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foto 1Uccisi i giornalisti Javier Valdez e Jonathan Rodriguez
di Jean Georges Almendras
Miroslava è stata uccisa perché aveva la lingua lunga. Che uccidano tutti noi, se questa è la condanna a morte per aver denunciato questo inferno. No al silenzio”, queste le parole del giornalista Javier Váldez Cárdenas, di 50 anni, commentando l’omicidio della sua collega Miroslava Breach, avvenuto in Messico lo scorso 23 marzo, nella Colonia “Las Granjas”, nella città di Chiuaua.

Parole profetiche quelle di Javier, perché 54 giorni dopo la scomparsa della Breach, i narcotrafficanti di Sinaloa l'hanno ucciso a colpi di arma da fuoco lunedì 15 maggio, a mezzogiorno circa, mentre viaggiava nella sua auto Corolla rossa, all’incrocio tra le vie Ramón Iturbe e Epitacio Osuna, nella Colonia “Jorge Almada”, della città di Culiacán.

Ma i carnefici della narco violenza messicana non hanno saziato la loro sete di sangue con la morte di Váldez, perché in quella stessa giornata, nello stadio di Jalisco, venne ugualmente ucciso a colpi di arma da fuoco il giornalista del settimanale “El CosteñoJonathan Rodríguez, di 26 anni. Nell’agguato è rimasta ferita sua madre, Sonia Córdova, vicedirettrice commerciale del settimanale.

Oramai non stupisce più che in Messico raffiche di armi automatiche in mano a sicari del narcotraffico falcino la vita dei giornalisti. Non c’è spazio allo stupore, ampiamente superato ad una velocità vertiginosa. Potremmo dire, con profondo e drammatico rammarico, che tali episodi rientrano nella quotidianità dei professionisti della comunicazione messicani. Solo nel 2017 sono stati uccisi sette colleghi, e dall’inizio del 2000 sono oltre un centinaio i giornalisti uccisi. Non solo, 23 sono scomparsi. Il 99,7% di questi delitti rimane impunito. Un panorama da condannare, sconvolgente e indignante.

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Ancora, lo scorso mese di marzo hanno giustiziato, con degli spari, i giornalisti Cecilio Pineda, mentre aspettava all’autolavaggio in un paesino dello stato di Guerrero, e Ricardo Monlui, mentre usciva da un ristorante accompagnato dalla sua famiglia nella zona di Veracruz. A seguire nella lista nera dei narcos la giornalista Miroslava Breach, uccisa nella sua auto, dove si trovava insieme a suo figlio a Chihuahua. Ad aprile, l’altro collega ucciso è stato Maximino Rodríguez, anche lui freddato mentre a bordo della sua auto si addentrava in una zona molto frequentata della Baja California Sur. A maggio, infine, i condannati a morte sono stati Javier Valdez e Jonathan Rodriguez.

Dopo tali orrori, rivendicazioni di giustizia da ambienti giudiziari, dalla magistratura e dal governo e le promesse che le indagini non cadranno nel vuoto.

Ma poi non è così vanno le cose, perché le indagini non solo cadono nel vuoto, ma si diluiscono nel niente con incredibile celerità e con il passare dei giorni, delle settimane, dei mesi e degli anni, l’impunità si veste di gala per mettersi in mostra nella società e agli occhi del mondo come se niente fosse successo. Come se la morte, che colpisce le redazioni dei giornali, delle radio e delle Tv, fosse una metafora e non la pura realtà di un paese che sta gradualmente soccombendo al potere criminale.

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Uccidere senza pietà, con impunità, fino quando?" Si chiedevano i giornalisi del settimanale “Rio Doce” fondato da Javier Valdez.

Impunità assassina”, ha titolato nel suo editoriale il giornale “La Jornada”.

Ci stanno uccidendo” hanno dipinto sul monumento della capitale messicana “Ángel de la Independencia”.

La situazione di vulnerabilità della stampa è insostenibile” hanno denunciato giornalisti vicini a Valdez.

Su questo nuovo omicidio non ci sono parole per descrivere una simile barbarie. Nè forze per gridare, con rabbia e indignazione, che questi attacchi e l’impunità che li circonda non fa altro che distruggere tutti noi. Perché il giornalismo libero, veramente libero, viene letteralmente massacrato.

Ci sono speranze che questo nero panorama possa un giorno capovolgersi, in Messico in particolare?

Una tale ondata di violenza mette in evidenza lo stato di emergenza che si trovano a vivere i giornalisti messicani. Il governo deve agire in misura proporzionale alla gravità della situazione e rafforzare quanto prima i meccanismi di protezione dei giornalisti”, ha affermato il direttore di Reporter senza frontiere per l’America Latina, Emmanuel Colombié.

“Lo Stato non è capace di indagare diligentemente su questi omicidi e ciò presuppone un incentivo per continuare ad ammazzare giornalisti”, sono state le parole della direttrice in Messico della ONG Articolo 19.

Javier Valdez, un vero appassionato del giornalismo focalizzato sul narcotraffico messicano, in occasione della presentazione del suo recente libro “Narco-giornalismo: la stampa fra il crimine e la denuncia" aveva detto categoricamente: “Essere giornalista è come fare parte di una lista nera. Loro decideranno, anche se tu hai la scorta blindata, il giorno in cui ti uccideranno”.

Valdez, nell'ottobre del 2011, venne insignito del Premio Internazionale della Liberta di Stampaper la sua coraggiosa informazione sui narcos e per aver dato un nome e un volto alle vittime”. Quello stesso anno ricevette anche, insieme ai suoi colleghi del settimanale “Riodoce”, il premio María Moors Cabot, che concede la Scuola di Giornalismo dell’Università di Columbia. In un’intervista al quotidiano “La Jornada”, Valdez affermò con enfasi: “Quanto meglio fai giornalismo, più ti appassioni, più solo rimani. Qualche contatto tuo, qualcuno che vedeva con simpatia il tuo lavoro, in qualche momento si vedrà compromesso da un testo e farà un passo indietro”.

Javier Valdez
è stato uno dei migliori cronisti del narcotraffico e del crimine organizzato del Messico. Era nato nella città di Culiacán ed è lì che è stato cremato. È stato testimone e protagonista di uno degli aspetti più tragici della vita messicana, in un paese che non smette di contare i morti di una guerra senza quartiere, scatenata dalla delinquenza contro il giornalismo. Un giornalismo che la affronta e la denuncia, che si vuole far tacere ad ogni costo: a colpi di arma da fuoco, con l’intimidazione e con il terrore.

Maestro del giornalismo, della denuncia libera e senza condizionamenti, Valdez in uno dei suoi discorsi, nel ricevere uno dei premi concessi, con l'energia di un uomo valoroso e coerente affermò: “In Culiacán, Sinaloa, è un pericolo essere vivo e fare giornalismo, significa camminare su un'invisibile linea segnata dai cattivi che si trovano nel narcotraffico e nel Governo. Uno deve guardarsi da tutto e da tutti".

Valdez è autore di vari libri, tra i quali "Miss Narco", nel quale raccontava come sopravvivono le donne nella cultura del narcotraffico, e "Gli Orfani del Narco", dove si leggono le strazianti testimonianze di bambini che hanno visto morire i loro genitori.  
Il giornalista - dicono i suoi amici e collaboratori più vicini - era un scrittore notturno e di carattere forte, che aveva un alto senso dell'impegno verso il giornalismo, che considerava primordialmente un lavoro sociale.  

Ultimamente Valdez, affermava con insistenza: "Abbiamo una generazione più violenta di narcos. Non basta oramai ammazzare, bisogna mostrare il corpo. A Sinaloa c’è confusione, la paranoia, il non uscire di casa, le autorità sono assenti per complicità o omissione di dovere. L'unica differenza è che ora la violenza si è spostata nelle zone rurali di Culiacán, non nella città vera e propria come prima, quando diventò un obitorio". Una volta disse: "Il buon giornalismo, coraggioso, degno, responsabile, onesto, non ha la società attorno; è solo e ciò dimostra anche la nostra fragilità, perché significa che se ci colpiscono e ci fanno del male non succede niente".

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Javier Valdez
, volto pieno e sorridente, padre di famiglia, con l’abitudine di usare un cappello "Panama", è caduto a terra nelle strade di Culiacán, ucciso. 

La sua morte, come quella di altri colleghi, in Messico ed in altre parti del mondo, è una profonda ferita che non si chiude. È una brutalità del nostro tempo che esige risposte da parte dei giornalisti messicani e non, dalle autorità messicane. Basta parole e promesse sterili. Basta silenzio.

*Foto di Copertina: www.resumen.cl.com
*Foto 2: www.lajornada.com
*Foto 3: www.clasesdeperiodismo.com
*Foto 4: www.elregiodeporte.com

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