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moro aldo sorrisoEsce nelle librerie il libro “L'ultima notte di Aldo Moro”
di AMDuemila
A quarant'anni dall'uccisione del presidente della DC, Aldo Moro, il dubbio e le tenebre avvolgono la ricerca della verità sulla sua morte. I processi hanno condannato i brigatisti rossi che lo rapirono il 16 marzo del 1978 e lo uccisero cinquantacinque giorni più avanti. Restano numerosi interrogativi a cui nessuno ha dato una risposta definitiva. Elementi che inseriscono il rapimento e la morte di Moro tra i misteri del nostro paese. Per questo motivo, il giornalista Paolo Cucchiarelli - grazie a documenti inediti, nuove testimonianze e perizie, fotografie mai viste prima - con il suo ultimo libro 'L'ultima notte di Aldo Moro' (Ponte alle grazie), ha cercato di ricomporre il rapimento, la prigionia e le ultime ventiquattr'ore del presidente DC, scardinando pezzo dopo pezzo il castello di menzogne costruito negli anni.
Nel suo precedente libro ('Morte di un presidente') aveva dimostrato che Moro non poteva essere stato ucciso nel portabagagli della R4 rossa sulla quale il suo corpo fu fatto ritrovare. Oggi ci presenta un altro tassello sulla fine dello statista democristiano: Moro sarebbe stato ucciso a Roma non nel covo di via Montalcini, come dicono i brigatisti, ma in uno stabile del demanio usato dalla Finanza, nei pressi di Corso Vittorio Emanuele. Tre le fonti a supporto dello 'scoop': lo storico dei servizi Peppino De Lutiis, che ebbe una confidenza dal Prefetto ed ex capo della Polizia Vincenzo Parisi, l'ex venerabile maestro della P2 Licio Gelli e una fonte qualificata e molto autorevole (denominata 'Contessa') che ha lavorato per i servizi americani e israeliani e che ha confermato il tutto nel 2014, in punto di morte, ad un ufficiale di Polizia giudiziaria che lavorava per la Commissione Moro 2.
L'autore è convinto che dietro l'uccisione di Moro ci siano stati i servizi segreti americani, che in qualche modo manipolarono i terroristi italiani. Dal libro spunta il sinistro 'Secret team' a stelle e strisce, l'inviato del governo americano Steve Pieczenick, la P2, i servizi segreti più o meno deviati. Tra covi sistemati in palazzi del Vaticano, terroristi che giravano in lungo e in largo a Roma e provincia senza essere mai presi, personaggi della malavita che appaiono e scompaiono. Cucchiarelli trova gli indizi che lo portano a concludere, che la notte tra l'8 e il 9 maggio 1978 Moro stava per essere liberato.
Secondo il giornalista, Moro sarebbe stato portato nel garage dello stabile vicino corso Vittorio, in via dei Banchi Vecchi, dove doveva essere liberato, ma all'appuntamento non si presentò nessuno. Secondo la ricostruzione di Cucchiarelli è probabile che gli americani non volevano che Moro sopravvivesse e avrebbero fatto in modo di bloccare l'operazione. L'autore racconta che gli uomini che avevano Moro in mano (De Vuono e Tony Chicchiarelli, due esponenti della criminalità cui le Br hanno appaltato la riconsegna) erano nervosi. E De Vuono 'stretto dalla necessità di non essere arrestato con Moro vivo in mano' avrebbe sparato a Moro, mentre era seduto sul sedile posteriore della macchina. Poi, prima che i primi raggi del sole rischiarissero il cielo di Roma, avrebbero portato la macchina con il cadavere a via Caetani.
A quarant'anni di distanza i misteri restano. Ma restano anche le parole di Moro: “Quando non si può fare più niente e tutto è perduto, bisogna almeno cercare di capire”.

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