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Sono 70 dall'inizio delle proteste contro il golpe del 1° febbraio, Onu condanna

Almeno altre 12 persone sono state uccise ieri in Myanmar dalle forze di sicurezza durante le proteste di piazza contro il golpe del 1° febbraio scorso. Il bilancio sale così ad almeno 70 morti, mentre sono oltre 2.000 le persone arrestate, secondo il sito birmano Irrawaddy. Ieri, il relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani in Myanmar, Tom Andrews, ha riferito al Consiglio dei diritti umani a Ginevra di un "crescente numero di prove" contro le forze di sicurezza, responsabili di "crimini contro l'umanità, tra cui omicidio, sparizioni forzate, persecuzione, tortura e detenzione in violazione delle norme fondamentali del diritto internazionale". Crimini che secondo Andrews "fanno parte di una campagna coordinata" che prende di mira "i civili e non combattenti", messa in atto "dai più alti vertici" militari con "la conoscenza dell'alta dirigenza". Nel frattempo il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha condannato "fermamente" le violenze contro i manifestanti anti-golpe. Anche  la Cina è intervenuta chiedendo un "allentamento dell'escalation" e "dialogo" e gli Stati Uniti hanno adottato sanzioni nei confronti delle personalità vicine alla giunta. Nella sua dichiarazione adottata all'unanimità dai 15 membri del Consiglio, e quindi anche da Cina e Russia tradizionali alleati dei generali birmani, l'organo esecutivo delle Nazioni Unite ha attaccato l'esercito in modo inedito chiedendo "la massima moderazione". Denunciando le azioni violente delle forze di sicurezza "contro manifestanti pacifici, tra cui donne, giovani e bambini", il Consiglio invita le parti a "cercare una soluzione pacifica" alla crisi provocata dal colpo di stato del 1 febbraio. L'Onu chiede inoltre "l'immediato rilascio di tutti i detenuti arbitrariamente", senza però accennare alla possibilità di sanzioni internazionali.

La denuncia di Amnesty
Amnesty International ha denunciato oggi "esecuzioni extragiudiziali" e l'uso di armi da guerra contro i manifestanti per la democrazia in Myanmar da parte della giunta militare al potere dopo il golpe del primo febbraio scorso. L'organizzazione per i diritti umani ha dichiarato in un comunicato di aver analizzato 55 video che mostrano che "la forza letale è usata in modo pianificato, premeditato e coordinato" dall'esercito birmano. I video sono stati filmati tra il 28 febbraio e l'8 marzo da esponenti dell'opinione pubblica e dei media locali in diverse città del Paese, in fermento dopo il golpe e l'arresto della leader del governo civile Aung San Suu Kyi. "Queste tecniche dell'esercito birmano sono tutt'altro che nuove, ma le loro uccisioni finora non erano mai state trasmesse in diretta, visibili in tutto il mondo", ha detto Joanne Mariner, direttrice della gestione delle crisi di Amnesty. "Non si tratta delle azioni di ufficiali sopraffatti che prendono decisioni sbagliate", ha aggiunto. "Questi sono comandanti impenitenti già implicati in crimini contro l'umanità che dispiegano le loro truppe e utilizzano metodi omicidi in pieno giorno". Uno dei video, pubblicato su Facebook e datato 28 febbraio dalla città di Dawei (Sud), mostra un soldato che consegna il fucile a un poliziotto in piedi accanto a lui. Quest'ultimo punta e spara, sembrando provocare una reazione di gioia tra i poliziotti presenti. Amnesty International vede "non solo un palese disprezzo per la vita umana (...) ma anche un deliberato coordinamento tra le forze di sicurezza". L'organizzazione denuncia anche "esecuzioni extragiudiziali" come quella di un uomo consegnato a membri delle forze di sicurezza. Secondo una registrazione del 3 marzo pubblicata su Twitter, l'uomo è stato ucciso a colpi d'arma da fuoco quando sembrava non mostrare resistenza. La ong ha anche rilevato l'uso di armi il cui uso è "totalmente inappropriato" nel contesto delle manifestazioni, come mitragliatrici, fucili di precisione e armi semiautomatiche.

Foto © Wikimedia

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