Per la prima volta, senza alcun preavviso, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si è presentato ad un summit internazionale con un inusuale completo elegante, rompendo con l’iconica divisa verde militare a cui siamo stati abituati negli ultimi anni.
Un cambio di outfit che avviene, paradossalmente, proprio mentre il leader ucraino, un tempo star, è ormai degradato a comparsa “dietro le quinte” dell’ultimo vertice NATO all’Aia.
“Non è stato un successo per Zelensky, che era "solo un osservatore terzo", scrive la Bild, precisando che, durante il vertice, non c'è stata alcuna sessione di lavoro separata dedicata alla guerra in Ucraina. “Nessun invito alle sessioni di lavoro, nessun nuovo pacchetto di aiuti da miliardi di dollari, nessuna dichiarazione sulle prospettive dell’Ucraina di aderire alla NATO”, continua la pubblicazione.
La dichiarazione finale del vertice ha lasciato l’Ucraina in una posizione ambigua: si è limitata a una generica espressione di sostegno da parte degli alleati, affermando che “gli alleati confermano i loro impegni nazionali a lungo termine per sostenere l’Ucraina”, senza menzionare esplicitamente alcun passo concreto verso l’adesione alla NATO o un impegno rafforzato sul piano militare.
"Nonostante la sua apparente mancanza di entusiasmo durante l'incontro con Zelensky più tardi mercoledì, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato, durante un incontro a porte chiuse con i leader della NATO, che bisognava fare qualcosa riguardo all'Ucraina perché la situazione lì era 'completamente fuori controllo", ha riferito una fonte alla pubblicazione.
Il leader ucraino, pedina indiscussa di una guerra per procura ormai persa, è all’epilogo del suo mandato, esteso a tempo indeterminato dalla legge marziale.
Secondo il quotidiano Defense One, che cita alcuni funzionari della NATO, la Russia continuerà a compiere lenti progressi in Ucraina quest'estate.
"Il punto è che la situazione sul campo di battaglia continua a essere difficile. L'Ucraina continua a mostrare grande spirito innovativo... ma ci aspetta un'estate stressante e difficile", ha dichiarato martedì ai giornalisti uno di loro, specificando che Mosca continua a compiere "avanzate costanti" a Sumy, un'oblast' nel nord-est dell'Ucraina, e sembra stia creando una zona cuscinetto attorno all'incursione ucraina di Kursk.
La pubblicazione specifica inoltre che la capacità della Russia di produrre armi rimane elevata, essendo in grado di rendere operativi 130 carri armati nuovi e ricondizionati al mese e circa 3 milioni di proiettili di artiglieria all'anno. Di contro, l'esercito americano punta a raggiungere 1 milione di proiettili all'anno nel 2026.
Ora, persino il cancelliere tedesco Friedrich Merz, durante una conferenza stampa dopo il vertice è arrivato ad ammettere che “il conflitto ucraino non può essere risolto con mezzi militari e, poiché l'Unione Europea ha quasi esaurito tutte le possibilità di esercitare pressioni sulla Russia, dovrebbero farlo gli Stati Uniti”. 
Ma Trump non sembra molto incline a mostrarsi accondiscendente con questa proposta. Nell’occasione del vertice ha saputo tuttavia mostrare la sintomatica doppiezza sibillina che ha caratterizzato la sua politica nelle ultime settimane.
Per la prima volta, il miliardario newyorchese ha ammesso che Putin ha ambizioni territoriali "oltre l'Ucraina". "Sì, è possibile", ha risposto il presidente a una domanda sull'argomento. Allo stesso tempo, afferma che Putin "vorrebbe uscire" dalla guerra in Ucraina, poiché rappresenta "un grosso problema per lui".
In aggiunta, il giorno prima ha messo in discussione il granitico mantra della difesa collettiva stabilito dall’articolo 5 della Nato. “Dipende dalla definizione che si usa", ha dichiarato, gettando sgomento tra i leader europei.
Un mix perfetto per alimentare il più grande affare atto a mitigare il colossale deficit di bilancio degli Stati Uniti. Trump, da grande businessmen, sta vendendo agli europei lo spauracchio dell’imminente invasione russa, per garantire contratti decennali all’industria bellica americana.
"La crisi ucraina ha evidenziato l'urgente necessità di modernizzare la nostra base industriale di difesa, sia negli Stati Uniti che tra i nostri alleati. Non possiamo permetterci di dipendere da avversari stranieri per forniture essenziali", ha affermato il tycoon in una conferenza stampa all'Aia, ricordando l'accordo sulle risorse concluso tra Washington e Kiev, di cui, secondo il leader americano, gli Stati Uniti hanno bisogno.
Accordo storico sulle spese per la difesa al 5% del pil
Il risultato principale del vertice di oggi, in questo senso ha una portata storica. Con l'adozione del "The Hague Defence Investment Plan", i 32 paesi membri della NATO si impegneranno a portare la spesa militare al 5% del PIL entro il 2035. Un incremento di oltre il doppio rispetto all'attuale obiettivo del 2%, costituendo quello che il Segretario Generale Mark Rutte ha definito "un balzo quantico nella nostra difesa collettiva". L'accordo prevede una strutturazione specifica degli investimenti: il 3,5% del PIL sarà destinato alle spese militari tradizionali (armamenti, truppe, equipaggiamenti), mentre l'1,5% aggiuntivo andrà a investimenti correlati alla sicurezza, incluse infrastrutture critiche, cybersicurezza, mobilità militare e rafforzamento della base industriale della difesa.
Donald Trump ha rivendicato con orgoglio il successo dell'accordo, definendolo "una vittoria monumentale per gli USA" e dichiarando: "Non so se è merito mio ma penso che sia merito mio". Il presidente americano ha sottolineato come questo accordo rappresenti "qualcosa che nessun altro presidente americano è riuscito a fare in decenni". 
Vittoria dell’industria bellica statunitense
Ebbene, il riarmo europeo tanto celebrato, ha davvero molto poco di europeo.
Basti pensare che paesi NATO europei hanno già più che raddoppiato le loro importazioni di armi tra il 2015-2019 e il 2020-2024, con gli USA che forniscono il 64% di queste importazioni nel periodo più recente, rispetto al 52% del periodo precedente. I dati SIPRI 2025 rivelano che gli Stati Uniti hanno consolidato la loro posizione dominante nel mercato europeo degli armamenti. Le esportazioni di armi americane verso l'Europa sono triplicate nel periodo 2020-2024, aumentando del 233% rispetto al quinquennio precedente.
Due esempi in questo senso sono inequivocabili. La statunitense Lockheed Martin, con il programma F-35, ha conquistato 12 paesi europei. I recenti contratti includono la Grecia (20 velivoli per 3,47 miliardi di euro), la Germania (35 velivoli), e la Norvegia (completamento della flotta). Badate bene, questi caccia sono largamente sotto controllo degli Stati Uniti per quanto riguarda il software, la manutenzione, gli aggiornamenti e la logistica operativa, fondamentali per il funzionamento avanzato del velivolo.
Washington con questi caccia – acquistati dal nostro Paese in 115 unità per un valore complessivo di 13 miliardi di euro – ha la capacità di limitare o inibire alcune funzioni critiche, come la navigazione satellitare, la connettività con i sistemi di supporto a terra e la manutenzione avanzata.
Per quanto riguarda la Raytheon, Berlino ha ordinato sistemi Patriot per 2,4 miliardi di dollari in due contratti separati nel 2024, mentre la Romania ha ricevuto un contratto da 946 milioni di dollari per sistemi aggiuntivi.
Se le aziende americane mantengono l'attuale quota di mercato del 64%, l'incremento della spesa europea genererebbe un beneficio aggiuntivo di 326,4 miliardi di euro annui per l'industria bellica USA. Un aumento del 124,7% rispetto al fatturato combinato attuale delle cinque maggiori aziende americane del settore.
Queste sono le premesse del libero esercito europeo sul quale investiremo tutto il nostro futuro per una guerra che, probabilmente, ci creeremo con le nostre mani, dopo aver compromesso irrimediabilmente il principio della sicurezza indivisibile, stabilito dal diritto internazionale.
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