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chiesa ilfattoquotidianodi Pier Francesco De Iulio
Giulietto Chiesa, il Fatto Quotidiano e gli strampalati interrogativi sugli attentati.

Conosco personalmente Giulietto Chiesa da alcuni anni. Da molti di più lo conosco e apprezzo per la sua attività di giornalista, intellettuale, scrittore. L'immagine che mi ha trasmesso - e la frequentazione mi ha poi confermato - è sempre stata di grande professionalità e dirittura morale. L'immagine che ha saputo trasmettere anche a decine di migliaia di suoi lettori nel corso di una lunga carriera. Il passare degli anni non ha cambiato questa immagine.

Spesso con Giulietto Chiesa ci siamo trovati su posizioni diverse e anche contrapposte. Ci siamo divisi e finanche osteggiati su alcune interpretazioni dei fatti o su determinati modi di vedere la realtà. Tuttavia, mai le nostre diversità di vedute sul merito delle questioni dibattute sono sfociate da parte sua in un atteggiamento censorio o lesivo della mia autonomia come direttore editoriale di queste pagine, ruolo che egli stesso mi chiese di accettare circa tre anni fa.

Ieri mi sono dunque meravigliato quando ho appreso che il direttore del Fatto Quotidiano online, Peter Gomez, aveva pubblicato - sembra sia il primo caso nella storia di questo giornale - una "nota" in cui prendeva pubblicamente le "distanze" da quanto Chiesa sosteneva - sui fatti di Bruxelles e non solo - in un pezzo pubblicato sul suo blog personale, ospitato dallo stesso giornale. Una "distanza" nei confronti di affermazioni "strampalate", a nome di "tutta" la redazione del fattoquotidiano.it.

Ognuno naturalmente ha il diritto di esprimere la sua opinione. Ne ha diritto il signor giornalista Giulietto Chiesa. Ne ha diritto il signor direttore Peter Gomez, nei confronti di chi scrive sulle pagine del suo giornale. Rimane però la sensazione che non si tratti soltanto di una questione di deontologia professionale o di interpretazione dei fatti.

Perché una così violenta presa di posizione nei confronti dell'opinione di una autorevole e molto seguita firma del giornalismo italiano? Perché in un modo così plateale? Si è invocato perfino il ricorso a una "inchiesta" che saprà risolvere una volta per tutte le "teorie complottistiche"... E mi fermo qui. Non vorrei finire anch'io nelle liste di proscrizione dei famigerati e pericolosissimi "complottisiti".

Porsi delle domande è disdicevole? Porgerle ai propri lettori è sbagliato? Ci sono fatti o situazioni sui quali non è lecito interrogarsi o sulle quali non si devono fare delle supposizioni? Porsi delle domande e poterle rivolgere ai propri lettori è - e resterà sempre - uno dei compiti principali di chi vuole fare informazione. Anche se alcune di queste domande dovessero risultare non piacevoli o risultare poco convincenti o perfino essere il risultato di qualche "leggerezza" di troppo. Io stesso, nel caso in questione, non ho condiviso integralmente l'impostazione che Chiesa ha voluto dare al suo articolo. Ma da qui a suonare le trombe per una supposta minaccia che si sta portando alle mura del castello delle verità - quali poi? quelle che ci propina a spron battuto il mainstream? - ce ne corre proprio.

Tralascio volutamente di commentare a mia volta i "commenti" che sul caso si sono immediatamente susseguiti urbi et orbi, sui social network e la rete tutta. La maggior parte dei quali ad opera dei soliti pennivendoli e di infallibili maître à penser allo sbaraglio, o, peggio ancora, da parte di chi non ha la benché minima cognizione di causa per farlo, essendo ancora lì a chiedersi se il Belgio sia bagnato dall'Oceano Atlantico o dal Mar Mediterraneo, o da entrambi.

In conclusione, parafrasando un ben noto passo dell'Amleto di William Shakespeare - che di complotti se ne intendeva - sarebbe proprio il caso di dire: «ci sono più cose strampalate in cielo e in terra, Peter, di quante ne sogni la tua filosofia».

Tratto da: megachip.globalist.it

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