da polisemantica.blogspot.com
Inizia oggi "Il medium e il messaggio", una nuova inchiesta sul rapporto tra cultura e televisione, con la partecipazione alla discussione di numerosi esponenti della cultura, della divulgazione, della televisione e del Web, ispirata alla rivisitazione del celebre motto di McLuhan, tratto dal suo saggio, "il medium è il messaggio".
Oggi offre il suo contributo Margherita Furlan, cofondatrice di Pandora TV piattaforma di informazione indipendente basata sull’offerta quotidiana di web-video che monitorano in tempo reale gli eventi salienti dell’attualità italiana e internazionale.
1) E' ancora possibile oggi usare la TV per diffondere la cultura, intendendo con questo termine la divulgazione di sapere relativo all'Arte, alla Storia, alla Letteratura come avveniva negli anni '60 e ’70?
Che la televisione sia, oggi più che mai, una “cattiva maestra” - come scriveva Karl Popper - gravemente efficace a devitalizzare i cervelli, lo dimostrano tutte quelle trasmissioni spazzatura o quei palinsesti che, anziché educare e far riflettere lo spettatore, fungono da parcheggi infantili, stazionamenti degli adulti e azzeramenti della coscienza umana.
Attanagliato da format sempre più deteriorati e approssimativi, il pubblico si trova a fare i conti con materiale scadente e sensazionale che non solo “massaggia" i cervelli, ma fuorvia l’opinione collettiva creando un’allarmante piattaforma teledittatoriale. Il nuovo volto della televisione, infatti, “non corrisponde per niente all’idea di democrazia, che è stata ed è quella di far crescere l’educazione generale offrendo a tutti opportunità sempre migliori”, avverte ancora Popper, piuttosto a un ambiente i cui effetti - diretti o indiretti - desensibilizzano, distraggono, disinformano.
Tuttavia, prima di giungere all’irreparabile avaria d’oggi, la televisione in Italia è stata sentiero di luminose sperimentazioni, non solo nel campo della pedagogia e della didattica (dell’alfabetizzazione del popolo), ma anche nell’arena dell’arte e della creatività. Assolutamente unico è stato il programma ‘Telescuola' (andato in onda il 25 novembre 1958), seguito da 'Non è mai troppo tardi', andato in onda dal 1960 al 1968 e imitato in molti Paesi del mondo (ambedue realizzati grazie al sostegno economico del ministero della Pubblica Istruzione).
Cosa resta, oggi, di quei programmi educativi o di quel rispetto dimostrato nei confronti di ogni singolo individuo? Forse, guardando con attenzione al mondo della neo-neotelevisione, qualcosa - come Rai Storia o Sky Arte - sta cambiando e qualcuno, anche se il palinsesto è intorpidito da sistemi di controllo politico e culturale, sta tornando a guardare una tv che evita di banalizzare la ricerca del sapere. Ma la via maestra per ricostruire le speranze e i sogni degli italiani passa attraverso il ribaltamento della direzione politica delle potenti strutture televisive. E questo è ancora possibile.
2) Perché da oltre vent'anni i volti italiani in Tv che si occupano di cultura sono sempre gli stessi? Non c'è spazio per nuovi esperti divulgatori culturali o proprio non ce ne sono più in Italia?
Guy Debord nel saggio "La società dello spettacolo" riconosce che "lo spettacolo è la principale produzione della società attuale".
La società dei consumi produce senza sosta l’illusione, merce pregiata in grado di produrre a sua volta il potere. La cultura non paga più mentre nuove forme di censura si avviluppano attorno a chi vuole uscire dalla “formattazione".
Nella nuova era se non si è trasmessi non si esiste, ma remare contro corrente, anche nel mercato televisivo, è faccenda che richiede pazienza. Costa sicuramente la rinuncia a onori e prebende. Per questo molto di ciò che viene prodotto in video va a finire nella rete, dove, in mezzo a una massa di produzione scadente e degenerante, circolano materiali eterogenei, formativi e di valore.
Certamente, come osserva Giulietto Chiesa, “la fibrillazione dei gate keepers sta assumendo vertici così acuti da essere ora impegnati allo spasimo per costruire dighe atte a frenare il fiume e i canali per deviarne le correnti”.
Ma nel web sono molti a ricercare vie d’uscita. Lì nuovi divulgatori crescono e si sviluppano.
3) Per "fare cultura" la televisione è un mezzo valido o è preferibile usare le nuove tecnologie, il Web in primis?
Entrambe le strutture sono strumenti necessari a sviluppare cultura perché hanno un impatto enorme sul pubblico.
In particolare, i nuovi sistemi tecnologici di comunicazione offrono oggi una fruizione più vasta perché tutte produzioni video vanno a finire nella rete, diversamente da materiale di produzione cinematografica o televisiva che non viene più visto in tv o perché travolto da una massa di realizzazioni scadente e degenerante oppure perché banalmente sconosciuto.
La vera questione dunque da affrontare è la messa in circolazione di materiali non scadenti, allo stesso tempo moderni e dinamici, in conformità alle esigenze formative di un pubblico straordinariamente diversificato dal passato.
4) Secondo lei, l'utilizzo degli smartphone, con la visualizzazione in uno schermo piccolo e verticale, rischia di alterare la fruizione dei contenuti? Se sì, i contenuti culturali risultano avvantaggiati o sfavoriti da questo tipo di device?
Ragazzi e ragazze nati negli anni 2000 sono cresciuti con lo smartphone costantemente in mano. Secondo recenti studi psichiatrici, la cosiddetta iGeneration è caratterizzata da immaturità, iperconnessione, incorporeità (poche relazioni faccia a faccia), instabilità.
E’ un dato di fatto che le reti sociali degli adolescenti oggi si allarghino quasi esclusivamente online. L’”homo videns”, che secondo Giovanni Sartori aveva sostituito l’”homo sapiens” con l’avvento della televisione, ora è divenuto, in un ulteriore passaggio involutivo, costantemente interconnesso. E’ dunque fondamentale che nell'attuale “società dello spettacolo” lo smartphone, strumento inscindibile delle vite di tutti noi, venga utilizzato anche nella formazione culturale.
Molta attenzione dovrà però essere data alla creazione di nuovi format coinvolgenti, dinamici, interattivi, basati su immagini in movimento, tenuto conto che milioni d’individui si sono trasformati in consumatori compulsivi, anche del web.
5) Le emittenti tv, in genere, cercano nuove idee di format culturali o preferiscono adagiarsi su dinamiche consolidate?
Qualcosa sta cambiando con l’avvento di Netflix ma non è sufficiente. Oggi i media sono un campo di battaglia politica di fondamentale importanza. Gruppi ristretti e dominanti controllano i flussi del mainstream e formano la coscienza su scala globale.
Per questo è indispensabile affrontare prioritariamente la costruzione di un diverso sistema di comunicazione e informazione che sia democratico e racconti il reale. Senza questi strumento non sarà più possibile raggiungere in tempo utile le menti e i cuori di miliardi di persone.
Tratto da: polisemantica.blogspot.com
Il medium e il messaggio
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