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atomiche israele. 20120322di John Cassidy - 22 marzo 2012
Nel caso in cui ci si fosse dimenticati di loro – il che non sarebbe difficile, visto quanto raramente la loro esistenza è menzionata nei pubblici dibattiti – Israele ha un centinaio di armi nucleari, forse anche un po’ di più, e ha la capacità per lanciarle da silos sotterranei, sottomarini e cacciabombardieri F-16.

Al di fuori del ministero della difesa israeliano, poche persone sanno con precisione quanti missili nucleari ha il paese. Secondo una stima non secretata del 1999 dalla Defense Intelligence Agency degli Stati Uniti, che è stata citata in un bollettino del 2007 dalla Federazione degli scienziati americani, Israele ha tra le sessanta e ottanta testate nucleari. Stime più recenti dicono che il dato è nettamente superiore.

L’Istituto di studi strategici con sede a Londra riferisce che Israele ha "fino a 200" testate caricate su missili Jericho 1 e Jericho 2, a breve e media gittata con postazione a terra. Jane’s, la società di informazioni per la difesa, stima che il numero complessivo di testate è tra le cento e le trecento, il che pone l'arsenale nucleare israeliano più o meno alla pari con le capacità inglesi e francesi. Ed è ampiamente ritenuto che alcune di queste testate sono state caricate sul nuovo Jericho 3, un missile balistico intercontinentale, che ha una portata massima di 4.500 miglia, il che significa che teoricamente potrebbe colpire dei bersagli in Europa e in Asia.

Fin dal 1960, da quando Israele ha costruito la sua prima bomba nucleare, i governi successivi hanno rifiutato di riconoscere l'esistenza del suo programma di armamento – una presa di posizione ufficiale conosciuta con la parola ebraica che sta per opacità, amimut. E non è solo una questione di non riconoscimento. Gli israeliani che rivelano dettagli sul programma di armamento possono affrontare azioni penali e lunghe pene detentive. Nel 1986, Mordechai Vanunu, un ex tecnico nucleare, ha fornito al Sunday Times di Londra le fotografie che aveva scattato nel Nuclear Research Center a Negev, vicino alla città di Dimona, nel deserto del Negev. Dopo la pubblicazione della storia di Vanunu, gli agenti del Mossad lo hanno prelevato di forza a Roma, dove era stato attirato in vacanza, e lo hanno ricondotto in Israele. Lì ha scontato diciotto anni di carcere, undici dei quali in cella d’isolamento.

Avner Cohen, lo storico israelo-americano che nel 1998 ha pubblicato una storia scientifica del programma nucleare israeliano, "Israele e la Bomba," non ha incontrato quella stessa sorte. Ma quando è tornato in Israele nel 2001, per una conferenza accademica, è stato sottoposto a cinquanta ore d’interrogatorio dal comparto per la sicurezza del Ministero della Difesa circa le sue fonti e le sue motivazioni nello scrivere il libro. E nel 2002 Yitzhak Yaakov, ex capo del programma di ricerca sulle armi per le Forze di Difesa israeliane, ha ricevuto una pena con la condizionale di due anni dopo aver scritto le sue memorie. "Tutta questa cosa è un incubo per me", ha detto Yaakov, durante il suo processo. "Mi sveglio al mattino e ricordo di essere stato interrogato per spionaggio. Mi è stato detto che ero peggio di Vanunu e che mia moglie è Mata Hari ".

Ora che Israele minaccia di bombardare il programma non dichiarato di ricerca nucleare dell’Iran – un programma che i servizi segreti americani non ritengono sia progredito fino al tentare di costruire le attuali testate, secondo il Times – la simulazione continua. Prendete questa intervista del 2010 dell’Atlantic con Benjamin Netanyahu, dal mio ex collega Jeffrey Goldberg:

Netanyahu non inquadrerebbe la questione in termini di parità nucleare – la politica israeliana di amimut, o opacità, vieta di riconoscere l'esistenza dell'arsenale nucleare del paese, che consiste in più di cento armi, principalmente dispositivi termonucleari a due stadi, in grado di essere sganciati da missili, cacciabombardieri o sottomarini (due dei quali, si dice da fonti d’intelligence, siano attualmente posizionati nel Golfo Persico). Invece, ha inquadrato il programma iraniano come una minaccia non solo per Israele ma per tutta la civiltà occidentale.

Spetta ovviamente al governo di Israele formulare le proprie politiche in base alla propria visione nell’interesse stesso del paese. E, certamente, gli Stati Uniti devono fare la stessa cosa. Nel suo discorso di ieri all’AIPAC, il presidente Obama ha dichiarato questo:

Un Iran dotato di nucleare è un qualcosa di totalmente contrario all’interesse della sicurezza d'Israele. Ma è anche in contrasto con l’interesse della sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Un Iran dotato di armi nucleari minerebbe alla base il regime di non proliferazione per costruire il quale ci siamo adoperati così tanto. C’è il rischio che un'arma nucleare iraniana potrebbe cadere nelle mani di un'organizzazione terroristica. È quasi certo che gli altri nella regione si sentirebbero costretti ad avere la propria arma nucleare, innescando una corsa agli armamenti in una delle regioni più instabili al mondo.

In quello che era un lungo discorso, non vi era alcuna menzione delle armi nucleari di Israele, o del suo rifiuto di vecchia data ad aderire al Trattato nucleare di non proliferazione. Ogni presidente americano ha pubblicamente riconosciuto questi fatti? Nel suo ultimo libro, "Il peggior segreto nascosto: il patto d’Israele con la Bomba", Avner Cohen si riferisce a una riunione nel settembre 1969, tra il presidente Richard Nixon e Golda Meir sulle bombe nucleari clandestine di Israele.

Nessun record scritto di una testimonianza orale su ciò che è accaduto in questo incontro è noto che sia sopravvissuto, così ciò che i leader hanno discusso resta avvolto nel mistero. Col senno di poi, possiamo dire che è stato in questo incontro che l’amimut, inteso come posizione strategica reciprocamente sostenuto da Israele e Stati Uniti è entrato in essere. L’incontro Nixon-Meir è il luogo di nascita del patto.

In un momento in cui la lobby israeliana, in questo paese, con la collaborazione dei candidati repubblicani, sta esercitando una pressione sugli Stati Uniti per sostenere la linea dura di Netanyahu sull’Iran, potrebbe essere ora di rivedere questo patto. Non dovrebbe necessariamente cambiare di molto. Il regime di Teheran è profondamente sgradito, e molti dei nostri altri alleati, tra cui Gran Bretagna, Francia e Arabia Saudita, sono anche determinati a evitare che entri nel club del nucleare. Ma il riconoscere pubblicamente ciò che tutti sanno già su Israele – che è una delle potenze nucleari del mondo – renderebbe gli Stati Uniti meno vulnerabili all’accusa dei due pesi e due misure.

Traduzione per Megachip di Pierfrancesco Proietti.

Fonte: newyorker.com

Tratto da: megachip.info

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