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L’incontro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky in Vaticano, in occasione dei funerali di Papa Francesco, ha aperto un nuovo turbolento capitolo sul fronte dei negoziati di pace, il cui esito è tutt’altro che scontato.
Durante il faccia a faccia individuale di 15 minuti sul pavimento di marmo della Basilica di San Pietro, a pochi metri dalla bara di Francesco, sembra si sia aperto uno spiraglio d’intesa tra la proposta statunitense, veicolata dall’inviato speciale Steve Witkoff e le rigide rivendicazioni di Kiev.
Una fonte vicina al diplomatico, parlando al Times, ha riferito che il presidente degli Stati Uniti ritiene che il leader ucraino "non abbia davvero altra scelta" se non quella di aderire alla proposta americana. Trump ha minacciato di ritirarsi dal processo di pace questa settimana se non si raggiungerà un accordo. "Il punto di vista di Trump è che questo territorio è stato confiscato e non tornerà indietro… L'accordo sul tavolo è che il territorio occupato dalla Russia rimarrà occupato. La Russia non lo ritirerà. Questa parte è scolpita nella pietra", ha dichiarato la fonte.
Una proposta finora considerata inammissibile per la parte Ucraina, ma a Roma sembra esserci stata un’apertura inaspettata. A margine dell’incontro, Trump ha annunciato di ritenere che Zelensky sia pronto a rinunciare alla Crimea. "Vedremo cosa succederà nei prossimi giorni".
"Credo che lui [Zelensky] abbia capito la situazione – ha aggiunto il presidente USA – E penso che voglia raggiungere un accordo. Non sono certo che lo voglia davvero, ma credo di sì".
Secondo il tycoon, il leader ucraino si trova in una posizione difficile, impegnato in una guerra contro "un esercito molto più grande". Ha inoltre sottolineato come l'Ucraina sia stata sostenuta da "350 miliardi di dollari di aiuti" forniti dagli Stati Uniti.
Quanto ai tempi di un possibile sviluppo nei negoziati, Trump ha precisato: "Vi farò sapere tra due settimane. Due settimane o meno. Beh, forse un po' di più".
Allo stesso tempo, il miliardario newyorchese ha aspramente criticato Vladimir Putin, sostenendo che non c’era motivo per cui “dovesse lanciare missili contro aree civili, città e paesi, negli ultimi giorni", ha scritto Trump. "Mi fa pensare che forse non vuole fermare la guerra, mi sta solo prendendo in giro, e che debba essere trattato diversamente, con 'Banking' o 'Secondary Sanctions'? Troppe persone stanno morendo!!!", ha aggiunto.
In precedenza il rifiuto di Zelensky di riconoscere la Crimea come russa, aveva scatenato l’annullamento del vertice di Londra, con Trump che minacciava il ritiro degli Stati Uniti dai negoziati, insistendo, appunto, sul piano – tuttora sul tavolo –che congela i territori occupati sotto il controllo di Mosca e impone all'Ucraina la rinuncia all'ingresso nella NATO. 
Un documento inizialmente respinto da Kiev, incalzata dall’appoggio dell'Unione Europea, che propone invece una pace basata su un cessate il fuoco senza riconoscimenti territoriali e su garanzie di sicurezza simili all'articolo 5 della NATO. Una proposta irricevibile per Mosca che oggi, tramite il Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, ha esposto le sue condizioni.
Tocca a Zelensky revocare il divieto legislativo sui negoziati con la Federazione Russa per riprenderli”, ha affermato in un'intervista al quotidiano brasiliano O Globo, rispedendo l’onere dell’ultima parola all’omologo ucraino.
"È stata Kiev a ritirarsi dal processo negoziale nell'aprile 2022. E lo ha fatto su richiesta dei suoi curatori occidentali. Poi, nel settembre dello stesso anno, Zelensky ha imposto un divieto legislativo ai negoziati con la Russia. È ancora in vigore. Per riprenderli, dovrà essere annullato", ha poi aggiunto il ministro degli Esteri russo, rievocando i falliti accordi di Istanbul dell’aprile 2022 che avrebbero potuto fermare la guerra in pochi giorni. L’Ucraina era pronta ad accettare la neutralità permanente, a rinunciare alla NATO e ad ospitare basi straniere, in cambio di garanzie di sicurezza internazionali. Tuttavia, al ritorno dalla capitale turca, l'intervento del premier britannico Boris Johnson spinse Zelensky a ritirarsi dai negoziati e a proseguire il conflitto, come confermato dal capo negoziatore ucraino David Arakhamia e dall’ex premier israeliano Naftali Bennet.
"L'imperativo è il riconoscimento internazionale della proprietà russa della Crimea, di Sebastopoli, delle repubbliche di Donetsk e Lugansk, nonché delle regioni di Cherson e Zaporizhia", ha proseguito Lavrov. "Tutti gli obblighi di Kiev devono essere sanciti dalla legge, prevedere meccanismi di garanzia e avere una durata indeterminata", ha aggiunto.


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Tra le condizioni poste da Mosca, vi è l'impegno dell'Ucraina a non aderire alla NATO e a ottenere lo status di paese non allineato. Si richiede inoltre una completa demilitarizzazione e denazificazione del Paese, insieme all'abolizione del divieto legislativo sui negoziati con la Federazione Russa. La Russia esige anche la revoca delle sanzioni internazionali, l'annullamento delle cause legali e dei mandati di arresto emessi contro i suoi cittadini, e la restituzione dei beni congelati all'estero. Altro punto centrale è il mantenimento del controllo russo sulla centrale nucleare di Zaporizhia, che Mosca non intende trasferire né agli Stati Uniti né all'Ucraina. Infine, si chiede l'abrogazione delle leggi ucraine che limitano l'uso della lingua, della cultura, della chiesa e dei media russi.


Macron: escalation sulla Russia per imporre cessate il fuoco

C’è attesa dunque per una dichiarazione ufficiale di Zelensky, mentre un’Europa, apparentemente super-partes, in realtà continua a soffiare sul fuoco della guerra permanente.
"Nei prossimi otto-dieci giorni, aumenteremo la pressione sulla Russia", ha dichiarato oggi Emmanuel Macron in un'intervista pubblicata dalla rivista Paris Match, ritenendo di aver "convinto gli americani della possibilità di un'escalation delle minacce e potenzialmente delle sanzioni" contro Mosca.
"Le prossime due settimane saranno fondamentali per cercare di attuare questo cessate il fuoco" voluto dagli Stati Uniti, accettato dall'Ucraina e difeso dagli europei, ma che la Russia non ha ancora sottoscritto", ha insistito il presidente francese, spiegando al settimanale di aver parlato con il presidente americano "nella notte tra mercoledì e giovedì per incoraggiarlo ad adottare una linea più ferma" con il leader del Cremlino. Ha anche assicurato che "non era previsto" che "avrebbe visto il presidente Trump" nella Basilica di San Pietro a Roma, ma che alla fine hanno "parlato per qualche minuto". "Gli ho ripetuto più volte: 'Dobbiamo essere molto più duri con i russi'", ha dichiarato, sostenendo che, grazie all’incontro in Vaticano, sarebbero riusciti a “fare pressione sulla Russia”.


Putin annuncia cessate il fuoco di tre giorni

Nel frattempo il leader russo tenta una nuova mossa che possa lasciare a Zelensky l’ultima parola sulla necessità di compiere passi sostanziali per un’interruzione dei combattimenti. Putin ha proposto un cessate il fuoco di tre giorni in occasione dell'80esimo anniversario della vittoria nella Grande Guerra Patriottica. Come annunciato dal Cremlino sui suoi canali Telegram, la tregua dovrebbe iniziare a mezzanotte tra il 7 e l’8 maggio e durare fino alla mezzanotte tra il 10 e l’11 maggio. "Per decisione del comandante in capo delle forze armate, Vladimir Putin, la parte russa dichiara un cessate il fuoco per motivi umanitari", si legge in un comunicato ufficiale. Mosca auspica che anche Kiev aderisca alla tregua, pur avvertendo che eventuali violazioni saranno "adeguatamente e efficacemente respinte".


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Ma l’Ucraina rilancia, con il ministro degli Esteri, Andriï Sybiga, che ha proposto una tregua di almeno un mese. "L’Ucraina è pronta a sostenere un cessate il fuoco duraturo e completo, ed è quello che proponiamo costantemente, per almeno 30 giorni", ha ribadito Sybiga, sostenendo che se la Russia desidera davvero la pace, dovrebbe cessare immediatamente le ostilità, senza attendere l’8 maggio.
Dagli Stati Uniti, la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha commentato che il presidente Trump auspica una tregua permanente tra Russia e Ucraina, manifestando una crescente frustrazione nei confronti sia di Putin che di Zelensky, che, a suo avviso, dovrebbero sedersi quanto prima a un tavolo negoziale.


Bild: l’Ucraina prepara il “piano B” nel caso in cui l’accordo fallisca

Intanto il Paese ha già preventivato l’opzione della guerra totale. Come riportato dal Bild, l’Ucraina sta preparando un "piano B", che potrebbe includere la rinuncia ai territori occupati, qualora il piano di pace fallisse. Secondo quanto riferito dalla testata Bild, dopo l’incontro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky in Vaticano, la Casa Bianca sta spingendo Kiev ad accettare un accordo che prevede la cessione di circa un quinto del proprio territorio. Finora, però, il governo ucraino ha respinto tali pressioni, rifiutando nuove forniture statunitensi da quattro mesi e contando solo sulle armi già promesse.


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Kiev punta a rafforzare la propria capacità difensiva autonoma. La produzione di droni kamikaze è aumentata rapidamente, passando da 600.000 unità nel 2023 a 1,5 milioni, con l'obiettivo di arrivare a tre milioni entro il 2025. L'efficacia dei droni è ormai evidente: oggi sono responsabili di circa il 75% delle perdite russe, rispetto a un terzo di due anni fa. Anche la produzione di artiglieria pesante è cresciuta: ogni mese vengono prodotti venti obici semoventi Bogdan, con parte delle munizioni da 155 mm assemblate sul territorio nazionale. Tuttavia, la dipendenza da rifornimenti provenienti da Germania e Francia rimane significativa.
Il vero nodo resta la disponibilità di personale: con centinaia di migliaia di soldati già mobilitati, il Ministero della Difesa ucraino ha raddoppiato gli stipendi per i nuovi volontari tra i 18 e i 24 anni per incentivare il reclutamento e sostenere l’esercito nel lungo periodo. Che sia guerra dunque fino all’ultimo ucraino?

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