Kellogg: "Trump ha permesso all’Ucraina di colpire in profondità". Peskov: "Parole molto gravi. Le stiamo studiando"
"L'epoca nostra assomiglia paurosamente agli anni che hanno preceduto lo scoppio della Prima Guerra Mondiale", ci ricordava qualche mese fa lo storico Alessandro Barbero, lanciando un monito che è rimasto forse troppo sospeso nelle più folkloristiche pagine dei social.
Ma ora sono gli stessi funzionari europei a dirsi molto preoccupati, riferendo al quotidiano Politico che si teme un “momento Franz Ferdinand (Francesco Ferdinando)” innescato da un incidente o da una risposta mal calibrata a provocazioni aeree o ibride.
Dichiarazioni rilasciate in vista del vertice informale del 1° ottobre a Copenaghen che vedrà i leader UE discutere di un pacchetto di progetti simbolo, inclusa una “drone wall” e uno scudo aereo, dopo le presunte incursioni deliberate di droni e caccia russi nello spazio aereo europeo.
Le premesse per un grave incidente ci sono tutte: Donald Trump ha dato il via libera ai Paesi Ue di abbattere velivoli russi che violano il loro spazio aereo.
“Se necessario. Dunque sono totalmente d’accordo con il presidente Trump: se necessario”, ha risposto il segretario generale NATO, Mark Rutte, mentre il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha parlato di proposte “spericolate, irresponsabili e, naturalmente, pericolose nelle loro conseguenze".
In ogni caso, le manovre dell'Alleanza, accompagnate dall'esponenziale militarizzazione verso est, aumentano significativamente i rischi di un degenerare della situazione. In queste ore, in direzione di Kaliningrad si registra un’intensa attività di aerei di intelligence NATO: un Boeing E-3 Sentry dell’Aeronautica dell’Alleanza, un Boeing 737 AEW&C dell’Aeronautica turca, due rifornitori KC-135R Stratotanker dell’Aeronautica statunitense e un pattugliatore marittimo Boeing P-8A Poseidon della Marina USA sul Mar Baltico.
L’Alleanza sta inoltre rafforzando il fianco nord. In Finlandia sarà schierata una brigata della Enhanced Forward Presence (EFP), composta da fino a 5.000 militari, che avrà come base la 19ª Brigata Meccanizzata Artica delle forze armate svedesi, articolata in cinque battaglioni e specializzata in operazioni in condizioni artiche e invernali. Al gruppo di combattimento parteciperanno anche unità terrestri norvegesi e danesi, mentre Francia e Islanda forniranno personale e supporto logistico.
Le unità alleate saranno dislocate nelle città di Rovaniemi e Sodankylä, situate a circa 130 chilometri dalla regione di Murmansk e a 170 dalla Repubblica di Carelia.
Un gruppo di combattimento che, nonostante la relativa esiguità numerica, rappresenta una minaccia militare per la Federazione Russa.
Se volessimo fare un altro parallelismo inquietante con i momenti antecedenti la prima guerra mondiale, non potremo non citare l’allarmante corsa al riarmo che ci stagli dinnanzi a noi.
Tra il 1908 e il 1913 la spesa militare dei sei Grandi della Europa (Regno Unito, Francia, Germania, Austria-Ungheria, Russia, Italia) aumentò di circa il 50% in valori reali.
Ebbene, i vari Paesi Ue, con i bilanci che convergono verso il 3% del PIL in spese per la difesa, vedono un budget investito nella difesa con un aumento tra circa 30% e 50% per dal 2025 al 2030. 
Mark Rutte
Nel 2024, la spesa per il riarmo dei 27 Stati membri dell'UE ha raggiunto il record assoluto di 343 miliardi di euro, con un aumento del 19% rispetto al 2023. Per il 2025 si prevede un ulteriore incremento a 381 miliardi di euro, portando la spesa al 2,1% del PIL europeo. Il piano ReArm Europe, ribattezzato Readiness 2030, prevede investimenti per 650-800 miliardi di euro, con la sospensione temporanea del Patto di Stabilità e Crescita per consentire maggiore flessibilità fiscale.
"Nei paesi europei si parla ovunque di una guerra con la Russia nei prossimi cinque anni. Non deve esserci", ha scritto, aggiungendo che "la probabilità di un tragico incidente esiste sempre". "Perciò bisogna stare all'erta", ha commentato il vicepresidente del Consiglio di Sicurezza russo Dmitry Medvedev.
A mancare all’appello è dunque semplicemente nientemeno che un nuovo assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando.
Kellogg: “Trump ha permesso all’Ucraina di colpire in profondità”
Nel frattempo Washington, pur vantandosi del suo disimpegno dalle scomode faccende europee, non manca occasione di lanciare ulteriore benzina sul fuoco. In diretta su Fox News, l’inviato speciale del Presidente, Keith Kellogg, ha sostenuto che l’amministrazione ha consentito a Kiev di effettuare attacchi a lunga distanza in territorio russo, una posizione che, a suo dire, emerge con chiarezza dalle dichiarazioni del Presidente, del vicepresidente J.D. Vance e del segretario di Stato Marco Rubio. “Penso che, leggendo le sue dichiarazioni, così come quelle del vicepresidente Vance e del segretario di Stato Rubio, la risposta sia sì”, ha affermato Kellogg, incalzato dalla conduttrice che gli chiedeva se questa fosse effettivamente la linea del Presidente e se vi fosse stata un’approvazione esplicita.
Uno scenario che apre il vaso di pandora. Secondo The War zone il Pentagono sta già discutendo il trasferimento dei missili da crociera JASSM all'Ucraina. Si tratta di sistemi in grado di colpire bersagli a distanze comprese tra 370 e 1.000 km, a seconda della versione.
Ma c’è di peggio in ballo. Nel corso dello scambio, il rappresentante ha inoltre invitato Kiev a sfruttare appieno le capacità di penetrazione in profondità. “Usate la possibilità di colpire in profondità. Non ci sono territori inviolabili”, ha detto, collegando questa impostazione alla richiesta avanzata la scorsa settimana dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky al Presidente per la fornitura di missili da crociera “Tomahawk”, armi con una gittata idonea a colpire obiettivi strategici a grande distanza. “Ecco perché, secondo me, la scorsa settimana (e questo è stato confermato), il presidente Zelensky ha chiesto al presidente Trump di fornire missili ‘Tomahawk’, che offrono tale gittata”, ha argomentato Kellogg. 
Keith Kellogg
Alla domanda se gli Stati Uniti intendano concedere i Tomahawk all’Ucraina, ha risposto che la scelta non è stata ancora compiuta. “La decisione non è ancora stata presa, ma lui [Zelensky] ha chiesto… Spetterà al Presidente”, ha precisato, rimarcando che la questione resta sul tavolo della Casa Bianca in attesa di una determinazione politica finale.
Ovviamente, le parole di Kellogg hanno provocato una reazione immediata del Cremlino. Peskov, ha parlato di affermazioni “molto gravi”, elencando interrogativi che Mosca considera decisivi: “La domanda, come prima, è: ‘Chi può lanciare questi missili, anche se finiscono sul territorio del regime di Kiev?’ ‘Solo gli ucraini possono lanciarli, o dovrebbero farlo i militari americani?’ ‘Chi assegna i bersagli a questi missili?’ ‘Sono gli americani o gli stessi ucraini?’ E così via. Naturalmente, abbiamo sentito le accuse, e sono molto gravi. Le stiamo studiando”, ha affermato.
Peskov ha aggiunto che la Russia formulerà una risposta una volta valutate nel dettaglio le potenziali minacce e la catena di responsabilità operativa, ridimensionando tuttavia l’impatto strategico di eventuali nuove forniture. “Tuttavia, non esiste una panacea o una bacchetta magica che permetterà all’Ucraina di cambiare la situazione in prima linea”, ha detto, per poi chiosare: “Che si tratti di Tomahawk o di altri missili, non saranno in grado di cambiare la dinamica”.
Indiscrezioni di stampa riferiscono che Zelensky avrebbe chiesto i Tomahawk durante l’ultimo incontro con il Presidente; secondo alcune ricostruzioni, sarebbe stato l’unico punto del pacchetto ucraino a ricevere un “no” da Washington, pur a fronte di aperture su altri fronti. Altre fonti segnalano che il Presidente si è detto disponibile a riconsiderare le restrizioni all’impiego di sistemi a lungo raggio per attacchi in profondità sul territorio russo, senza però assumere impegni formali su una revisione delle regole d’ingaggio.
Il Tomahawk è un missile da crociera subsonico che rappresenterebbe un notevole potenziamento per l’arsenale ucraino: con una gittata operativa stimata tra 1.600 e 2.500 chilometri supera ampiamente i sistemi finora forniti, come gli ATACMS americani che raggiungono circa 300 km; può volare a bassa quota a circa 880 km/h (Mach 0,75) ed è concepito per trasportare anche testate nucleari, benché le configurazioni standard montino testate convenzionali da circa 400–450 kg. Il suo sistema di guida combinato — GPS, navigazione inerziale (INS), mappatura del terreno (TERCOM) e correlazione digitale delle scene (DSMAC) — gli consente di colpire con precisione nell’ordine dei 30 metri dal bersaglio; le versioni più avanzate, come il Block V, aggiungono un data link bidirezionale che permette di cambiare obiettivo in volo e di rimanere in attesa per ore prima dell’ingaggio, e ogni esemplare ha un costo unitario di circa 2,4 milioni di dollari. Il possesso di Tomahawk consentirebbe attacchi su obiettivi strategici in profondità nel territorio russo, inclusi centri come Mosca e San Pietroburgo, una capacità che potrebbe a sua volta spingere il Cremlino a rispondere con rappresaglie estremamente gravi.
Una cosa è chiara: Trump non è un pacificatore, ma piuttosto un sostenitore di una "escalation strisciante" contro la Russia.
Foto © Imagoeconomica
ARTICOLI CORRELATI
Il misterioso caso dei droni fantasma in Europa e negli Usa. ''Sono scomparsi da soli''
Mosca su possibile false-flag ucraina con droni armati: ''Sarà guerra mondiale''
Ucraina: numeri di una sconfitta annunciata, ma l'Europa si sposta in prima linea
