Settantuno aerei, quattordici Paesi e armi a doppia capacità sorvolano il Mare del Nord. Trump valuta l’invio dei Tomahawk sotto le pressioni del “partito della guerra”
Una nuova esercitazione da guerra mondiale si sta svolgendo nel vecchio continente, in preparazione ai peggiori scenari.
Almeno settanta aerei provenienti da 14 paesi, tra cui l’Italia, sorvoleranno il Mare del Nord per due settimane nell’ambito della Steadfast Noon, una simulazione che evoca sempre più tangibili scenari da guerra nucleare in Europa.
I numeri parlano chiaro: oltre 2.000 militari, 71 velivoli di 13 tipi diversi, tra cui figurano cacciabombardieri convenzionali, aerei a doppia capacità (dual-capable aircraft), ovvero in grado di trasportare sia armi convenzionali che nucleari, bombardieri, aerei da rifornimento in volo, velivoli da ricognizione, sorveglianza, comando e controllo, oltre ad aeromobili per la guerra elettronica.
Ma questa volta c’è anche una novità significativa: la partecipazione degli F-35A statunitensi nel ruolo dual-capable, sostituendo in questo compito gli F-15E Strike Eagle.
Sono proprio i caccia F35A quelli predisposti a trasportare le nuove bombe nucleari B61-12, progettate per penetrare nei bunker di comando della nazione nemica.
Secondo il colonnello Daniel Bunch, portavoce dell'Alleanza per le operazioni nucleari, gli USA parteciperanno con 4 di questi caccia dual-use. Non mancheranno inoltre gli aerei da rifornimento della NATO, mezzi di ricognizione e un posto di comando aereo.
Particolarmente utilizzata per le manovre è la base aerea di Volkel, nei Paesi Bassi. Un avamposto costruito dai nazisti all'inizio della Seconda Guerra Mondiale, da cui prima volavano i caccia Junkers e Messerschmitt, e oggi gli Eurofighter assieme agli F-16. Ebbene, è proprio in questa base che sono immagazzinate circa due dozzine di bombe nucleari americane B61. Nulla è lasciato al caso.
Da diversi anni la NATO porta avanti la politica del cosiddetto “Nuclear Sharing”, ovvero la condivisione nucleare. Si tratta di un programma che prevede missioni congiunte in cui testate tattiche statunitensi vengono messe a disposizione di Paesi alleati non dotati di armi nucleari, nell’ambito di esercitazioni militari dedicate. Alcuni esperti ritengono che questa pratica rappresenti una violazione diretta del Trattato di non proliferazione nucleare (TNP).
Secondo quanto spiegato all’agenzia RIA Novosti dallo storico delle Forze di difesa aerea ed esperto militare Yuri Knutov, le esercitazioni si svolgono utilizzando modelli a grandezza naturale delle bombe nucleari, identici per peso e caratteristiche esterne, montati sugli aerei.
“Molto probabilmente si tratta di esercitazioni di comando e stato maggiore in cui piccole unità simulano l’operato di reparti molto più grandi. Ad esempio, tre o quattro velivoli possono rappresentare l’intero comportamento di uno stormo. Quando si afferma che solo pochi aerei partecipano alle manovre, in realtà si sta simulando l’intervento di decine di velivoli.”
Le esercitazioni, formalmente “non collegate ad alcun evento internazionale in corso”, secondo il segretario generale della NATO Mark Rutte mirano anche a “inviare un chiaro segnale ai potenziali avversari”. Un riferimento, secondo molti osservatori, diretto alla Russia.
Dmitry Suslov, vicedirettore del Centro per gli Studi Europei e Internazionali Complessivi della Higher School of Economics di Mosca, considera tuttavia questo approccio una mossa rischiosa:
“Alla luce del contesto attuale, queste esercitazioni rappresentano un atto di escalation… Mentre alcuni Paesi della NATO accusano la Russia di violazioni del proprio spazio aereo, vengono richieste consultazioni urgenti in base all’articolo 4 del Trattato del Nord Atlantico. Tutto ciò contribuisce a inasprire ulteriormente la situazione. Se l’Alleanza avesse voluto evitare un aumento della tensione, avrebbe potuto rinviare le manovre.”
Secondo Suslov, le dichiarazioni di Rutte mostrano chiaramente l’intenzione dell’Occidente di “alzare la posta”, attraverso una strategia coordinata volta a esercitare maggiore pressione sulla Russia e a ridurre le prospettive di una soluzione diplomatica alla crisi ucraina.
Proprio il vecchio continente in queste settimane ha puntato su quelle che sono le cause profonde della guerra, ovvero la progressiva militarizzazione NATO fino ai confini della Russia. Fin quando nelle cancellerie UE si continuerà a parlare di missili a lungo raggio, droni d’attacco e truppe europee sul terreno è evidente che il Cremlino avrà ben poco da discutere con un leader ucraino, oramai nemmeno più disposto a riconoscere i territori occupati.

Si avvicina l’annuncio di Trump sui Tomahawk. Venerdì Zelensky alla Casa Bianca
Un dato è ormai palese. Donald Trump sta subendo crescenti pressioni da parte dei sostenitori del conflitto in Ucraina. Il vero partito della guerra che comanda a Washington.
"Lui (Trump, ndr) è sempre più sotto l'influenza di vari partiti che (sostengono, ndr) la prosecuzione del conflitto. In primo luogo, gli europei a livello internazionale. A livello nazionale, si tratta, ovviamente, dei sostenitori dell'Ucraina provenienti dall'opposizione, dai Democratici e, naturalmente, dalla lobby militare-industriale, una delle più grandi e potenti degli Stati Uniti", sostiene Lev Sokolshchik, ricercatore senior presso il Centro per gli studi europei e internazionali completi della Higher School of Economics.
Secondo l’esperto la lobby industriale statunitense investe miliardi di dollari per promuovere determinate decisioni politiche. L'esperto ha anche osservato che questa situazione è tipica delle amministrazioni repubblicane, che tendono a favorire i legami con le grandi aziende e l'industria pesante.
"Ha bisogno di guadagnare punti politici. Rapidamente e senza troppi sforzi. Questo non può essere raggiunto perché il problema (in Ucraina – ndr) è molto più complesso di un semplice cessate il fuoco, dei territori e così via", ha osservato Sokolshchyk.
Ovviamente come non menzionare la questione dei Tomahawk, il cui trasferimento rischia di portare ad un’escalation del conflitto.
"I lanci sono probabilmente possibili solo con la partecipazione di specialisti americani. Inoltre, la scelta del bersaglio e la designazione sono possibili solo utilizzando l'intelligence americana", ha aggiunto Sokolshchik.
Tuttavia, sarà proprio questo il tema di cui parlerà il tycoon nell’incontro annunciato con Zelensky alla Casa Bianca, fissato per il 17 ottobre.
"Il presidente verrà a trovarmi venerdì. E so cosa dirà. <...> Vorrebbe procurarsi un Tomahawk. Gli Stati Uniti hanno una grande riserva di questi missili. Servono davvero questi missili in Argentina?", ha osservato oggi il leader americano con un cinico e irresponsabile sarcasmo.
Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, aveva già espresso forti preoccupazioni riguardo alla possibile fornitura di questi sistemi, sottolineando sia gli aspetti tecnici che le implicazioni politiche: “Il lancio dei ‘Tomahawk’ richiede la partecipazione di specialisti statunitensi, quindi la loro fornitura all’Ucraina potrebbe davvero finire male.”
Una minaccia che, secondo Peskov, richiederà “la gestione di missili così complessi, in un modo o nell’altro, la partecipazione di specialisti americani". Questo è un fatto ovvio.
Ma il partito della guerra freme e si esprime anche attraverso l'ambasciatore statunitense presso la NATO Matthew Whitaker che ha annunciato nuove forniture di armi all'Ucraina nell'ambito del programma PURL: forniture accelerate di armi all'Ucraina grazie al finanziamento dei partner europei.
"Grazie al PURL, Trump ha permesso agli alleati europei della NATO, così come al Canada, di acquistare le migliori armi e munizioni americane al mondo e di trasferirle all'Ucraina, che ne ha bisogno. Dobbiamo garantire la stabilità degli approvvigionamenti in modo che gli alleati partecipino più attivamente agli acquisti", ha dichiarato il diplomatico in un’intervista al quotidiano La Repubblica, sottolineando che l'invio di Tomahawk potrebbe, questa volta, spingere Putin a negoziare. La famosa pace attraverso la forza che non ha fatto altro che esacerbare il conflitto in questi anni.
"La possibilità di un attacco in profondità potrebbe anche far cambiare i calcoli di Putin e mettere a rischio molte cose, tra cui importanti infrastrutture energetiche nella Federazione Russa", ha sottolineato Whitaker.
Nel frattempo, l’amministrazione Trump – a differenza della precedente – ammette la possibilità di fornire tali armi, un segnale che, secondo gli analisti, indica un cambio di rotta verso una strategia statunitense più dura.
Come riporta il New York Times, per mesi l’Ucraina ha partecipato ai negoziati con la Russia senza nutrire grandi aspettative sul loro esito, ma con l’obiettivo di sostenere gli sforzi diplomatici di Trump. Ora, però, di fronte alla crescente irritazione del presidente americano per la riluttanza di Mosca a scendere a compromessi, Kiev intravede l’opportunità di ottenere ciò che ha sempre richiesto: meno parole e più azioni — vale a dire la fornitura di armi, inclusi i missili americani Tomahawk, e un inasprimento delle sanzioni per spingere la Russia a negoziare seriamente la fine della guerra.
Foto d'archivio
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