Trump cambia rotta dopo una telefonata con il Cremlino, prepara un vertice a Budapest. L’Europa continua a pagare la corsa agli armamenti con armi americane
Volodymyr Zelensky è arrivato alla Casa Bianca ieri con un obiettivo ben preciso: ottenere i missili Tomahawk americani, capaci nella loro versione più estesa di raggiungere obiettivi a 2500 km di distanza, mettendo nel mirino città russe come Mosca e San Pietroburgo, ma soprattutto quasi 2000 siti militari russi.
Un nuovo salto di livello nel conflitto che avrebbe rischiato di gettare il mondo nell’abisso. Eppure Wall Street Journal ieri esortava il presidente USA a dare l’ok per le forniture, in quanto "i Tomahawk possono aiutare l'Ucraina a farlo, e questo porterà a una pace più rapida". Un mantra già sentito per i caccia F-16, i missili ATACMS, i carri armati Abrams M1A1, gli Himars, i sistemi Patriot ecc… Armi che non sono state "game changer", e l’unica cosa che hanno abbreviato sono i minuti alla mezzanotte dell’orologio dell’apocalisse, oltre che l’aspettativa di vita degli ucraini.
La chiamata di Putin a Trump di ieri ora ha cambiato le carte in tavola.Secondo l'edizione britannica Spectator il leader del Cremlino ha "superato in astuzia" Zelensky, mettendo in guardia Trump contro la fornitura dei missili a lungo raggio, sostenendo che tale mossa avrebbe danneggiato gravemente le relazioni tra Stati Uniti e Russia e rappresentato "una fase di escalation qualitativamente nuova". Proprio, dopo quella conversazione, il presidente americano ha iniziato a manifestare cautela, dichiarando che “anche gli USA ne hanno bisogno, non so cosa possiamo fare, non possiamo impoverire il nostro Paese”.
Parole che hanno lasciato l’omologo ucraino subito incredulo e interdetto, mentre ribadiva la sua linea di pace attraverso la forza.
"Putin non è certo più coraggioso di Hamas o di qualsiasi altro terrorista" e "il linguaggio della forza e della giustizia funzionerà inevitabilmente anche contro la Russia", ha dichiarato nei momenti precedenti all’incontro, dimenticando che Putin, a differenza di Hamas, dispone di 6000 testate nucleari.
Ma anche l'annuncio a sorpresa della sera precedente sull’incontro tra Trump e Putin a Budapest ha indebolito significativamente le possibilità del leader ucraino di assicurarsi queste armi strategiche.
L’incontro di oggi si è tuttavia svolto con i migliori auspici, anticipato da un pranzo informale nella Cabinet Room della Casa Bianca, anziché come un incontro pubblico nello Studio Ovale. Trump ha accolto Zelensky all'ingresso dell'ala ovest con una stretta di mano, facendo persino i complimenti alla giacca del presidente ucraino: "Penso che stia benissimo con la sua giacca. Spero che la gente se ne accorga... in realtà è molto elegante. Mi piace".
Tutti gli ingredienti di un nuovo imbarazzante siparietto erano praticamente sul tavolo e nei fatti l’incontro che può essere definito “umiliante” per Zelensky.
Il leader ucraino è praticamente rimasto ad ascoltare le risposte del leader americano alle domande dei giornalisti e ha saltato una domanda rivolta a lui. "È una domanda rivolta a me?" chiese Zelensky alla giornalista, perplesso.
D’altro canto, il leader ucraino è rimasto ad ascoltare i boriosi e vanagloriosi trionfalismi del tycoon americano. “Noi non abbiamo mai avuto un presidente che abbia fermato anche solo una guerra. Molti di loro scatenano guerre, ma non le risolvono”, ha dichiarato, elogiando sé stesso.
“Noi vogliamo la pace, Putin non vuole. Dobbiamo esercitare pressione su di lui”, ha affermato Zelensky in apertura, ribadendo la posizione di Kiev secondo cui Mosca deve essere spinta con ogni mezzo, anche militare al tavolo dei negoziati. Trump, lo ha spiazzato con un tono sorprendentemente conciliante: “io penso che Putin voglia porre fine alla guerra. Altrimenti non direbbe certe cose.”
Quando un giornalista ha chiesto se Washington autorizzerà l’Ucraina a colpire obiettivi a lungo raggio, il tycoon ha tagliato corto: “Questo significherebbe un’escalation, ma è una questione da discutere.” Pochi minuti dopo, ha chiarito la sua posizione, lasciando intendere un rifiuto di principio: “Preferirei finire questa guerra senza i Tomahawk. E penso che siamo vicini a questo”, ha aggiunto.
L'alternativa ai Tomahawk: droni a lungo raggio
Nonostante la riluttanza sui sistemi a lungo raggio, Trump si è mostrato interessato a un accordo sui droni con l'Ucraina e proprio su questo tema Zelensky ha spostato il discorso sostenendo che “la guerra non si combatte solo coi Tomahawk, ma con migliaia di (UAV -ndr). Noi li produciamo. Negli USA ci sono tante altre armi, ma non migliaia di UAV come da noi. Abbiamo una proposta seria riguardo i droni.”
A questo proposito, la società americana Auterion, insieme a partner ucraini, ha infatti sviluppato un nuovo drone militare controllato da intelligenza artificiale, l'ALM-20 Artemis, dotato di tecnologie stealth e capace di volare fino a 1.600 chilometri, trasportando 40 chilogrammi di esplosivi. Il drone, già testato con successo in Ucraina, utilizza il computer di missione Skynode N di Auterion e un sistema di navigazione visiva che gli consente di navigare e colpire obiettivi anche quando la navigazione satellitare è disturbata. Le linee di produzione sono già in fase di allestimento in Ucraina, Stati Uniti e Germania.
Tuttavia Zelensky non è sembrato entusiasta di vedersi mancare l’arma definitiva per ottenere la pace con le sue condizioni massimaliste e l’ultima idea paventata da Trump non ha fatto altro che alimentare il suo disappunto. “Cosa ne pensa dell’idea del tunnel tra Russia e USA?” – gli chiede il tycoon, riferendosi ad un vecchio progetto sovietico per collegare lo stretto di Bering, recentemente rilanciato come ipotesi futuristica grazie alle nuove tecnologie. Zelensky, con un sorriso teso, ha replicato: “Non sono molto contento di questa prospettiva.” “Me lo immaginavo”, ha risposto Trump, tra le risate dei presenti”.
Il leader ucraino ha lasciato la Casa Bianca rispondendo alle domande dei giornalisti in modo breve ed evasivo.
"Naturalmente abbiamo discusso anche di missili a lungo raggio, e non voglio rilasciare dichiarazioni al riguardo. Abbiamo deciso di non parlarne perché <...> gli Stati Uniti non vogliono un'escalation", ha affermato.
Solo nei prossimi giorni sarà possibile definire un quadro chiaro delle implicazioni delle ultime mosse di Trump, ma un indizio ce lo può dare una sua dichiarazione a margine dell’incontro. 
Donald Trump © Imagoeconomica
L’affare delle armi americane all’UE, ma senza guerra nucleare
“Non perdiamo persone, non spendiamo soldi, ci pagano per munizioni e missili... abbiamo fatto un accordo molto vantaggioso con la NATO... non siamo qui per questo. Siamo qui per salvare migliaia di vite...”, si legge nel messaggio.
Un bivio è ben delineato e ora la palla passa all’Europa: giusto ieri la Commissione UE ha annunciato un piano da 6800 miliardi di euro per rafforzare gli eserciti europei e prepararci ad una guerra contro la Russia. Il Commissario Andrius Kubilius precisa che saranno gli Stati a pagare quasi interamente i quasi 7 mila miliardi per raggiungere l'obiettivo della Nato, ovvero comprando arsenale militare dagli USA.
Per Trump è un affare irrinunciabile, ma per ora non è incline a vanificare la rendita a lungo termine con una Terza Guerra Mondiale.
Non è un caso che durante la conferenza stampa successiva all'incontro, il tycoon abbia aspramente criticato duramente la Spagna per essere l'unico paese della NATO a non aver accettato di aumentare la spesa per la difesa al 5% del PIL. "La Spagna non è stata leale alla NATO. Credo che la Spagna dovrebbe essere rimproverata per questo. Penso che sia stato molto grave che l'abbiano fatto", ha tuonato, minacciando "punizioni commerciali" attraverso tariffe contro Madrid.
L’Ungheria si prepara ad ospitare Putin
Intanto i preparativi per gli incontri in Ungheria sono già in divenire. Il segretario di Stato Marco Rubio e il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov si incontreranno la prossima settimana in una località ancora da definire per preparare il vertice presidenziale. Il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjártó ha dichiarato che Budapest garantirà che Putin possa entrare nel paese e ripartire in sicurezza, nonostante il mandato di arresto emesso dalla Corte Penale Internazionale nel 2023. Il Paese, infatti, ha recentemente annunciato la sua intenzione di ritirarsi dallo Statuto di Roma, il trattato che ha istituito la CPI.
Foto di copertina © Imagoeconomica
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