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di Karim El Sadi
Lettera a un partigiano della libertà che non c’è più

Caro Vittorio,
sono passati otto lunghi anni, ma ricordo ancora benissimo quando alla tv e sui giornali appariva ovunque la tua faccia. C’era quella mano sporca che ti afferrava per i capelli mentre eri bendato, con la testa china e le scritte in arabo che scorrevano in fondo. Un’immagine indelebile. In quel periodo frequentavo ancora il secondo anno della scuola media, ricordo che tutti i miei compagni mi avevano chiesto se avessi visto il Tg, se conoscessi la tua storia, se avessi mai sentito il tuo nome. Incredulo, ho risposto loro che il tuo nome non mi diceva nulla, nonostante le mie origini palestinesi e la mia passione per quella terra, all’epoca già forte. Non avevo idea di chi fosse Vittorio Arrigoni e, a dire la verità, un po’ me ne vergognavo. Così, tornato a casa ho iniziato a sfogliare le pagine di giornale che titolavano con il tuo soprannome “Vik”; poi mi sono collegato a You Tube per saperne ancora di più sul tuo conto. Mai, avrei immaginato di rimanere così estasiato dalla tua figura e dalla tua missione. Da solo contro uno Stato intero: “L’ultimo avamposto di colonialismo da debellare”, avevi avuto la forza e il coraggio di rompere l’assedio con la Flotilla, sulla quale ti eri imbarcato per la Striscia di Gaza. In un’intervista ad Al Jazeera hai spiegato il perché avessi deciso di andare proprio in Palestina, lasciando “una vita di comodità e di conforto”, e tu con umiltà hai risposto: “Com’è possibile non fare altrimenti? Com’è possibile stare in Italia in una sfera di cristallo quando i nostri vicini di casa, dall’altra parte del Mediterraneo, soffrono un’ingiustizia così forte? Così, per anni decisi di soffrire insieme a loro”. Grazie ai tuoi report quotidiani abbiamo potuto sapere qualcosa in più sul quel lembo di terra dimenticato e sui “dimenticati” che vi abitano, i “Gazawi”. Di missioni umanitarie ne hai fatte tante, dall’Est Europa fino all’Africa, ma la Palestina ti è rimasta impressa nell’anima e da lì non te ne sei mai andato. La tua voce, che raccoglieva le voci flebili e oppresse dei palestinesi, stava diventando sempre più grande e pericolosa. Per questo motivo, il 15 aprile 2011 un gruppo di sedicenti salafiti ha deciso che era giunto il momento di porre fine alla tua vita. Purtroppo, caro Vittorio, devo dirti che le cose da quando te ne sei andato non sono affatto migliorate, l’assenza di una persona come te si fa sentire, eccome, in questi tempi bui. Sai, dopo che te ne sei andato a Gaza c’è stata un’altra offensiva israeliana con oltre 2000 morti e, tra questi, oltre 500 bambini. Dopo che te ne sei andato il Presidente degli Stati Uniti ha riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele. Dopo che te ne sei andato, il premier di estrema destra, Benjamin Netanyahu, ha vinto le elezioni altre due volte, l’ultima qualche giorno fa. Dopo che te ne sei andato, l’esercito israeliano ha ucciso in un anno oltre trecento palestinesi che marciavano pacificamente per “il diritto al ritorno”. Dopo che te ne sei andato, la tua Italia ha iniziato a respingere i migranti e a chiudere i porti, innescando una guerra tra poveri. Di tutto questo non dobbiamo stupirci perché tu ce lo avevi predetto, ci avevi visto lungo. Un giorno hai detto: “Faranno il deserto e lo chiameranno pace” e noi purtroppo, nonostante il tuo ammonimento, abbiamo fatto poco o nulla per impedirlo. Tutti abbiamo una colpa, anche se minima, perché in un certo senso ti abbiamo “tradito” Vittorio. Non siamo “rimasti umani”.

*Membro gruppo Our Voice Marche (Italia)

Disegno © Our Voice/Nico Di Sante

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