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di Massimo Novelli
Altro che suicidio - Tutti i segreti che ancora avvolgono la morte

Sono le 13:24 del 15 novembre 2000 quando l’Ansa batte la notizia: “Edoardo Agnelli, 46 anni, figlio del senatore a vita Giovanni Agnelli, è stato ritrovato cadavere sul greto del torrente Stura lungo l’autostrada Torino-Savona”, sotto il viadotto “generale Franco Romano”. Giunto sul luogo, Riccardo Bausone, procuratore capo di Mondovì, dichiara al Corriere della Sera: “Non ho le prove inoppugnabili per affermare che si tratti di suicidio. È una delle possibilità che stiamo vagliando. Le altre due sono: malore e omicidio”. Eppure Bausone non ordina di fare l’autopsia, accontentandosi d’una ricognizione sommaria del cadavere. Ai quotidiani, però, viene detto che l’esame autoptico è stato effettuato. Solo nel settembre 2010, dopo una trasmissione tv di Giovanni Minoli, lo stesso magistrato ammetterà: “L’autopsia non fu eseguita, anche se allora fu detto fosse stata fatta”. A 19 anni dal presunto suicidio del figlio dell’Avvocato il giornalista Antonio Parisi riapre il caso con Gli Agnelli. Segreti, misteri e retroscena della dinastia che ha dominato il Novecento italiano, presentato oggi alle 18 a Torino alla Feltrinelli di piazza Cln. L’inchiesta di Parisi fa seguito alle denunce, senza esito, presentate a diverse procure da Marco Bava, amico e collaboratore di Edoardo. E raccoglie il testimone del volume Ottanta metri di mistero di Giuseppe Puppo, del 2009, che nessun giornale importante volle recensire per autocensura e Fiat-dipendenza.
Oltre all’autopsia mancata “c’è almeno una ventina di dati che contrastano contro quest’ipotesi. Tra cui lo stato del corpo, ritrovato dopo esser precipitato da 80 metri di altezza, sostanzialmente intatto e con i mocassini ai piedi. Gli esperti mi hanno spiegato che dopo una caduta da quella altezza persino gli scarponcini ben allacciati degli alpinisti, volano via”. C’è di più. Un pastore ha confermato a Parisi d’aver visto il cadavere del figlio dell’Avvocato sotto il viadotto già alle 8, mentre le risultanze ufficiali fissano l’orario intorno alle 10. Nessuno, tra Procura e investigatori ha mai preso in considerazione il racconto di quell’uomo. L’indagine fu chiusa prima ancora d’esser aperta.

Tratto da: Il Fatto Qutidiano del 15 Novembre

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