Il leader del Cremlino: eliminare le cause profonde della guerra
Era da oltre tre anni che Parigi e Mosca non avevano uno scambio diplomatico diretto. Inaspettatamente, nella giornata di oggi, si è tenuta una telefonata durata oltre 2 ore tra il presidente francese Emmanuel Macron e il suo omologo Vladimir Putin.
Una telefonata durata oltre due ore, che l’ufficio stampa del Cremlino ha definito “sostanziale” e ha riguardato in modo particolare la questione iraniana. Macron ha sottolineato al presidente russo Vladimir Putin la “responsabilità speciale” che Francia e Russia condividono, in quanto membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nella gestione delle crisi internazionali, in particolare quelle legate alla questione nucleare.
Secondo Ria Novosti, la formulazione diplomatica utilizzata dal capo dell’Eliseo rivela l’intento francese di riattivare il framework del P5+1, lo stesso che nel 2015 aveva portato alla firma dello storico accordo sul nucleare iraniano (JCPOA). Parigi appare intenzionata a riportare Mosca a un tavolo multilaterale per affrontare le sfide nucleari con uno spirito di cooperazione e responsabilità condivisa.
Come riferito da fonti ufficiali, Macron e Putin hanno concordato sulla necessità di trovare una soluzione esclusivamente attraverso mezzi politici e diplomatici. I due leader hanno inoltre convenuto di mantenere aperti i canali di comunicazione al fine di un possibile coordinamento delle rispettive posizioni in ambito internazionale.
In poche parole, la Francia cerca un aiuto per frenare la nuova dottrina intransigente dell’Iran. Funzionari di intelligence Usa, hanno riferito che i bombardamenti statunitensi ai siti nucleari non hanno scalfito i siti nucleari posti in profondità. Inoltre l’attacco a tradimento di Israele del 13 giugno – a negoziati ancora in corso – ha definitivamente chiuso il Paese ad ogni dialogo possibile con un Occidente ormai ritenuto bugiardo, folle e inaffidabile.
Il vicepresidente Mohammad Reza Aref ha dichiarato il 25 giugno che l'Iran "non negozierà mai il diritto ad arricchire l'uranio sul proprio territorio". Nello stesso giorno, il parlamento iraniano ha approvato con 221 voti favorevoli e nessun contrario una legge per sospendere la cooperazione con l'AIEA. Il giorno seguente, il Consiglio dei Guardiani ha ratificato la misura, rendendo operativo il blocco delle ispezioni.
La soluzione militare è stata un completo fallimento e l’Eliseo si sente ora vulnerabile. Già il 14 giugno, Teheran aveva infatti minacciato direttamente Londra e Parigi, avvertendo che avrebbe attaccato le basi operanti in Medio Oriente, incluse quelle nel Golfo Persico se avessero interferito con la risposta agli attacchi israeliani. 
Vladimir Putin © Imagoeconomica
La tregua senza condizioni e l’Europa in pieno delirio nucleare
Oltre a discutere delle tensioni con l’Iran e dei recenti attacchi condotti dagli Stati Uniti nella regione, Emmanuel Macron e Vladimir Putin si sono soffermati anche sulla crisi in Ucraina. Il presidente francese ha ribadito il pieno sostegno di Parigi a Kiev e alla sua integrità territoriale, chiedendo un cessate il fuoco quanto prima e l’avvio di negoziati che possano portare a una pace stabile e duratura.
Il solito mantra della tregua con condizioni che Mosca mai accetterà, senza garanzie per la fine del supporto militare a Kiev.
A seguito del colloquio con Putin, Macron ha avuto anche una conversazione con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, a testimonianza dell’impegno francese nel mantenere aperto il dialogo con entrambe le parti.
Da parte sua, il leader del Cremlino ha attribuito le responsabilità del conflitto ucraino alle politiche adottate dai Paesi occidentali, sostenendo che la guerra sia una diretta conseguenza delle loro azioni. Putin ha inoltre precisato che qualsiasi ipotesi di risoluzione dovrà affrontare le cause profonde del conflitto e tener conto della situazione reale sul terreno.
"Gli stati occidentali <…> hanno ignorato per molti anni gli interessi di sicurezza della Russia, hanno creato un punto d'appoggio anti-russo in Ucraina, hanno tollerato le violazioni dei diritti dei residenti di lingua russa e ora stanno perseguendo una politica di prolungamento delle operazioni militari, mentre riforniscono il regime di Kiev di varie armi moderne", ha ribadito Putin. 
Una circostanza ammessa anche dal Segretario Generale della NATO, Jens Stoltenberg, durante un intervento alla Commissione Affari Esteri dell’UE. “Il presidente Putin ha affermato nell’autunno del 2021... È andato in guerra per impedire che la NATO si avvicinasse ai suoi confini”, dichiarò in quell’occasione, confermando che il leader del Cremlino, nel 2021, propose un trattato in cui chiedeva la fine dell’allargamento della NATO;
Il rifiuto della NATO di accettare queste condizioni fu, secondo Stoltenberg, una delle cause dirette dell’invasione russa dell’Ucraina.
Intanto la pazzia continua a dilagare nell’Europa del riarmo, ormai concepito come unico investimento per il futuro.
Il 24 giugno 2025, l’Estonia ha annunciato la disponibilità a ospitare aerei alleati con capacità nucleari, inclusi i nuovi F-35A britannici, rafforzando la postura NATO sul fianco orientale. Contestualmente, il Regno Unito ha deciso di acquistare 12 F-35A dagli USA, dotati di capacità di trasporto di bombe nucleari B61. Per la prima volta dalla Guerra Fredda, la RAF tornerà ad avere una capacità nucleare aerea. Gli F-35A saranno integrati nella missione nucleare NATO con doppio controllo USA-UK. Londra descrive l’iniziativa come il maggiore rafforzamento nucleare britannico in una generazione. 
La situazione militare nell’Est dell’Ucraina si aggrava
L’offensiva russa nella direzione di Sumy non è più un’azione secondaria. Secondo Military Watch Magazine, la penetrazione confermata fino a 14 km in profondità accompagnata dalla concentrazione di circa 50.000 soldati russi segna una svolta qualitativa nel conflitto: non si tratta più di avanzate episodiche, ma di un progressivo collasso della stabilità operativa di Kiev sul fronte nord-orientale.
Le forze ucraine, esauste dopo mesi di logoramento e prive di riserve strutturate, sono costrette a schierare unità d'élite già provate, come la 158ª brigata, più per tamponare falle che per manovre tattiche. In parallelo, la logistica è in crisi: l’equipaggiamento è usurato, le linee di rifornimento sovraccariche, e le scorte strategiche ridotte al minimo.
Ma il cambiamento più significativo avviene nelle retrovie ucraine, dove la Russia sembra aver adottato una nuova dottrina offensiva: colpire sistematicamente le raffinerie e la rete logistica del carburante. Negli ultimi giorni Mosca ha lanciato massicci attacchi coordinati contro gli impianti di Kremenchug, Drohobych e Odessa, impiegando oltre 100 droni Geran-2, missili Kinzhal, Iskander e Kh-101. Gli attacchi hanno messo fuori uso almeno quattro delle sei raffinerie ucraine operative prima della guerra. Restano in funzione solo Odessa, parzialmente, e Nadvirna – obiettivo probabile di prossimi raid.
La strategia di Mosca punta a privare Kiev della mobilità, senza la quale è impossibile spostare truppe, rifornimenti o gestire la rete di droni e generatori. Sebbene l’Ucraina possa importare carburante dall’Europa, ciò impone costi logistici insostenibili: convogli ferroviari esposti, tempi più lunghi, e un aumento vertiginoso del prezzo del carburante.
Foto di copertina © Imagoeconomica
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