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Il discorso di Joe Biden alla conferenza sulla sicurezza di Monaco non lascia più spazio ad altre interpretazioni: "È tempo di scegliere se stare con la libertà o con gli autocrati... L’America è tornata, l’Alleanza Atlantica è tornata".
Non c’è più spazio per altri sistemi di potere oppure altre visioni del mondo, oramai viene evidenziato lo scontro tra “chi pretende che l’autocrazia sia la strada maestra” e chi invece “difende la democrazia come modello irrinunciabile” e “la democrazia dovrà prevalere".
Tutta l’alleanza, l’occidente opulento, viene rappresentato come un impero in pericolo, evocando una minaccia che oramai non assume più i contorni del terrorismo internazionale, bensì quello delle grandi superpotenze nucleari. "Il progresso democratico è sotto attacco" ha ribadito Biden, elencando le nuove minacce che stanno minando la sicurezza degli Stati Uniti ed i suoi alleati.

L’espansione della Nato verso est, fino ai confini della Russia
“Il Cremlino attacca le nostre democrazie e usa la corruzione come arma, per minare il nostro sistema di governo. Affrontare la temerarietà russa, e l'hackeraggio dei nostri network, è diventato critico per proteggere la sicurezza collettiva”, ha esordito Biden in merito alla “minaccia” Russa.
Un chiaro rimando all’ultimo attacco informatico nel quale i clienti di SolarWinds, una società di gestione della rete statunitense, hanno iniziato a installare inconsapevolmente software dannoso come parte di un aggiornamento di routine rilasciato per un prodotto software noto come Orion.
Nessuna prova è stata fornita sulla provenienza Russa di questo cybercrime, l’importante è che perduri una minaccia atta alla sopravvivenza del complesso militare industriale.
La politica estera della nuova amministrazione Biden era già stata chiarita giovedì 4 febbraio, quando, visitando insieme alla sua vice Kamala Harris il Dipartimento di Stato, aveva dichiarato limpidamente che “sono finiti i tempi in cui subivamo le azioni di Mosca, a differenza del mio predecessore ora non esiteremo ad alzare la posta”.
Nonostante dunque il rinnovo per altri cinque anni del trattato New Start per il controllo degli arsenali nucleari, l’orizzonte non mostra alcun allentamento della tensione in Europa. Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg mercoledì si è congratulato con i paesi dell’eurozona per aver fatto grandi progressi nell’aumentare le spese destinate alla Difesa e in questo frangente, la nostra nuova grande coalizione di governo si è mostrata subito ben accondiscendente a questi avvisi: alla difesa sono stati riconfermate lo posizioni filo-atlantiste di Roberto Guerini e Luigi Di Maio, nella nuova legge di bilancio è già stato previsto un aumento delle spese militari per il 2021 di 6 miliardi di Euro, ai quali saranno aggiunti gli altri 25 richiesti dal Recovery Fund, per portare la spesa militare italiana da 26 a 36 miliardi annui.
Mentre l’economia di guerra avanza, la finestra dell’approccio diplomatico con Mosca si affievolisce sempre più; ma la preparazione del campo di battaglia non sembra arrivare da est:
bombardieri Usa B-1, a capacità nucleare, vengono trasferiti alla base aerea di Orland, in Norvegia, per rispondere alla “minaccia Russa” nell’Artico; è stato abrogato l'annullamento del ritiro delle forze armate USA dalla Germania e si prospetta un ritorno di missili a medio raggio nel territorio europeo. Mosse che avvengono mentre il Capo del comando strategico degli Stati Uniti, Charles Richard, ammonisce sulla “possibilità molto reale” che gli Stati Uniti “possano aver bisogno di usare armi nucleari contro Cina e Russia”.
Toni di fuoco che evocano i peggiori scenari per il futuro dell’umanità e, mentre a parole sono giustificati dalla minaccia rispetto agli hacker russi o dalla sentenza di condanna per corruzione del dissidente Navalny, la vicenda del North Stream racconta come la vera minaccia alla pace mondiale potrebbe coincidere con la messa in discussione della potenza egemone a stelle e strisce.
Il nuovo segretario di stato Antony Blinken ha infatti minacciato sanzioni alla Germania se ultimerà i lavori per la messa in opera del gasdotto Russo. I motivi sembrerebbero chiariti nella lettera pubblicata dall’associazione ambientalista tedesca Deutsche Umwelthlife, firmata dal vicecancelliere tedesco Olaf Scholz e datata agosto 2020. In essa è specificato che “Il governo tedesco è disposto ad aumentare il suo investimento nelle infrastrutture di gas naturale liquefatto (Gnl) fino a un miliardo”. Significa che Berlino si impegnerà a costruire due rigassificatori a Brunsbüttel e Wilhelmshaven per importare il gas americano molto meno redditizio di quello fornito da Mosca ma perfetto per migliorare i bilanci delle imprese energetiche Usa.

Prepararsi alla dura competizione con la Cina

“Dobbiamo respingere gli abusi e la coercizione del governo cinese, che minano il sistema economico internazionale. Tutti devono giocare con le stesse regole. Dobbiamo prepararci per una dura competizione strategica di lungo termine, nel cyberspace, l'intelligenza artificiale, la biotecnologia”, questo ha affermato Biden rispetto al “pericolo cinese”. Pericolo ribadito in un rapporto di 67 pagine commissionato dallo stesso Stoltenberg in cui si dichiara che “la Nato dovrebbe dedicare molto più tempo e risorse alle minacce alla sicurezza poste dalla Cina.
Il dragone rappresenta oggi il principale rivale economico della potenza a stelle e strisce: ha superato la crisi del 2008, già nel 2012 ha raggiunto i 3,87 trilioni di dollari di importazioni superando il primato degli gli Stati Uniti, che nel 2019 persero anche la supremazia sui brevetti depositati: 58.990 brevetti cinesi contro i 57.840 statunitensi secondo l’Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale.
Non manca un punto caldo dove l’innalzamento della tensione potrebbe portare ad uno scontro militare. Taiwan. Da quando il primo ministro Tsai Ing-wen ha ottenuto la vittoria nelle elezioni del 2016, ha messo in discussione i contenuti del "consenso del 1992", basati sul principio di un’unica Cina ed ha sostenuto un’iniziativa indipendentista della regione, avviando accordi bilaterali economici e militari con gli Stati Uniti.
Gli Usa hanno effettivamente stabilito ad ottobre una nuova fornitura di armi a Taiwan, per un valore di 1,8 miliardi di dollari: nel lotto erano presenti 135 missili di difesa costiera Slam-Er (con gittata sufficiente a colpire la Cina), 11 lanciamissili mobili tattici Himars e apparecchiature per la ricognizione aerea.
Si succedono le incursioni aeree Cinesi nella regione, mentre il primo atto dell’amministrazione Biden, ben lungi dall’essere indirizzato alla distensione reciproca, è consistito nell’invio di cacciatorpediniere lanciamissili nello Stretto di Taiwan, permettendo ad una nave da guerra statunitense di attraversare il corso d’acqua che separa le due regioni.
Le questioni relative a Taiwan, Hong Kong e Xinjiang sono "affari interni che riguardano la sovranità e l'integrità territoriale della Cina" ha dichiarato il presidente cinese Xi Jinping nella prima telefonata avuta con la controparte americana Joe Biden dal suo insediamento alla Casa Bianca, aggiungendo al Global Times che "gli Stati Uniti dovrebbero rispettare gli interessi fondamentali della Cina e affrontare tali questioni con prudenza... Lo scontro tra Cina e Usa si risolverebbe in "un disastro per entrambi i Paesi".

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