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Alla Cnn, citando funzionari della difesa statunitense, è stato annunciato il trasferimento di quattro bombardieri B-1 della US Air Force, a capacità nucleare, assieme circa 200 membri del personale della Dyess Air Force verso la base aerea di Orland, in Norvegia.
È la prima volta che avviene un tale dispiegamento nella regione.
Gli stessi funzionari precisano si tratti di una mossa atta a garantire che “gli Stati Uniti saranno in grado di reagire più rapidamente a una potenziale aggressione russa” e come puntualizzato dalla segretaria dell’Air Force Barbara Barrett è motivata dal fatto che l’accesso di Mosca all’Artico, fonte di circa 25% del prodotto interno lordo grazie all’estrazione degli idrocarburi, ha visto il dispiegarsi di “una rete di mezzi aerei offensivi e sistemi missilistici costieri”.
In risposta alle manovre militari, l’esercito russo, in queste ore, ha già schierato i suoi caccia intercettori MiG-31 Foxhound, (in grado di trasportare il sistema missilistico ipersonico Kinzhal) sull’arcipelago di Novaya Zemlya. I Mig, primi al mondo ad entrare in servizio a latitudini così elevate, accompagneranno un reggimento missilistico antiaereo, equipaggiato con il sistema S-400 a difesa delle latitudini più estreme della nazione.
Che un possibile teatro di guerra si sarebbe potuto trasferire all’estremo nord era già stato preventivato dalle forze alleate: già agli inizi di maggio quattro navi militari americane, accompagnate da una fregata inglese, avevano condotto per una settimana esercitazioni nel mare di Barents, coinvolgendo circa 1.200 soldati e decretando il successo della prima operazione del genere condotta dagli Stati Uniti in quelle regioni dalla fine della Guerra Fredda.
Mentre dunque il campo di battaglia sembra avanzare verso i climi più glaciali, la tensione tra le due superpotenze sta assumendo in queste settimane toni sempre più roventi e drammatici, ad un livello tale che dovrebbero rappresentare una tra le prime emergenze mondiali, seguita agli ultimi posti dal Covid-19.
Il Capo del comando strategico degli Stati Uniti, Charles Richard, responsabile della triade nucleare statunitense, ha dichiarato in un’intervista pubblicata nel numero di febbraio della rivista Proceedings, che esiste “possibilità molto reale” che gli Stati Uniti “possano aver bisogno di usare armi nucleari contro Cina e Russia”.
Di conseguenza, “l'esercito americano deve spostare la sua ipotesi principale da 'l'impiego nucleare non è possibile' a 'l'impiego nucleare è una possibilità molto reale', e agire per soddisfare e scoraggiare tale realtà" ha proseguito l’ammiraglio.
Oramai non si nasconde più nulla, la guerra nucleare è possibile, non è più così remota, non è più quel tabù scacciato dalla mente dei ben pensati come un lontano residuato bellico da guerra fredda, si sta quasi trasformando nella normale condizione di vita quotidiana.
A ricordare cosa significherebbe per l’umanità una tale realtà ci ha pensato Vladimir Putin al World Economic Forum di Davos, precisando: "Certo, un conflitto globale di tale intensità è impossibile in linea di principio, in ogni caso lo spero. È su questa impossibilità teorica che fondo le mie speranze, perché sarebbe la fine dell’umanità".

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