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Innalzare il numero delle testate nucleari per fronteggiare minacce alla sicurezza “in continua evoluzione”. E’ questa l’intenzione del primo ministro inglese Boris Johnson (in foto) che in un documento di 111 pagine, l’Integrated Defense Review, riscrive profondamente la visione strategica del paese.
“Sono profondamente ottimista riguardo alla posizione del Regno Unito nel mondo e alla nostra capacità di cogliere le opportunità future. L'ingegnosità dei nostri cittadini e la forza della nostra Unione si combineranno con i nostri partenariati internazionali, le forze armate modernizzate e una nuova agenda verde, consentendoci di guardare avanti con fiducia mentre plasmiamo il mondo del futuro”. 
E’ chiaro che non saranno accordi di pace, un nuovo sistema produttivo o una nuova visione del mondo a salvare la Gran Bretagna dall’era post-pandemica: il sacro Graal di tutte le speranze e delle magnifiche visioni future è dunque riposto nelle nuove armi nucleari.
Secondo il documento, il tetto massimo di 180 testate da realizzare entro la metà di questo decennio ora salirà a 260; un aumento del 40% che ribalta totalmente la politica del disarmo nucleare adottata a seguito del crollo dell’unione sovietica.
“Una decisione oltraggiosa, irresponsabile e molto pericolosa”. Così l’ha definita Beatrice Fihn capo della Campagna internazionale per l'abolizione delle armi nucleari, aggiungendo che si tratta di un piano contrario al diritto internazionale e che è ben lontano dal garantire un futuro prospero e sicuro.
Ma non ci si limita solo a questa manovra bellica venduta con psicotico trionfalismo salvifico, la revisione strategica che si pone l’obbiettivo di “rendere il Regno Unito più forte, più sicuro e più prospero”, contempla la possibilità di utilizzare le armi atomiche anche contro stati-non nucleari, qualora la minaccia provenga da armi chimiche, biologiche o “da tecnologie emergenti che possano avere un impatto comparabile”, tra le quali un attacco informatico su vasta scala.
Ma quali sarebbero le minacce così incombenti da spingere il paese ad un tale cambio di rotta? 
Come espresso dal documento, la Russia e la Cina rappresentano le minacce più serie e viene sottolineato come l'area Indo-Pacifica sia divenuta il nuovo “centro geo-politico del mondo”.
Non è un caso che per il 2021, è riportato che “la portaerei HMS Queen Elizabeth, una delle due più grandi navi da guerra mai costruite per la Royal Navy, guiderà un gruppo di lavoro britannico e alleato nello schieramento globale più ambizioso del Regno Unito da due decenni, visitando il Mediterraneo, il Medio Oriente e il Indo-pacifico”.
Viene inoltre ben chiarito come si intenda proiettare questa potenza militare all’avanguardia a sostegno della Nato e della sicurezza marittima internazionale, rafforzando l’impegno per l'FPDA (una serie di rapporti di difesa e cooperazione reciproca stabiliti da una serie di accordi multilaterali tra Australia, Malesia, Nuova Zelanda, Singapore e Regno Unito) e aumentando la presenza marittima nella regione pacifica.
Promesse che riverberano ed entrano in risonanza con il precipitare delle relazioni diplomatiche tra Stati Uniti e Cina, in caduta libera giorno dopo giorno: l’attuale comando Indo pacifico presidiato dall’ammiraglio Philip Davidson ha già programmato 27 miliardi di dollari da investire nei prossimi anni in sistemi d’arma contro Pechino, il segretario di Stato americano Antony Blinken ed il capo del Pentagono Lloyd Austin, nell’incontro con il Primo Ministro giapponese Yoshihide Suga si sono impegnati a opporsi alla coercizione e comportamenti destabilizzanti nei confronti degli altri nella regione.
Il ministro degli Esteri giapponese, Motegi, ha evocato “una grande minaccia contro l’ordine internazionale libero e aperto, da parte di un sistema autoritario che vuole cambiare gli equilibri con la forza”, richiamando una recente legge cinese che permette alla Guardia costiera di aprire il fuoco contro chi entri in quelle che Pechino considera acque territoriali, incluse isole contese dai giapponesi.
“La Cina usa l’aggressione e la coercizione per svuotare l’autonomia di Hong Kong, insidiare la democrazia a Taiwan, violare i diritti umani in Xinjiang e Tibet, imporre le proprie pretese nel Mare della Cina meridionale calpestando leggi internazionali. Noi reagiremo” ha tuonato Blinken.
Non si vuol lasciare alcun margine di dialogo con l’avversario: come ha precisato Jin Canrong, preside associato della School of International Studies presso la Renmin University of China, che si parli Mar Cinese Meridionale, Taiwan o le Isole Diaoyu, queste rappresentano questioni legate alla sovranità e agli interessi fondamentali della Cina, dove essa stessa non ha spazio per scendere a compromessi. Si ricerca dunque il conflitto col dragone a tutti i costi, come predetto dal Providing for The Common Defense, redatto da una commissione bipartisan del senato americano nel 2018. 
Il programma della guerra occidentale contro il resto del mondo è in pieno avanzamento e l’Inghilterra ha deciso di prendere posto alle prime file nella grande cavalcata nucleare. Ci aspetta dunque un grande futuro, un futuro di prosperità e benessere, ma dove il progresso tanto decantato dai pazzi, folli, buffoni che lo evocano, assume sempre più i contorni di un tramonto di inferno e di fuoco.

Foto © Imagoeconomica

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