Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Dai missili Tomahawk al muro dei droni, cresce la tensione tra Russia e Occidente in un’escalation che avvicina il mondo a un nuovo conflitto globale 

“Il mondo si sta muovendo verso una nuova guerra con la stessa rapidità con cui qualcuno aveva dato l'ordine di scatenarla”. Con queste parole Tuomas Malinen, economista finlandese e CEO di GnS Economics, ha commentato sul social network X, la drammatica situazione della crisi internazionale che stiamo vivendo. 
"Credo sia probabile che sia stato dato un ordine per spingere il mondo verso una terza guerra mondiale e un olocausto nucleare. È molto difficile spiegare tutto ciò che sta accadendo con altre ipotesi", ha aggiunto. 
Anche il primo ministro ungherese Viktor Orbán nei giorni scorsi si è detto molto preoccupato. 
“La terza guerra mondiale potrebbe scoppiare in qualsiasi momento se una delle maggiori potenze commettesse un errore”, ha dichiarato. 
Il corso degli eventi parla da solo, con l’occidente che freme di impazienza nel varcare l’ennesima linea rossa del suo approccio offensivo contro la Russia. 
Proprio nei giorni scorsi Donald Trump ha annunciato di aver "in qualche modo" deciso di dare a Kiev missili da crociera Tomahawk, pur precisando di cercare di ottenere alcune garanzie da qualcuno lì e capire come verranno utilizzati questi missili e cosa prendere di mira. 
Si tratta della battuta d’arresto finale del processo negoziale avviato dal tycoon, celebrato dall’incontro ad Anchorage, in Alaska. Lo stesso Vladimir Putin, durante il Forum economico a Valdai ha sottolineato che la consegna rappresenterebbe una seria escalation e porterebbe alla “distruzione delle relazioni bilaterali, almeno delle tendenze positive emergenti in tali relazioni”. 

I Tomahawk potrebbero essere già stati trasferiti in Ucraina

Il vicepresidente della Commissione per gli Affari Internazionali del Consiglio della Federazione russa, Vladimir Dzhabarov ha poi ammonito che “se ciò dovesse accadere, Dio non voglia, la nostra risposta sarà inequivocabile e decisa”, aggiungendo che “non sarà solo l’Ucraina a soffrirne”.
Resta quell’ambiguità del presidente americano sulla valutazione degli obiettivi.  Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha precisato che "dobbiamo aspettare dichiarazioni più chiare, se seguiranno. (…) Per quanto riguarda la fornitura di armi, prima avviene e poi vengono fatte dichiarazioni. Almeno, questo è stato il caso durante l'amministrazione Biden". 


peskov ima 2073794

Dmitry Peskov © Imagoeconomica


In sostanza, c'è un'alta probabilità che un certo numero di Tomahawk sia già stato trasferito in Ucraina o sia in transito attraverso i partner europei degli Stati Uniti.
Curiosamente, poco prima della vaga dichiarazione di Trump, la Marina degli Stati Uniti ha ricevuto l'approvazione dal Dipartimento di Stato per l'acquisto di 837 Tomahawk di modifica navale entro l'anno fiscale 2028, di cui 200 pezzi per un valore di 2,19 miliardi di dollari saranno inviati nei Paesi Bassi.
Davvero singolare che uno staterello da appena 18 milioni di abitanti abbia improvvisamente bisogno di centinaia di missili a lungo raggio. Forse le consegne sono già partite da qualche nazione europea?
L'impulso dato alla risoluzione ucraina dall'incontro tra i presidenti russo e statunitense in Alaska è stato vanificato dagli sforzi degli europei, ha affermato il viceministro degli Esteri Sergei Ryabkov.
In ogni caso, secondo il viceministro degli Esteri Sergei Ryabkov "il potente slancio generato da Anchorage a favore degli accordi è stato in gran parte esaurito dagli sforzi degli oppositori e dei sostenitori di una guerra fino all'ultimo ucraino. <...> Questo è il risultato di un'attività distruttiva, principalmente da parte degli europei, di cui parliamo apertamente e direttamente”.
Parliamo effettivamente di un dato inequivocabile. Sono stati proprio i leader europei a sabotare ogni proposito per una risoluzione del conflitto dopo l’incontro tra i due capi di Stato in Alaska. Mentre Putin chiedeva di eliminare le cause profonde della guerra individuate nella crescente militarizzazione Occidentale alle porte di Mosca, il vecchio continente ha pensato bene di promuovere un riarmo ancora più massiccio dell’Ucraina, con annesse truppe dei volenterosi che, secondo il think tank tedesco Wissenschaft und Politik, avrebbero potuto coinvolgere fino a 150.000 uomini.
Questo, senza contare del piano "ReArm Europe/Readiness 2030" prevede di mobilitare ben 800 miliardi di euro per la militarizzazione europea entro il 2030, a cui si aggiungono gli accordi già posti in essere da Bruxelles per rifornire Kiev di missili a lunga gittata. Curiosamente il nuovo missile ucraino Flamingo, con una gittata di 3000 km, è una versione molto simile a un modello britannico presentato nel 2025 alla fiera IDEX di Abu Dhabi. La Germania, da parte sua, ha siglato a maggio 2025 un accordo da 5 miliardi di euro con Kiev per la produzione congiunta di missili a lungo raggio.
Un approccio che, ovviamente, ha cementificato le posizioni massimaliste di Zelensky, sempre più mal disposto a cedere sulla questione territoriale e sulla neutralità, in vista di una futura svolta nel fronte data dalle nuove armi in gioco. 

Una nuova linea rossa contro la dottrina nucleare russa

Ma ora i Tomahawk segnano un nuovo capitolo del coinvolgimento statunitense: "Senza software e lanciatori, i missili... sono, per così dire, dei proiettili a salve. Di conseguenza (e questo è stato discusso anche ad alto livello da parte russa), l'ipotetico utilizzo di tali sistemi è possibile solo con il coinvolgimento diretto di personale americano", ha continuato Ryabkov.
Tuttavia, non ci sarebbe nervosismo da parte di Mosca riguardo a questa questione; le risorse le consentono di muoversi nella direzione definita da Vladimir Putin:
"Il Presidente russo ha affermato che si tratta di un passo molto serio verso un'escalation. In effetti, l'emergere di tali sistemi (...) significherà un cambiamento significativo, si potrebbe persino dire qualitativo, della situazione. Ma questo non influirà sulla nostra determinazione a raggiungere i nostri obiettivi". 


zelensky. ima 2390950

Volodymyr Zelensky © Imagoeconomica


Sebbene Trump abbia fatto finta che, in teoria, Kiev potesse inviare missili americani ovunque, fino a Londra, Parigi e Berlino (una battuta di Medvedev), il cosiddetto Institute for the Study of War (ISW) ha risposto immediatamente e utilmente a questa domanda. I Tomahawk nella versione con una portata teorica di 2500 chilometri possono raggiungere 1945 strutture militari russe, tra cui 76 basi dell'aeronautica, e nella versione con una portata di 1600 chilometri - rispettivamente 1655 oggetti e 76 basi. Tra gli obiettivi prioritari ci sono la fabbrica di droni Geran a Yelabuga e la base delle forze aerospaziali russe a Engels. Tra i potenziali obiettivi strategici ci sono l'aeroporto di Olenya con gli "strateghi" Tu-95MS, che produce sottomarini nucleari Sevmash a Severodvinsk e la base della Flotta del Nord a Gadzhiyevo.
È ben evidente dunque il peso strategico che potrebbero avere queste armi nelle mani di Kiev e la nuova dottrina nucleare russa parla chiaro. Dallo scorso anno si è introdotto il concetto di "attacco congiunto", secondo cui un'aggressione da parte di uno Stato non nucleare supportato da una potenza nucleare sarà considerata come un attacco comune contro la Federazione Russa, mentre i criteri di utilizzo dell’arma atomica riguardano ora anche attacchi convenzionali che creino "una minaccia critica alla sovranità e/o integrità territoriale" della Russia e della Bielorussia.
Ebbene, come ha ricordato lo stesso Putin, commentando il tema dei Tomhawk, è impossibile che vengano adoperati senza la partecipazione diretta dell'esercito americano, cioè ciò significherà “una fase di escalation completamente nuova”.
Ma perché si discute ora di inviare questi sistemi a lungo raggio?
Secondo The National Interest, questa decisione “testimonia una realtà di cui Washington, Londra e Bruxelles preferiscono non parlare: i russi stanno vincendo". La pubblicazione conclude che i capi dei Paesi occidentali dovrebbero contribuire alla conclusione di un accordo di pace e non cercare di combattere fino all'ultimo ucraino.
Il 7 ottobre, Putin ha annunciato che le forze russe hanno conquistato quasi 5.000 km² (4.900 km²), con un incremento del 23% rispetto al 2024. L'esercito russo sta stringendo Seversk in una manovra a tenaglia, avanzando da nord, sud, est e sud-est.
Ma, evidentemente, Trump riceve un altro tipo di informazioni. Secondo il sempre ben informato giornalista premio Pulitzer, Seymour Hersh, la fine del conflitto è ancora lontana, poiché, come gli avrebbero confidato alcuni alti funzionari statunitensi, l’amministrazione statunitense considera la Russia vulnerabile nel medio-lungo periodo, nonostante gli attacchi sempre più devastanti e i continui progressi delle truppe russe sul fronte ucraino, in particolare nelle aree di Kupiansk, Pokrovsk, Kostantinivka e Siversk. Un’aspettativa molto pericolosa per il mondo intero. 

L’Europa si prepara alla guerra: il progetto del muro dei droni

Intanto, la Commissione Europea ha annunciato un ambizioso piano di difesa denominato “muro dei droni”, concepito come risposta diretta alle ripetute violazioni dello spazio aereo europeo da parte di droni russi. Il progetto, illustrato dal Commissario europeo per la Difesa Andrius Kubilius, segna una svolta nelle politiche di sicurezza dell’Unione, con l’obiettivo dichiarato di dotare i confini orientali dell’UE di una rete integrata di sistemi offensivi e difensivi.
Durante un’audizione al Parlamento Europeo di Strasburgo, Kubilius ha dichiarato che l’Europa deve “prepararsi a un inizio di conflitto”, evidenziando la crescente urgenza di una strategia comune. Nella prima fase, l’Unione punta a rafforzare la capacità di rilevare, tracciare e identificare i droni ostili grazie a sensori acustici, radar e satelliti. Successivamente, il piano prevede lo sviluppo di strumenti per neutralizzare o distruggere gli apparecchi nemici, attraverso droni intercettori, sistemi di guerra elettronica e unità mobili pronte a intervenire sul campo.
Il commissario ha inoltre sottolineato come i paesi del fianco orientale debbano disporre di “capacità per utilizzare droni per colpire obiettivi terrestri se il nemico tenterà di invadere”, lasciando intendere che la difesa europea non si limiterà a un approccio passivo. Il “muro dei droni” rappresenta così non solo una misura di sicurezza, ma anche un segnale politico: l’Unione Europea si sta preparando a difendere il proprio spazio e la propria sovranità con una determinazione senza precedenti.

ARTICOLI CORRELATI

Mosca sui Tomahawk: ''Nostra risposta sarà decisa, non sarà solo l'Ucraina a soffrirne''

Trump verso l'escalation: invierà i missili Tomahawk a Kiev

Le fiamme del Mar Nero: il ''Triangolo di Odessa'' incendia i Balcani

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos