di whatsapp diffuso durante la campagna elettorale del 2019, in cui invitava a votare per Lacalle Pou, a nome dell’attuale senatore e leader di Cabildo Abierto, Guido Manini Ríos. Bisogna sottolineare che questa persona era già stata processata nel 2015 per incitamento all’odio, al disprezzo o alla violenza nei confronti di determinate persone.

Nella richiesta di rinvio a giudizio, il Pubblico Ministero Pacheco sostiene che sussistono elementi convincenti per ritenere che l’uomo catturato è il presunto autore delle minacce proferite nel 2017; e che, sebbene l’indagato non fece nessuna dichiarazione, il Procuratore rende noto che dispone di “numerosi indizi concordanti ed inequivocabili” che portano ad attribuire al soggetto la responsabilità dei fatti. Pacheco afferma anche che è “parzialmente dimostrato” che l’indagato abbia creato successivamente altri blogs, con diverse denominazioni e con nomi utente diversi, nei quali pubblica affermazioni e rivendicazioni dello stesso tenore delle mail del comando incriminato.

La società uruguaiana non è stata colta di sorpresa né dalla notizia della cattura del presunto capobanda del Comando Barneix, né dalla cattiva notizia che questo personaggio detenesse, nel suo computer, materiale pedopornografico e foto di dittatori.

Per ciò che riguarda la pedopornografia è emerso che “in uno solo degli hard disk vi erano più di un milione e duecentomila files, riconducibili alla pornografia infantile: bambine nude legate, violentate, bambine alle quali è stato celato il viso per applicarci il viso di una bambina che sembra essere dell’ambiente del N.G., mentre in altre foto, ha collocato la sua fotografia utilizzando applicazioni per cambiarne il genere e l’età”.

I giudici ed i procuratori hanno ritenuto i contenuti del computer, sequestrato all’indagato, altamente preoccupanti, per quello che concerne strettamente la sua ideologia: “nelle immagini contenute nei dispositivi dell’imputato si trovano foto di ex ed attuali dirigenti del nostro paese”, ed anche “foto di giudici, procuratori, ex militari condannati, personaggi pubblici, foto di dittatori come Hitler, Franco, Pinochet, gruppi neonazisti, Ku Ku Klan”; ma anche “di gruppi terroristi legati a massacri mondiali; tutte immagini contestualizzate da opinioni di contenuto ideologico e contro l’ordine pubblico (...). Al tempo stesso l’indagato si proclama ed incita, attraverso le sue pubblicazioni nei social, a combattere l’istituzionalità e legalità dello Stato democratico, fomentando la lotta a tutte le idee contrarie al suo pensiero fascista, neonazista, antisemita e misogino”.

Il trentaquattrenne aggiunge alle sue imputazioni, per azioni sempre legate al Comando Barneix, il fatto di attribuirsi, in un blog, la paternità di cinque assassini di donne trans (risalenti al 2011 e 2012) che al momento sono sotto indagine. Ed è il caso far sapere che, nonostante la giustizia non si sia ancora espressa in merito, la portavoce del Colectivo Trans dell’Uruguay, Colette Spinetti, ha dichiarato alla stampa uruguaiana:  “Ieri abbiamo avuto questa notizia.  E dobbiamo muoverci con cautela, in quanto la Giustizia deve seguire il suo percorso, deve fare le sue indagini e vedere se realmente è così, come dichiara nel suo blog”, osservando che da diversi anni riscontrano somiglianze tra i diversi transfemminicidi. A questo proposito, ha ricordato di essere stata una delle prime a segnalare che in diversi omicidi di donne trans, resi pubblici, le vittime presentavano un colpo alla nuca ed il corpo mutilato. “Ci sono diverse somiglianze nei corpi ritrovati, ecco perché si sostiene la teoria dell’assassino seriale”. Tra gli ultimi omicidi trans, Colette Spinetti, ha ricordato i tre commessi nella zona del Prado: quello nel quartiere La Aguada, i due nel Parco Roosevelt e quello nel dipartimento di Cerro Largo, nella città di Melo.

Per ultimo, la ciliegina sulla torta in questa storia che non è un film, la fornisce la difesa dell’imputato: una volta che la Difesa ha disposto la perizia psichiatrica con urgenza,  dichiara di avere seri dubbi che il loro assistito possa essere imputabile di delitti. La base di questa posizione sta nel fatto che per questioni sindacali, il patrocinio non è stato periziato da professionisti dell’Istituto Tecnico Forense bensì da un medico psichiatra dell’Ospedale di Vilardebó, su espressa richiesta del procuratore Lovesio. Il parere della professionista è stato il seguente: “Paziente senza elementi di acume”, che significa: imputabile di delitti. Di conseguenza la difesa ha chiesto una nuova perizia all’organo competente.

I dottori Diego De Pazos ed Ignacio Arispe, rivendicano la non imputabilità dell’imputato e sostengono: “Non ci sono elementi che provano quel legame (con le minacce del Comando Barneix ndr) nè in veste di componente, né in veste di leader di quel comando. Nei files ritrovati durante la perquisizione, emerge solamente che il nostro assistito nomina il Comando Barneix in conversazioni con altra persona, e si sottolinea che l’imputato si riferisce, nelle sue chiacchierate, alla creazione di una comunità celtica creata dalla sua immaginazione, aggiungendo che il racconto dell’imputato, è fantasioso ed il suo contenuto  ha sfumature riconducibili al suo pensiero politico”.

Dal lato opposto, l’avvocato penalista Óscar López Goldarecena, presente nella lista delle persone minacciate, ha dichiarato al giornale El País che “dalle indagini sul caso emerge che dovrebbero essere indagate personalità spagnole per i loro legami” con l’imputato, aggiungendo che l’imputato aveva contatti con gruppi neonazisti e di estrema destra uruguaiani e che è, nel pieno delle sue capacità mentali e che non ha agito da solo. “Come ha potuto ottenere i dati dei cellulari del personale subalterno e dell’Esercito?” si domanda.

Il caso Barneix trabocca di interrogativi che portano - con certezza inesorabile-  a concludere che non sarebbe eccessiva o irrazionale la teoria in base alla quale dietro il trentaquattrenne ci sarebbe una serie di personaggi coinvolti, spazzando via inequivocabilmente qualsiasi possibilità di imputabilità. È già difficile sostenere pubblicamente che tutto ciò riguarda una sola persona; solo l’essenza della ideologia, ispiratrice delle minacce (senza considerare la pedopornografia e gli eventuali cinque transfemminicidi) ci fa venire i brividi. Quattro anni fa le minacce erano vere, il furto negli uffici di Gafai era vero, come è vero che esiste una eccessiva ed evidente cultura dell’impunità, sempre intorno a chi ha attentato contro la Costituzione della Repubblica, aprendo le porte del Parlamento Nazionale, per dare forma al colpo di Stato, cioè ad una dittatura civile militare, dato che il potere civile non era esente dal terrorismo di Stato che si esercitava.

Quali nomi e cognomi c’erano e ci sono dietro il cosiddetto Comando Barneix? Quali intricate ragnatele di indagini poliziesche e giudiziarie sono state intessute affinché in una amministrazione, che non è proprio della sinistra unita (come si sarebbe supposto accadesse), venissero alla luce i panni sporchi di una estrema destra, recalcitrante e superba, di maledette impunità? L’uomo di 34 anni rappresenta tutto il Comando Barneix o solo la punta di un iceberg, nascosto ed antidemocratico, infiltrato nelle stesse viscere della società uruguaiana e proprio sotto al nostro naso? Dobbiamo aspettarci altre vicende, riguardo a questo soggetto, o dovremo accontentarci di quelle che sono emerse finora?

La lotta contro una cultura dell’impunità fa parte della rabbiosa e legittimo richiesta di giustizia, che  spetta noi  come cittadini e come giornalisti nel caso Barneix, affinché la giustizia sia tale e non una chimera, o addirittura una mera dialettica, legata solo ad un nome o ad un cognome.

Perché c’è di più; questo è sicuro.

Foto di copertina: elecodigital.com.uy

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