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di Piero Innocenti
Il Nicaragua, insieme all’Honduras, è il paese più povero dell’America Centrale. Anche il più sfortunato.
La storia degli ultimi settant’anni è fatta di dittature e di guerre civili. Prima quella di Somoza, dal 1937 al 1979, poi il regime sandinista, fino al 1990 e gli scontri violenti contro i contras. Le cose cambiano con la caduta del socialismo reale e con le elezioni democratiche del 1990 quando viene eletta presidente Violeta Chamorro. Ne seguì un periodo di pacificazione che portò ad una parziale ricostruzione di un paese (poco più di sei milioni di abitanti) letteralmente sconquassato.
Daniel Ortega, ex guerrigliero e attuale presidente della Repubblica, al terzo mandato consecutivo dal 2007 (lo era già stato dal 1985 al 1990 durante la rivoluzione sandinista), è alle prese con seri problemi tra cui l’elevato tasso di disoccupazione, la diffusa povertà (due milioni di nicaraguensi secondo Funides) ed una criminalità in espansione (ma il tasso degli omicidi di 7,5 per centomila abitanti del 2019 è il più basso della regione). Senza contare le accuse che, da tempo, gli vengono mosse, da parte americana di sue antiche amicizie con la guerriglia colombiana delle Farc e la protezione accordata nel lontano 1984 al noto narcotrafficante colombiano Pablo Escobar.
Lo Stato non è ancora in grado di esercitare un vero controllo né nel settore finanziario né in quello fiscale. Le risorse locali sono in attesa di una vivace imprenditorialità. Managua, città povera ma disseminata di vile blindate e vigilate da uomini armati (con i bassi livelli salariali è agevole disporre di un piccolo esercito personale), è anche il rifugio di alcuni latitanti italiani, tutti, da tempo, con la cittadinanza nicaraguense. Tra questi spicca Alessio Casimirri, condannato in Italia a vari ergastoli per il sequestro Moro e per altri omicidi.
Il paese, a partire dal 1990, è diventato un importante centro di smistamento e di consumo di stupefacenti, in concomitanza con lo smantellamento delle unità militari e dei sistemi di controllo che avevano caratterizzato il periodo sandinista. Il Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale pose fine alla dittatura di Somoza nel 1979 e governò fino al 1990.
Consistenti quantitativi di cocaina vengono trasportati per via aerea, utilizzando piste di atterraggio private dislocate nella parte atlantica settentrionale del paese e per via marittima, utilizzando le isole Cayos Miskitos ed i porti Bluefields e Puerto Cabezas. I narcotrafficanti colombiani utilizzano anche natanti muniti di sofisticate attrezzature per la navigazione che li rendono difficilmente intercettabili.
I sequestri di droghe che negli anni Ottanta si attestavano intorno ad alcuni chilogrammi ogni anno, sono progressivamente aumentati arrivando ad una tonnellata e mezza nel 2001, alle 15ton del 2019 (nei primi tre mesi dl 2020 oltre tre tonnellate di cocaina intercettate dalla Polizia e dalla Forza Navale).
Diversi i carichi di cocaina galleggianti in mare lungo la costa atlantica del cui recupero si occupano poveri pescatori che, un tempo, provvedevano a cambiarli con generi alimentari, mentre oggi alimentano il consumo interno che è diventato decisamente più lucroso.
Anche il crack si è diffuso notevolmente tra i giovani emarginati chiamati huelepega. Per averne prova è sufficiente recarsi a Bluefields, sulla costa atlantica, dove in decine di povere case si può consumare crack al prezzo di un dollaro. Gli assuntori sono, per lo più, misquitos, una mescolanza di indigeni locali con schiavi “importati” che, per lungo tempo, erano riusciti orgogliosamente a difendere la loro identità culturale e la loro indipendenza.
La carenza di controlli alle frontiere, la vicinanza delle isole di San Andres e Providencia (entrambe colombiane), basi ideali per il trasferimento della cocaina, lo scambio armi-droga, sono tra i fattori che hanno reso il Nicaragua paese ideale per il narcotraffico con una influenza dei colombiani sempre dominante.

In Honduras bande in lotta per il controllo della droga
L’Honduras, con la sua fascia costiera sul Mar dei Caraibi poco sorvegliata, le isole de la Bahia sostanzialmente invigilate, la tradizionale propensione al contrabbando e le decine di piste di atterraggio clandestine, presenta, da tempo, le condizioni ideali come punto di trasferimento della cocaina verso il Nordamerica e l’Europa.
Le rotte maggiormente utilizzate dai narcotrafficanti sono quella terrestre, al confine con il Nicaragua, quella lagunare (laguna di Caratasca) e, soprattutto, quella marittima che interessa le isole. E’ proprio qui che, in punti prestabiliti, si effettuano trasbordi di cocaina da idrovolanti a navi o si realizzano lanci di stupefacenti opportunamente sigillati in involucri impermeabili che vengono recuperati da piccole e veloci imbarcazioni a motore.
E’ dagli anni Ottanta che il paese (come altri del Centroamerica) costituisce una sorta di ponte naturale di transito della cocaina colombiana. Nonostante carenze sul piano delle risorse umane e strumentali da parte della Polizia e delle Forze Armate, nel 2019 si sono registrati apprezzabili successi nell’azione antidroga come ha tenuto a sottolineare, a marzo scorso, lo stesso presidente della Repubblica Juan Orlando Hernandez ricordando le seimila persone arrestate per narcotraffico, i sequestri di circa 19 tonnellate di cocaina (un carico di 644 kg di cocaina proveniente dall’Honduras fu scoperto anche nel porto di Livorno nel gennaio 2019), la distruzione di 162mila piante di coca e di un milione di piante di marijuana oltre alla neutralizzazione di 263 piste clandestine e di 19 laboratori di raffinazione delle droghe.
Un bilancio presentato subito dopo le accuse di complicità con i narcos fatte a Miami da un trafficante di cocaina collegato al fratello del Presidente, Juan Antonio Hernandez, condannato negli Usa nell’ottobre 2019 per narcotraffico.
L’attuale assetto politico istituzionale della Repubblica Presidenziale honduregna è il risultato di un processo di democratizzazione iniziato con le elezioni del 1980-’81. Queste segnarono il ritorno al potere dei civili dopo quasi diciassette anni di ininterrotta direzione politica dei militari. Il passaggio è avvenuto in qualche modo in forma graduale, concordata e la sensazione è che ancora oggi sulle istituzioni politiche sembra aleggiare una sorta di tutela militare in quanto sempre pronti a intervenire qualora il potere politico degeneri (nel 2009 un golpe dei militari costrinse all’esilio il presidente eletto Manuel Zelaya).
Già in passato, nel 2003, alcune vicende, anche istituzionali, avevano fortemente intaccato la credibilità degli apparati preposti a combattere il narcotraffico e, tra queste, la divulgazione da parte della rete televisiva TVC di un documento con i nomi delle persone (in alcuni casi indicazioni dettagliate sui conti correnti bancari di politici corrotti) componenti i cartelli del narcotraffico, di cui facevano parte poliziotti, ex militari, magistrati, imprenditori e giudici della Corte Suprema.
Erano i tempi dei cartelli di Tegucigalpa, del Centro, di San Pedro di Sula, dell’Occidente, rimpiazzati, negli anni seguenti, dai “transportistas” dei Los Cachiros che controllavano in tutto il Paese gran parte delle piste clandestine di atterraggio (diversi esponenti di spicco, per timore di essere assassinati, si sono consegnati alla DEA nel 2015), dei Los Valle (quasi tutti arrestati o estradati negli USA), del cartello dell’Atlantico (forse il meglio strutturato ma anche quello che ha subito arresti e sequestri di beni).
Il panorama odierno del narcotraffico honduregno vede molti “cani sciolti” riuniti in piccoli gruppi e bande spesso in lotta tra di loro per accaparrarsi segmenti di mercato nel traffico e nello spaccio.

Il Guatemala alle prese con i narcojet carichi di cocaina
Insieme al Nicaragua, il Guatemala è il paese dell’America centrale più frequentemente utilizzato per l’invio di cocaina verso il mercato nordamericano.
Si rileva, qui, la presenza anche di coltivazioni di papavero da oppio in particolare nella zona occidentale di San Marcos e Huehuetenengo dove, nel corso del 2019, sono state distrutte 1.235000 piante. La marijuana viene coltivata nella splendida regione del Peten, ricca di foreste e risorse idriche e anche in questa zona è stata intensa l’attività di eradicazione svolta dalla Polizia con circa 4 milioni di piante distrutte.
La sostanziale carenza di tecnologie adeguate nel controllo aereo, la presenza di numerose piste clandestine di atterraggio - realizzate da gruppi collegati al narcotraffico - disseminate in gran parte del territorio, in particolare al confine messicano, la posizione a metà strada tra la Colombia e gli USA, rendono il Guatemala meta preferibile degli aerei da turismo colombiano carichi di cocaina destinata all’insaziabile mercato degli Stati Uniti.
Soltanto nel 2019 sono stati intercettati ben 54 aeromobili utilizzati nel trasporto di cocaina con il sequestro complessivo di oltre 9 tonnellate. Nel 2018 erano stati bloccati 18 aerei, per lo più di piccole dimensioni (avionetas), monomotori, mentre nel 2019 sono stati almeno 15 i velivoli scoperti nelle zone di frontiera con il Belice e il Messico, di dimensioni e capacità di trasporto maggiori, muniti di motori a jet ( narcojet) per viaggiare anche a velocità di 700 km/h.
Da rilevare, poi, che, dopo l’atterraggio e il trasbordo della “merce”, gli aerei vengono di solito incendiati dagli stessi narcotrafficanti per non lasciare tracce. In qualche caso le “missioni” non hanno avuto un buon esito. E’ accaduto alcuni giorni fa quando un aereo che trasportava oltre 700kg di cocaina si è incendiato (morti i due piloti) durante l’atterraggio in una delle piste clandestine nel territorio di Las Cruces (Peten).
I rapporti di “lavoro” con i colombiani sono eccellenti anche se, di tanto in tanto, si registra qualche tentativo della criminalità guatemalteca di mettersi in proprio nel commercio della cocaina. Secondo il Ministero del Governo, nel 2019 sono stati sequestrati complessivamente circa 19 ton di stupefacenti, il quantitativo maggiore dei quattro anni di presidenza di Jimmy Morales. A gennaio di quest’anno ha assunto la carica di Presidente della Repubblica Alejandro Giammattei Falla che ha subito dato ulteriore impulso all’azione antidroga con apprezzabili risultati (oltre 3 ton di cocaina già sequestrate nei primi tre mesi del 2020).
La normativa antidroga, approvata sin dal 1992, prevede pene severissime, fino alla pena capitale per i trafficanti e spacciatori che abbiano provocato la morte di civili o militari. In tema di prevenzione, trattamento e riabilitazione non si dispongono di dati certi anche perché non vi sono stime ufficiali sulla popolazione dei tossicodipendenti.
E’ certo che il consumo di stupefacenti è particolarmente diffuso, se si pensa alle valutazioni fatte a gennaio scorso da Feremka Godinez, ex alto dirigente della Direzione Analisi Antinarcoticos della Polizia Nazionale, secondo cui in tutto il Paese si consumerebbero, settimanalmente, circa 40kg di cocaina e 150kg di marijuana. Senza contare l’altra piaga della tossicodipendenza causata dalla inalazione di collanti da parte dei giovani.

Tratto da: liberainformazione.org

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