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Deceduto ex Cancelliere della dittatura militare uruguaiana; era condannato per crimini di lesa umanità

È deceduto nella notte di domenica 22 agosto l'ex cancelliere della dittatura civile-militare uruguaiana, Juan Carlos Blanco. Aveva 87 anni, era ai domiciliari nella sua abitazione di Montevideo, capitale dell'Uruguay, per le sue responsabilità nei crimini di lesa umanità, e recentemente processato in Italia nel processo Condor.

La morte di tutti coloro che furono protagonisti della dittatura, dovunque e in qualsiasi momento - e questo personaggio non fa eccezione - non suscita in noi cordoglio, né tantomeno riconoscimenti o dispiacere. Semplicemente diamo la notizia, perché, in realtà, ha un altro significato per noi che segnaliamo e denunciamo gli scagnozzi delle dittature in America latina, che facevano parte del Piano Condor.    

E Blanco era proprio un esponente di quell'apparato di repressione, made in Usa, che dilagò nella nostra regione, tessendo ragnatele di morte e tortura, su migliaia e migliaia di persone, il cui unico crimine, oltre ad imbracciare le armi (cosa che si rese inevitabile), era quello di pensare diversamente da chi, con sangue e piombo, interruppe processi democratici e governi legittimi e costituzionali, nel Río de la Plata e paesi vicini. 

Juan Carlos Blanco era conosciuto, da quando fu stabilito l'autoritarismo civico-militare antidemocratico in Uruguay, come il ministro di Relazioni Estere della dittatura: il Cancelliere dei ‘milicos’ (militari). “Il Cancelliere sposato con i ‘milicos’; l'ex Cancelliere che ebbe molto a che vedere con molte morti, tra esse quella della maestra Elena Quinteros, dei legislatori uruguaiani Zelmar Michelini e Héctor Gutiérrez Ruiz e dei tupamaros Rosario Barredo e William Whitelaw”.

Come si ricorderà, Blanco assunse l’incarico di cancelliere a fianco dell'allora presidente Juan María Bordaberry nel 1972, continuando nell’incarico dopo il colpo di Stato del 27 giugno 1973 fino all'anno 1976, momento in cui fu designato ambasciatore all'ONU, tra il 1982 e il 1985. 

Il suo curriculum processuale fa tremare, perché mette a nudo il grado di compromesso della classe politica degli anni ‘70 con la casta militare, al momento di prendere il controllo del Parlamento nazionale e limitare libertà e vite. 

Nel 2002 Blanco fu processato e condannato a custodia cautelare per la sparizione e posteriore assassinio della maestra Elena Quinteros, finché nel 2003 gli fu concessa la libertà provvisoria. Successivamente, nel novembre del 2006, il giudice penale Roberto Timbal lo sottopose nuovamente a processo, disponendo la custodia cautelare. Stessa sorte toccò al suo principale mentore, Juan María Bordaberry, per gli assassinii di Michelini, Gutiérrez, Barredo e Whitelaw, a Buenos Aires, nel maggio del 1976. Il Tribunale d’Appello, recentemente nel 2017, confermò l’avvio del processo a suo carico per questa causa. Successivamente, la giustizia italiana lo ha condannato all’ergastolo per la morte di cittadini italiani nell’ambito del processo Condor, insieme a militari di altri paesi sudamericani, anche loro imputati in detto processo. 

Insieme a Blanco, furono condannati all’ergastolo i militari uruguaiani Néstor Tróccoli, José Ricardo Arab Fernández, Juan Carlos Larcebeau Aguirregaray, Pedro Antonio Mato Narbondo, Ricardo José Medina Blanco, Ernesto Abelino Ramas Pereira, José Sande Lima, Jorge Alberto Silveira Quesada, Ernesto Soca e Gilberto Vázquez. E solo a metà del 2021 la Corte suprema, in Italia, ha confermato la sentenza. Da ricordare che gli ex militari Luis Alfredo Maurente Mata e José Nino Gavazzo, anche loro condannati, sono deceduti: uno nel 2020 e l'altro quest’anno.  

La figura di Juan Carlos Blanco era strettamente legata alla vita politica uruguaiana: nacque a Montevideo il 19 giugno 1934 nel seno di una famiglia impegnata per anni in un'intensa attività politica, al punto che suo padre, i suoi zii ed un nonno occuparono rilevanti incarichi pubblici, in governi ‘colorados’ (Partito Colorado) dalla fine del XIX secolo. Ma in questo caso, Juan Carlos Blanco andò oltre, partecipando alla rottura istituzionale del 1973, entrando a far parte del ‘pachequismo’ (L'Unione Colorada e Battlista) all’interno dello stesso Partito Colorado. 

Quindi, la sua partecipazione alla vita politica nazionale dagli inizi dell'anno ‘70 fino all’arrivo della democrazia, fu il terreno fertile di una traiettoria di criminalità e delitti contro la vita umana (e contro la Costituzione), al punto che Blanco, oggi, non viene onorato né stimato. Purtroppo, la sua traiettoria umana è stata al servizio di un autoritarismo macchiato di sangue. Il sangue di concittadini che la pensavano in maniera diversa da lui, che lui non difese né intercedette per proteggere le loro vite. Juan Carlos Blanco non fu autore materiale di esecuzioni o torture, ma fu mandante e complice di quelle barbarie, perché con la sua indifferenza - ed il suo silenzio – contribuì, nella posizione in cui si trovava, alla scomparsa di persone e alla loro rispettiva morte. 

Seduto sulla poltrona del potere civile, le sue mani si sono macchiate di sangue. Oggi, in conseguenza, la sua morte non rappresenta per noi una perdita; ma rappresenta ancora una volta la detestabile circostanza che i responsabili di quei crimini muoiono, seppure processati, godendo dei domiciliari agevolati dalla cultura dell'impunità, e si portano nella tomba segreti (nomi e cognomi di altri coinvolti), e verità di quei giorni del terrore. 

Ed anche in questo Juan Carlos Blanco non è stato l'eccezione. Perché in definitiva, per gli atti commessi, era semplicemente un altro repressore.

In foto: Juan Carlos Bianco, al suo ingresso in tribunale (archivio) giugno 2010 © La Diaria, di Victoria Rodríguez

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