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Gruppo di Puebla e le sfide della politica latinoamericana

Eroe per alcuni, furfante per altri, Baltasar Garzón (in foto), senza dubbio, rimarrà nella storia della lotta per i diritti umani come un personaggio ciclotimico, polemico. “Nessuno è profeta nella propria terra”, recita il detto. Mediante processo, fu inabilitato ad esercitare come giudice nella sua Spagna natale, ma la sua figura riscosse fama internazionale a seguito dell'ordine di arresto contro Augusto Pinochet. Il suo ruolo di protagonista durante la persecuzione contro giornalisti e militanti dell'indipendenza basca, il suo ruolo come consulente dei presidenti Uribe e Santos per la presunta smobilitazione paramilitare in Colombia, costituiscono una parte di quel lato ambiguo che è necessario fare emergere. Oggi il suo profilo mediatico abbraccia il coordinamento della difesa di Julián Assange. La sua breve incursione nella politica lo avvicinò al progressismo latinoamericano. In una sorta di dichiarazione di principi, l'ex giudice, espose in un articolo del quotidiano Pagina 12, la visione del Gruppo di Puebla e le sfide della politica latinoamericana.
"Da un'ottica progressista, costruire un'alternativa credibile che propizi il nuovo e necessario benessere della società, esige un lavoro comune affinché le cose cambino e, ancora prima, bisogna riconoscere la realtà in cui viviamo come primo passo per trasformarla. È questo che penso e così l’ho espresso nel mio libro ‘La encrucijada’. È lo stesso spirito che ispira il Gruppo di Puebla, l'organizzazione creata da leader progressisti dell'America Latina e Spagna che cerca di invertire l'inquietante situazione del continente", afferma Garzón.
Riusciranno a invertire la situazione dell'America Latina questi leader progressisti, molti di loro spesso messi in discussione, per dare una continuità a politiche di stato che siano funzionali ai diritti più basilari delle persone?
Il gruppo di Puebla è costituito da 47 leader politici di quindici paesi e dal Consiglio Latinoamericano di Giustizia e Democrazia (nel quale Garzón ha un proprio ruolo), e stabilisce un asse che abbraccia Buenos Aires - Montevideo-Brasile - la Paz – Ecuador – Colombia - città di Messico - Santiago del Cile, e che attualmente conta con più di 100 membri.
Tra le sue figure principali spiccano il presidente dell'Argentina, Alberto Fernández, e gli ex presidenti della Colombia, Ernesto Samper il quale, insieme al politico cileno Segno Enríquez-Ominami, coordinatore dello stesso e l'ex ministro brasiliano Aloisio Mercadante, sono i motori del gruppo; gli ex presidenti del Brasile, Luiz Ignacio Lula dà Silva e Dilma Rousseff; della Bolivia, Evo Morales; della Spagna, José Luis Rodríguez Zapatero; del Paraguay, Fernando Lugo, e dell'Uruguay, José Mujica, oltre a decine di dirigenti ibero-americani.
Conta anche con un consiglio consultivo di personalità come il filosofo statunitense Noam Chomsky, la scrittrice canadese Naomí Klein, il Premio Nobel per l’Economía Joseph Stiglitz, l'economista greco Yanis Varoufakis, l'ex cancelliere brasiliano Celso Amorim, l'attore messicano Gael García Bernal, l'ex presidente ecuadoriano Rafael Correa o l'attivista indio Arundhati Roy.
Secondo Garzón, gli obiettivi del Gruppo di Puebla si concentrano nell’offrire supporto a strutture regionali, separandoli da quelli che cercano di generare in America latina una cultura di servilismo, rafforzando il fronte politico, di fronte al diritto e ad un'economia.
"Gli strumenti per metterlo in pratica devono avere conto della difesa del medioambiente, della madre terra e dei popoli originari, le donne, i minorenni, e dando un ruolo di protagonista alla società civile e ai movimenti sociali", aggiunge.
Alla fine del mese di gennaio il gruppo di Puebla decise di presentare un manifesto che segnerà la strada per la ripresa del continente secondo Garzón. Il nemico comune eletto è la pandemia e ciò che ci muove è la solidarietà.
"La regione sta soffrendo una perdita irreparabile di vite umane e ha visto peggiorare la crisi economica e sociale che si veniva trascinando da anni. I colpi soavi inflitti contro i governi progressisti in differenti nazioni hanno molto a che vedere con queste disuguaglianze e questa decadimento per i più deboli”.
E aggiunge una ricetta: "Gli strumenti per superare la situazione sono da un lato la scienza, mediante la somministrazione universale di vaccini efficaci e sicuri, che mettano fine allo sfruttamento interessato delle grandi compagnie farmaceutiche che ingigantiscono la disuguaglianza tra chi più ha e quelli che hanno meno; misure socioeconomiche di sostegno alla popolazione più vulnerabile e un nuovo modello di economia solidale”.
Potrà quel così tanto inneggiato sostegno alla società più vulnerabile superare quel divario la divide il settore più ricco, se fino a questo momento non è si è mai riusciti ancora a attuare nel continente in modo effettivo, massivo e duraturo?
In che modo sono stati messi in pratica centinaia di discorsi di molti dei membri di Puebla, molti di loro un tempo già presidenti?
Che potere reale hanno questi dirigenti?
"Per il Gruppo di Puebla, quello che ha scatenato questa situazione trova radici profonde nel modello neoliberale sostenuto dal finanziamento di capitale che promuove la disuguaglianza estrema e la precarietà del mercato lavorativo; rende fragile lo stato di benessere e la democrazia; mina diritti sociali; minaccia il medioambiente; scivola in frequenti crisi economiche e ha reso incompatibili la crescita sostenibile e la giustizia sociale”.
Siamo ben consapevoli della situazione in cui ci troviamo, e la storia di saccheggio delle economie è ricorrente. Quante volte dobbiamo giustificare il punto dove ci troviamo come punto di partenza? Quante volte dovranno promettere ricette magiche, nuovi principi, nuove alleanze con le stesse facce?
Secondo l'ex magistrato, il Gruppo di Puebla diffonde preoccupazione di fronte all'avanzamento dell'estrema destra nel mondo, e che è necessario un quadro normativo che ci tenga lontani da questa ideologia e ponga la Polonia, Ungheria e Spagna come significativi esempi.
"Se l'ultradestra sta agendo in modo coordinato in differenti angoli del globo, i progressisti dobbiamo unirci ugualmente per difendere la democrazia, la nostra libertà, i diritti umani ed il medioambiente. È il nostro dovere come democratici, perché sappiamo già dove porta quella strada lungo la quale ci vogliono trascinare nuovamente i fascisti. Finì in Auschwitz,a Dachau, Buchenwald, Mauthausen-Gusen, finì nelle camere a gas e nei crematori, finì nell'ESMA e nei voli della morte, finì in Villa Grimaldi ed in Colonia Dignidad".
Un altro punto fondamentale è il Lawfare, che è diventata un’arma molto potente in questo tempo, esclama Garzón. "La perversione della giustizia si produce quando si dimentica che il diritto è uno strumento di pacificazione sociale e facilitatore della convivenza umana e non un’arma per sconfiggere politicamente l’opposizione. E bisogna avere sempre presente in ogni procedimento giudiziario che i diritti umani sono oggi l'essenza stessa del diritto”.
Garzón è convinto, nella sua idea, che "il progressismo umanista", sia il motore che può cambiare il mondo.
"È un compito arduo ma indispensabile e consiste innanzitutto nel prendere coscienza del valore dell'essere umano al di sopra di qualsiasi altra considerazione e di proteggere i movimenti sociali e la libera espressione della protesta pacifica e costruttiva", afferma Garzón.
Auguriamo che le sue parole possano essere messe in pratica. Che possano tradursi in un processo culturale finora rimandato da pianificazioni machiavelliche pre e post dittatura.
I segni di ripresa iniziano a essere visibili in questo momento sulle strade di Abya Yala. I popoli stanno recuperando la loro memoria. Chissà che alla retorica della penna subentri la scesa in campo, nelle strade, di quelle figure in giacca e cravatta, e manifestare insieme alla gente, perché anche loro sono popolo, così come lo capirono i grandi martiri della storia.

Foto © UPO - Universidad Pablo de Olavide is licensed under CC BY-NC-ND 2.0

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